Vivere in ogni ambiente la vocazione alla santità, «che riguarda ogni fedele cristiano indipendentemente dal suo stato di vita e dal suo ufficio nella Chiesa e nel mondo».
Nella Celebrazione eucaristica che presiede in Duomo facendo memoria di san JoseMaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, il cardinale Scola definisce il senso di una testimonianza cristiana che «passa nel nostro quotidiano, nel modo in cui viviamo gli affetti, il lavoro, la festa». Testimonianza «incessantemente richiamata nell’insegnamento di san JoseMaría», che ben «esprime la grazia della fede e il volto della misericordia verso i nostri fratelli uomini».
Di misericordia parla anche il Prelato per l’Italia, don Matteo Fabbri, nel suo indirizzo di saluto iniziale, ringraziando per i frutti di grazia dell’Anno giubilare e per le occasioni di una maggiore consapevolezza offerte dal magistero dell’Arcivescovo.
Nel riferimento alla Parola di Dio e all’Anno della Misericordia indetto da papa Francesco, il Cardinale sottolinea a sua volta, rivolgendosi ai molti fedeli e aderenti della Prelatura presenti, l’importanza del Giubileo «un anno in cui, personalmente e comunitariamente, siamo chiamati a immergerci nella misericordia del Padre perché renda il nostro cuore simile a quello di Cristo».
Se, come scriveva il fondatore, “Misericordia vuol dire mantenere il cuore in carne viva”, occorre allora, chiedersi davanti al Signore, «quanto ci lasciamo provocare dalla realtà che ci circonda e quanto il nostro cuore batta come il cuore di san Paolo, divorato dal desiderio di incontrare tutti e sempre». E questo senza esclusione possibile, «tesi all’incontro con chiunque per poter far presente e annunciare l’infinito amore del Padre» e la sua misericordia, secondo il carisma, peraltro, peculiare dell’Opus Dei. Appunto perché – la citazione è sempre tratta da uno scritto di Escrivá – “la misericordia non si limita a un mero atteggiamento di compassione, ma è sovrabbondanza di carità che, simultaneamente, comporta sovrabbondanza di giustizia». Il richiamo è a guardare la grande scena evangelica della pesca miracolosa, contemplando il mistero di Gesù misericordioso che a Pietro, capace di confessare la sua pochezza, dice di non temere, perché «non è il peccato a definire la sua identità, bensì lo sguardo di misericordia del Salvatore». Sguardo che salva, bisogno di misericordia «che attraversa il cuore smarrito degli uomini e delle donne del nostro tempo».
Infine, ancora un raccomandazione: «Confido che continuiate ad annunciare il Vangelo, con una particolare cura per la famiglia, mettendo al mondo figli e seguendo con attenzione il loro processo educativo. Tutto questo è di capitale importanza dal punto di vista non solo ecclesiale, ma anche civile. Mostrate come si possa anche attraverso il lavoro e la professione servire la Chiesa».