Durante la Messa crismale concelebrata con il clero diocesano questa mattina in Duomo (leggi qui), l’Arcivescovo ha comunicato di aver approvato una proposta di riconfigurazione della vita comunitaria del Seminario diocesano (leggi qui la comunicazione dell’Arcivescovo). La proposta è contenuta in un documento (leggi qui) predisposto dai Formatori del Seminario, discusso con il Consiglio Episcopale Milanese e approvato in via sperimentale per un triennio.
All’origine di questa riconfigurazione vi sono sia questioni numeriche, sia altre considerazioni emerse, in questi anni, dalla verifica del cammino formativo proposto e più ampiamente dal cammino ecclesiale in atto. Ne parliamo con il Rettore del Seminario, don Enrico Castagna
Con l’anno seminaristico 2023-24 prenderà avvio una riconfigurazione della vita comunitaria del nostro Seminario diocesano. Come si è giunti a questa scelta?
La prima motivazione che ci ha spinto a riconfigurare il percorso seminaristico è la conferma, per il terzo anno consecutivo, di una quantità di ingressi ridotta rispetto al passato. Il numero più limitato di seminaristi ci ha posto di fronte a questioni educative (in una piccola comunità, inserita in una struttura ampia, si alimenta un senso di sproporzione e altre dinamiche non generative) e a questioni economico-etiche (è ormai possibile che la vita seminaristica, coi numeri che si profilano, si possa svolgere, per lo più, in un lotto del Seminario). Alla motivazione prima e cogente, se ne aggiungono altre: esperienze vissute in questi anni (anche durante la pandemia), perplessità varie di fronte ad alcuni passaggi del percorso, pareri emersi in diversificati incontri con preti e laici, ci hanno convinto della necessità di un ripensamento più ampio. Peraltro ci pare che, in questo modo, sia possibile rendere evangelicamente propizia (e non solo vivere come “ritirata”) la situazione che provvidenzialmente ci è posta innanzi.
Questa riconfigurazione prevede l’avvicinamento delle due comunità del Seminario (Biennio e Quadriennio teologico)…
Con l’anno 2023-24 la vita di tutti i seminaristi sarà concentrata nel lotto dell’attuale Biennio, avendo cura di individuare spazi e tempi condivisi e altri propri di ciascuna tappa. Saranno condivisi i pasti e i momenti ricreativi, mentre la liturgia sarà in comune soltanto al mattino. Le attività pomeridiane e serali resteranno differenziate, a seconda delle proposte proprie di ciascuna tappa. Intravediamo in tutto ciò aspetti formativi promettenti, favoriti dal maggior numero di presenze. Siamo anche consapevoli del fatto che la permanenza nello stesso luogo, con medesime dinamiche di vita comunitaria, potrebbe esporre a un appiattimento degli itinerari. Su tutto ciò bisognerà vigilare. Il permanere nell’immediato di un buon numero di formatori (che poi necessariamente si assottiglierà) potrà garantire l’attenzione necessaria alle singole tappe del percorso.
La proposta prevede che il «primo anno della Tappa Configuratrice (III Teologia) sarà vissuta con tempi di inserimento più significativi entro realtà ecclesiali locali». Che cosa significa concretamente?
In concreto si propone che, nell’anno di III Teologia, i seminaristi vivano in parrocchie a piccoli gruppi (3 o 4 persone), frequentando quotidianamente il Seminario per le lezioni e i momenti formativi. Per ciò che concerne i dettagli di questo anno invito a leggere il documento. Vorrei solo precisare che questa proposta non rinnega la bontà dei percorsi formativi nella forma attuale, né intende anticipare esperienze pastorali proprie della tappa diaconale. Piuttosto, ci siamo chiesti come meglio perseguire nelle attuali circostanze l’obiettivo primo del Seminario, ossia imparare a discernere e a rimanere in un’attitudine di docilità anche nel passaggio tra la Tappa Discepolare (Biennio) e la Tappa Configuratrice (Quadriennio). Ci pare che un anno diverso e così organizzato possa disattivare dinamiche di appiattimento e ripiegamento, possa dilatare l’esperienza formativa (vita in piccoli gruppi con persone non scelte, sguardo critico sulla attuale condizione sociale ed ecclesiale…) e potenziare la maturazione nella docibilitas. Oltre a ciò, potrà essere favorito un confronto più serrato e una reciprocità con altre forme di vocazione che potranno interagire con i seminaristi.
Fra le attenzioni e indicazioni che conseguono a queste scelte, il documento evidenzia il rimando della “vestizione” all’Ordinazione diaconale. Per quali motivi?
Il fatto di pregare in una sola cappella ha indotto a ripensare la nostra consuetudine di far coincidere Ammissione tra i Candidati al Diaconato e Presbiterato con la “vestizione” clericale. In realtà, altri motivi concorrono a questa scelta: la disciplina della Chiesa universale e della Conferenza episcopale italiana, le quali prevedono che i destinatari dell’obbligo di vestire l’abito ecclesiastico siano i Chierici, a partire dunque dal Diaconato; il suggerimento del Dicastero per il Clero che, in seguito alla Visita Apostolica, sottoponeva questa questione «al prudente discernimento del Vescovo e dei suoi collaboratori»; e infine, gli ultimi orientamenti magisteriali, che prevedono di valorizzare meglio la radice battesimale dei Ministeri istituiti (Lettorato, Accolitato…).
Il documento annunciato dall’Arcivescovo non vuole essere «un progetto già concluso, ma un processo sperimentale il più possibile ragionevole». In che senso?
La proposta è frutto del confronto tra i Formatori del Seminario. Inoltre essa è stata presentata e discussa sia con la Comunità Educante del Seminario, sia con il Consiglio Episcopale Milanese, e ha ottenuto l’approvazione dell’Arcivescovo. Il documento elaborato dà avvio a una sperimentazione triennale, poiché siamo consapevoli che questa riconfigurazione contiene aspetti che abbisognano di verifiche e correzioni, alla luce di quanto emergerà nei prossimi anni. Oltretutto, sono ancora in fase di elaborazione gli Orientamenti e Norme con cui la Conferenza episcopale italiana recepirà la Ratio fundamentalis istitutionis sacerdotalis del 2016.