Tra le navate romaniche di “San Simpliciano”, significativamente chiamata originariamente “Basilica Virginum”, una delle basiliche matrici della città, antica e magnifica, il dono di due donne che si consacrano nell’Ordo Virginum, si fa esempio e testimonianza anche per questa nostra distratta modernità. «Una scelta coraggiosa», come la definisce il cardinale Scola che presiede il Rito di Consacrazione, «che non può non provocare al cambiamento, quale che sia il carisma personale di ciascuno».
Insomma, un momento importante e bello, che viene sottolineate dalla suggestione della Liturgia e dalla presenza di tanti parenti, amici e di parecchie decine di sorelle dell’Ordo ambrosiano. Accanto al Cardinale è il Vicario Episcopale per al Vita Consacrata femminile, monsignor Luigi Stucchi.
«Questa è la dimostrazione che la Trinità continua di colmare di doni la sua Chiesa. Viviamo questo momento in comunione con tanti cammini e vocazioni della nostra Diocesi, con gratitudine al Padre e perché simili misteri si dilatino nel crescente protagonismo di tutti i battezzati e delle famiglie», dice, nel saluto iniziale, monsignor Ambrogio Piantanida, delegato del Vescovo per l’Ordo Virginum, uno dei quindici concelebranti, tra cui anche don Giovanni Battista Biffi, delegato per la Formazione dell’Ordo e i parroci dei due paesi di origine delle Consacrate, Marta Fumagalli di Cremnago di Inverigo e Annamaria Gedi di Olgiate Olona. Una segretaria e una farmacista che hanno maturato il loro carisma, come è proprio dell’Ordo Virginum, nella vita quotidiana, nella famiglia e nel lavoro, attraverso quell’essere sedotte dal Signore, risuonato nella Lettura dal Profeta Osea.
«Sedurre è la parola più indicata per il gesto di donazione totale che Annamaria e Marta vivono per il bene della nostra Chiesa ambrosiana e di tutti i fratelli. Se applichiamo questa parola al Signore, ogni ombra di iniquità e ogni aspetto egoistico scompaiono, perché chi conduce a sé è l’espressione massima della nuzialità, fonte del vero amore», spiega, infatti, l’Arcivescovo.
«Oggi l’umanità vive una frattura radicale a Eros e Agape e, massicciamente, l’amore è ridotto a passione, a un eros nel quale non si vede più la possibilità di aprirsi all’altro, ridotto spesso a puro strumento di piacere. Eppure un amore che non raggiunge il bene per l’altro e tutta la potenza affettiva del nostro io non è vero amore. Questa scelta, così come la scelta virginale in generale, è una testimonianza profonda di cosa sia l’amore compiuto ed è un modo per comunicare la grande iniziativa di cui ci parla Osea, abbandonandoci all’energia seduttiva di Dio».
Dalla consacrazione nasce la grande lezione per tutti, che si creda o no e comunque si viva la propria condizione, nell’amore tra uomo e donna o in quello verginale, suggerisce Scola che aggiunge tra le tante “dimenticanze” del presente, anche la dimensione del “per sempre” dell’amore.
«Un altro elemento oggi obliterato e obliato, fino a essere disprezzato, è appunto il “per sempre”, ormai slegato dall’esperienza profonda dell’amore, dalla fecondità e dalla fedeltà. Tuttavia, dove non vi è fedeltà e fecondità non vi è stato mai propriamente amore».
Da qui la decisività del “per sempre”. «La scena che si svolge a Betania – appena proclamata nel Vangelo – dimostra che la testimonianza e la missione non sono frutto della nostra decisione, ma è l’espandersi della bellezza che questa scelta verginale ed essenzialmente sponsale consente. L’uomo, oggi, ha tanta sete di questo amore vero, di questo profumo, ma, spesso, non ha il coraggio, non riesce a sperimentarlo. Per questo siamo molto grati del vostro gesto, perché continuate ad emanare tale profumo».
Un compito di testimonianza, da assumere, dunque, nel quotidiano feriale della nostra Chiesa, «perché – sottolinea ancora l’Arcivescovo – è la mancanza di una mens cristiana, dei sentimenti di Cristo, il problema critico delle nostre comunità. Tanta generosità, tanta dedizione, tanto impegno e fedeltà nel Sacramento, ma quando si passa nel quotidiano il criterio di vita quale è? Dobbiamo cambiare la forma, convertirci. Responsabilità è assunzione dell’insegnamento del Papa e dei Vescovi circa questo punto», conclude il Cardinale che richiama la sua Lettera Pastorale, “Educarsi al pensiero di Cristo” e l’importanza della Visita Pastorale iniziata nei giorni scorsi.
Poi, i momenti dell’intensa liturgia di Consacrazione, con, il “Sì, lo voglio”, le Litanie dei Santi, il rinnovo del proposito di castità, la preghiera di Consacrazione, la consegna dell’anello – che esprime l’unione sponsale con Cristo – e del Libro delle Ore.
E, al termine dell’Eucaristia, dopo il canto corale del Magnificat, un’ultima consegna dell’Arcivescovo: «Questa scelta possa provocarci a essere lieti testimoni di Cristo in uscita verso questa travagliata epoca postmoderna. Ricordiamoci sempre che la vocazione è la chiave della vita perché l’esistenza è chiamata»