«Un ottantesimo che dà una luce particolare a questa festa della Madonna dei Fiori». Il cardinale Scola definisce così la Festa dei Fiori 2015 al Seminario di Venegono, più affollato che mai appunto per i suoi ottant’anni. Ci sono il cardinale Tettamanzi, i Vescovi ausiliari, i Vicari episcopali, centinaia di sacerdoti: tutti riuniti per gli anniversari di ordinazione – i 25, 50, 60, 65, 70 di Messa e alcuni di ordinazione episcopale – e per la presentazione dei candidati che diventeranno preti il 13 giugno.
Sotto un sole splendente il Seminario si mostra al meglio, con un percorso espositivo di rassegne a pannelli, con la reliquia di Paolo VI, ricordato anche attraverso la mostra multimediale che da mesi sta riscuotendo grande successo. E proprio dalla figura del beato Montini prende il via la riflessione di monsignor Renato Corti, vescovo emerito di Novara, invitato con monsignor Diego Coletti, vescovo di Como, a ripercorrere i loro anni di Seminario come studenti e Superiori. Insomma, è la festa della Chiesa ambrosiana, dei suoi ministri, della sua storia – si fa memoria anche dei 450 anni della Fondazione dell’Istituzione dei Seminari in Diocesi, voluta da San Carlo – e del suo futuro.
Nella Basilica interna al Seminario, consacrata proprio il 12 maggio dal cardinale Schuster, durante l’inaugurazione del nuovissimo edificio, il cardinale Scola presiede l’Eucaristia. Accanto a lui, l’Arcivescovo emerito e nove Vescovi, tra cui uno proveniente dal Niger.
Dal Vangelo della Samaritana prende il via l’omelia del Cardinale: «Partendo dal bisogno dell’acqua, Gesù la porta a scoprire il desiderio di pienezza che anima ogni uomo e donna. Esiste un percorso che va dal bisogno, al desiderio, alla proposta: percorso di evangelizzazione preciso, più che mai oggi attuale, le cui tappe sono tutte necessarie, avendo però un ritmo personale». Un cammino che la Chiesa ambrosiana «nel suo tentativo di riforma», sente nell’urgenza – nota Scola – «di evangelizzare a tutto campo, di percorrere tutte le vie dell’umano in una società sempre più meticcia». In questo contesto, se «il Seminario e il presbiterio sono luogo di comunione missionaria», la carità pastorale «è il luogo della nostra santificazione», spiega il Cardinale rivolto direttamente ai presbiteri, definiti poco dopo «architetti» della Chiesa «incarnata nella storia».
Ma è proprio in questa costruzione, nel suo metodo, che occorre esercitare la vigilanza: «Uno solo è il fondamento, Gesù Cristo. Ma come possiamo radicarci in questo fondamento se Egli non è ancor il centro affettivo della vita? Vogliamo vedere il volto di Gesù, vogliamo imparare dai tanti martiri cristiani con il martirio quotidiano dell’offerta della nostra vita. Credo che tutti abbiamo nel cuore questo desiderio».
E, infine, un richiamo che si fa indicazione precisa del Vescovo: «Preghiamo affinché questo essere presi a servizio sia compreso per intero. Preghiamo per le nostre vocazioni nate tutte dall’esempio di un prete – è doloroso osservare come, qui oggi, i sacerdoti che hanno 50 o 60 anni di Messa siano più numerosi di quelli che compiono il loro venticinquesimo – e, soprattutto, impegniamoci a creare una Comunità seminaristica liceale, che non è un altro Seminario, ma una proposta della vocazione come fatto oggettivo. La vocazione è dovuta solo allo Spirito: per questo bisogna dire pubblicamente ai giovani che se uno sente l’inclinazione a darsi interamente al Signore capisca cosa significa. La Comunità seminaristica liceale è un emblema bello per tutte le nostre comunità. Spiegate questo a conclusione delle Messe che celebrate nelle parrocchie».
Un invito per una vita piena, riuscita, palpabile nell’affetto che, a fine celebrazione, circonda i festeggiati e, poi, nel cortile del Quadriportico, accompagna con tanta musica la presentazione dei diaconi candidati, con il loro motto, «Tutto possiamo sperare dalla tua misericordia».
E il pensiero torna a quegli «anni di grazia trascorsi in Seminario», così chiamati da monsignor Coletti; a maestri come il Beato Montini, «esempio insuperabile» per monsignor Corti; al decreto conciliare Presbyterorum Ordinis, che ha nel titolo il plurale, non a caso, perché «occorre parlare di presbiterio e non di presbitero»; al Seminario «come luogo di relazioni vive, per ognuno di noi “casa mia”», per usare ancora le parole di monsignor Coletti, anche lui festeggiato nei suoi cinquant’anni di Messa.
E, tutto, perché «prima che essere un luogo, uno spazio materiale, il Seminario rappresenta un itinerario di vita, un’atmosfera che favorisce il progetto formativo», spiega il Rettore monsignor Di Tolve.