Il carisma della vita consacrata, ci ricorda papa Francesco, non è un «pezzo da museo» o cosa da «sigillare in bottiglia», ma un dono che va sempre riscoperto e rischiato nel presente. Per questo la vita consacrata, radicata nella sequela di Cristo, deve sempre interloquire con i grandi cambiamenti culturali e sociali.
È inevitabile porsi a questo proposito la domanda: come vivere i consigli evangelici in un’epoca come la nostra, segnata profondamente dai processi di secolarizzazione e dalla cosiddetta postmodernità; come vivrebbero oggi la loro consacrazione San Francesco d’Assisi, Santa Teresa d’Avila o Sant’Ignazio di Loyola? In realtà, quando la vita consacrata si interroga sull’obbedienza, sulla povertà e sulla castità, riflette su qualche cosa che riguarda ogni battezzato, poiché ciascuno nel suo stato di vita è chiamato a seguire Gesù.
Per questo nell’ultimo incontro del corso sull’inserimento della Vita consacrata nella Chiesa particolare, che si svolgerà sabato 18 maggio alle 9.30 in via sant’Antonio 5 a Milano, ci interrogheremo su cosa voglia dire vivere i consigli evangelici oggi. Si può immediatamente rilevare come questi contrastino fortemente con alcuni imperativi della cultura contemporanea: quale può essere il significato dell’obbedienza nella cultura della libertà assoluta che desidera emanciparsi da ogni legame? Quale povertà evangelica nel tempo della manipolazione genetica, dello sfruttamento ambientale e dell’uomo come “esperimento di se stesso”? Quale il senso di un amore casto nel tempo in cui l’unico dovere sembra essere quello del godere a tutti i costi?
In realtà, se ascoltiamo attentamente il cuore dell’uomo e della donna di oggi, ci accorgiamo delle profonde ferite che segnano l’umanità: la libertà appare spesso delusa e incline a cedere a dipendenze occulte; le nuove possibilità tecnoscientifiche, per quanto grandi e affascinanti, fanno sorgere ancora la domanda di Gesù: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9,25); per non parlare degli amori feriti, dei corpi umiliati e di un godimento che spesso ha più il sapore della disperazione che della gioia.
Ecco dunque le domande che si pongono alla vita consacrata: come mostrare la libertà dei figli di Dio vivendo oggi l’obbedienza della fede; come tornare a custodire il dono della creazione, la nostra casa comune, e come promuovere un’autentica solidarietà con i bisognosi, praticando con letizia la povertà evangelica; come vivere gli affetti e le relazioni, liberi dalla logica del ricatto e della paura, mediante la pratica di un amore casto? La vita consacrata si gioca qui la possibilità di un’autentica testimonianza tanto importante per l’uomo postmoderno, iperconnesso e superaccessoriato, ma smarrito e bisognoso di un senso per cui vivere.
Proprio di questo si parlerà sabato 18 maggio, insieme alla professoressa Michelina Tenace della Pontificia Università Gregoriana, e ad alcuni membri di istituti di vita consacrata: mostrare che “chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo” (Gaudium et spes 41).