Si celebra domenica 3 novembre – con la processione alle 10 a partire da Santo Stefano Maggiore e la Messa nel Duomo di Milano alle 15 – la festa del Señor de los Milagros, una devozione popolare peruviana che negli ultimi anni si è radicata anche nella nostra diocesi. Ne parliamo con don Alberto Vitali, responsabile della Pastorale dei migranti.
Come nasce in Perù questa festa popolarissima?
È nata nel XVI secolo come conseguenza di tre terremoti che hanno devastato la città di Lima, lasciando però sempre intatto un dipinto del crocifisso sul muro di una povera stanza, dove si radunavano in preghiera alcuni ex schiavi di origine angolana. Il fatto è stato riconosciuto come un miracolo da parte della popolazione e nei secoli questa devozione è cresciuta. Quella povera stanza è stata trasformata prima in una cappella e oggi in una basilica, con annesso il monastero delle monache nazarene, e l’immagine è stata riprodotta su una tavola di legno che viene portata in processione. In Perù vengono fatte tre processioni ufficiali nel mese di ottobre, in concomitanza con le date dei terremoti, ma non c’è paese o città che non faccia anche una sua propria processione. La principale si svolge a Lima e in quell’occasione la capitale si blocca letteralmente: si calcola che i partecipanti siano all’incirca 40 milioni.
La devozione è molto radicata anche fra i migranti della diocesi…
Sì, tanto che già nel 1996 l’allora cappellano dei migranti, don Giancarlo Quadri, iniziò a organizzare una piccola processione con una immagine nel cortile dell’allora sede della Pastorale di migranti, in via Copernico a Milano. Da questa semplice iniziativa si è arrivati poco alla volta a una processione che mediamente conta 5.000 persone. La devozione qui è legata a una confraternita, la Hermandad (Fraternità) del Señor de los Milagros, che è una delle confraternite riconosciute dalla diocesi di Milano. I nuovi responsabili della Fraternità, eletti l’anno scorso, hanno molto insistito sull’importanza della formazione: tutti i membri dell’Hermandad parteciperanno quest’anno a incontri di lettura biblica che si terranno al sabato sera sulle letture della domenica. La settimana scorsa in Vaticano è stata fatta la riunione dei “maggiordomi”, cioè i presidenti della Fraternità, a livello nazionale, ed è emerso come quella di Milano sia l’unica che abbia un riconoscimento diocesano. Questo per dire come non è cresciuta solamente la devozione, ma anche l’interazione con la Chiesa locale
Cosa dice ai fedeli della diocesi ambrosiana questa realtà?
Si tratta di una devozione radicata nella persona di Gesù, figlio del Dio incarnato, e incarnato significa anche che è entrato dentro la storia, la sofferenza, le speranze concrete di un popolo e, attraverso l’annuncio, di tutti i popoli. È un circolo virtuoso in cui la fede crea una cultura, ma la cultura esprime anche un modo proprio di vivere la fede. La fede è la stessa, solo che si manifesta in culture diverse, e quindi anche in spiritualità diverse, che non sono alternative: si integrano e si arricchiscono vicenda.