Assumere responsabilità, riconoscendoci creature, capaci di conversione e di cambiamento degli stili di vita. E tutto per comprendere e concretizzare un’ecologia integrale dell’uomo, della casa comune, del singolo, della società e del mondo.
Sono tante le suggestioni che emergono, al Conference Centre di Expo, per la presentazione dell’Enciclica di papa Francesco, “Laudato si'”, cui partecipa il cardinale Scola.
La sala dove si confrontano i relatori è gremita, altre due sono collegate in video, per un momento che il Commissario Unico di Expo, Giusepe Sala, definisce “diverso” perché «è un onore che il Cardinale abbia scelto di presentare qui l’Enciclica. Papa Francesco – continua Sala – offre il suo messaggio a tutta la famiglia umana nella speranza che le cose possano cambiare ed Expo cerca di fare proprio questo, di parlare a tutti. L’Enciclica tocca un punto fondante del nostro impegno e leggere questa esortazione è di sprone per tutti noi, nella consapevolezza che il richiamo al cambiamento personale degli stili di vita, come modo per superare gli egoismi, muove anche la Carta di Milano». Moderata da Enrico Mentana si avvia così la Tavola Rotonda.
Sul significato della «proposta di un’ecologia che comprenda le dimensioni umana e sociale per una visione più integrale e integrante», si sofferma il rettore dell’Universita Cattolica, Franco Anelli, che nota «quanto l’uomo sia attore del degrado».
Da qui, la «chiave di volta» del pronunciamento papale, che secondo l’interpretazione di Anelli, « nasce dall’idea che la natura sia creazione, avendo, quindi, a che vedere con il fatto che il creato è un dono di Dio. La natura e l’intelligenza dell’uomo sono entrambi doni e, dunque,l’uno non può distruggere l’altra. Per questo è necessario un nuovo modo di rapportarsi con la natura che ci circonda e gli altri».
Povertà e sostenibilità del pianeta
Infatti, la Lettera Enciclica è dedicata alla “casa” che è, comunque, casa comune. Un ambiente che è di tutti e che non pare in grande salute come delinea Neil Thorns, direttore della Cafod, la Caritas nazionale in Inghilterra e consulente per il governo britannico sui cambiamenti climatici, che affronta il tema da due punti di vista, il rapporto con i poveri del pianeta e i cambiamenti del clima, appunto. «L’unica soluzione è utilizzare le energie rinnovabili, abbandonando i combustili fossili, basti considerare che in India l’84% della popolazione non ha accesso all’energia e che stasera una persona su nove nel mondo andrà a letto affamata. Questo – prosegue l’esperto britannico – obbliga a un cambiamento che non può essere solo tecnologico».
In un anno importante quale è il 2015, con la Conferenza che si terrà ad Addis Abeba sui finanziamenti per ridurre povertà e diseguaglianza, con il Papa che inaugurerà, alle Nazioni Unite, l’incontro relativo agli obiettivi del Millennio e con la Conferenza sul clima che si terrà a Parigi in dicembre, «non si può non accettare la sfida».
Concorda con lui Pier Sandro Cocconcelli, biologo molecolare che si occupa di ecosistemi agroalimentari e direttore di Expolab della “Cattolica”. «Le stesse tecnologie che noi utilizziamo nei laboratori possono dare risultati positivi per la sostenibilità del sistema o fare danni biologici».
Ovvio che l’aspetto dirimente sia l’etica, tanto che Coccocelli dice: «se solo consideriamo l’aumento di tre-quattro gradi della temperatura, ci si aspetta entro il 2100 un’impennata delle malattie. Di fronte a questo bisogna unire le competenze, ascoltando e parlando con tutti in vista del bene comune».
Carlo Fratta Pasini, presidente di Banco Popolare, da parte sua,non ha dubbi .
Finanza ed etica
«Occorre confrontarsi con la parola profetica di Francesco su questioni su cui il sistema mondiale tende ad avvitarsi su se stesso senza trovare soluzioni». Il punto forte dell’Enciclica e la sua provocazione, per Fratta Pasini, partono dall’assunto innegabile che l’egoismo divenuto ormai egocentrismo e l’uomo che si pone al posto di Dio, siano all’origine della distruzione della terra. «Se non rivediamo quello che c’è intorno a noi, renderemo invivibili parti sempre più grandi del pianeta e più povere fasce sempre più ampie della popolazione. Non a caso, l’inequità cui fa riferimento Francesco, che il papa vede crescere come frutto necessitato del nostro modello di sviluppo, chiama a una presa di posizione radicale: si deve cambiare il punto di vista, vedendoci parte di qualcosa di più grande di noi».
Come a dire, se ci dimentichiamo di aver ricevuto gratuitamente e gratuitamente non diamo, non abbiamo molte speranze.
Il tema della cura, della micro ecologia e della macro, sono approfonditi da Laura Palazzani, docente di Biogiuridica e Filosofia del Diritto alla Lumsa e vicepresidente del Comitato Nazionale per la Bioetica.
Attenta, la docente, anche a evidenziare l’importanza, dell’attenzione, nelle parole di Francesco, per la donna, per il suo ruolo, per la «costitutiva dell’identità umana, condizione dell’apertura alla procreazione, ma anche dell’identità personale».
La riflessione del Cardinale
«L’Enciclica è il primo intervento, nella storia del magistero della Chiesa, che affronti il problema dell’ecologia in termini organici», osserva il Cardinale, che aggiunge: «Mi ha colpito la grande cura del Pontefice a non tralasciare nulla. Del tema ecologico si parla da molto tempo, ma se ne parla come di un frammento, mentre la genialità scientifico-culturale del Santo Padre è stato ricostruire pazientemente il puzzle che ne connette le diverse tessere, dalla crisi, al rispetto della natura, inserendo in questo contesto, la povertà, la cultura dello scarto e l’esclusione. Il Papa ci fa capire che la vita umana non raggiunge il suo scopo se ognuno di noi non è capace di un rapporto equilibrato con se stesso, con gli altri, con il creato, con Dio. Questa è l’unica prospettiva che può consentirci di superare il travaglio dell’inizio del Terzo millennio in cui siamo immersi. La lotta alla frammentazione riguarda tutti, ogni giorno».
E, allora, arriva dall’Arcivescovo l’esempio che più attuale di così non si può. «Io come cittadino medio – spiega con un sorriso, ma il discorso è serissimo – non capisco molto di finanza e ho la sensazione che qualche volta i tecnici ci tengano un poco all’oscuro, mentre la crisi, come vediamo in Grecia, morde la carne».
Il pensiero è anche per i notevoli riferimenti di Francesco alla riflessione presente, relativamente al creato, nel mondo ortodosso, e al magistero del patriarca Bartolomeo. «Il Papa chiama a una conversione ecologica per giocarci personalmente e comunitariamente in essa. Per quanto un sistema possa essere iniquo non può eliminare la speranza, ma dobbiamo darci delle regole, trovando la forza di fare il bene, perché il soggetto uomo, nella sua dimensione,deve giocarsi con tutti i fattori dell’esperienza».
È questo, suggerisce Scola, il punto su cui siamo più in difficoltà, vivendo in una situazione di narcisismo nella quale la libertà rovescia se stessa e anziché essere un’energia che stabilisce legami solidi, si pensa come fattore di rottura dei legami, facendoci muovere con un concetto di autodeterminazione errato. Per questo tale Enciclica potrebbe avere una forza considerevole negli anni a venire, facendo vedere, pur nel travaglio,il parto della novità».
Il dibattito
Infine, ancora un giro di domande e risposte.
Come “Laudato si'” può porsi quale leva per sensibilizzare i governi? È innegabile la critica radicale alla finanza da parte di Bergoglio, ma come leggerla? Come non utilizzare l’Enciclica a “pezzi” dove ciascuno sottolinea solo ciò che gli interessa?
«In questo documento i governi possono trovare qualcosa per essere più ambiziosi nella cura della nostra casa, mentre, talvolta, con mandati magari di cinque anni, non si è molto coraggiosi», scandisce Thorns.
«Il Papa ha ragione di censurare un certo tipo di finanza, che si riferisce alla cultura dominante eliminando le biodiversità culturali, cosa che preoccupa Francesco», rileva Fratta Pasini. «Tuttavia, la finanza come possibilità di accedere, avere e muovere credito può essere uno strumento positivo. Lo scandalo è la finanza staccata dal reale».
«Il modo migliore per usare l’Enciclica come leva, è lasciarla come Francesco ha voluto che fosse nelle sue dimensioni», riflette l’Arcivescovo. Il Papa entra con delicatezza in temi aperti. È la strada tipica del cristiano: con-vincere con la testimonianza di stili di vita assunti in maniera integrale e capaci, quindi, di toccare l’essenza della persona. I cristiani sono sempre stati chiamati a giocarsi nella realtà come figli di un Dio che si è incarnato nella storia», conclude il Cardinale
In gioco, appunto, c’è tanto: perché «nuovi stili di vita domandano a miliardi di persone di mutare centinaia di milioni di abitudini e questo è problema di educazione».