Nel giorno della «festa che dà origine a tutte le feste», come recita il Prefazio ambrosiano del domenica di Pasqua, è un Duomo affollato di cristiani – come accade in tante altre parti del mondo – quello in cui risuonano le parole con cui il cardinale Scola, nel Pontificale da lui presieduto nella mattina, appunto, di Pasqua, esprime la gioia per il Risorto che si fa richiamo a leggere con occhi e consapevolezza nuova il presente.
Dalle due domande rivolte da Gesù alla Maddalena e appena proclamate nel Vangelo di Giovanni – “Donna, perché piangi? Chi cerchi?” –, nasce così la riflessione sull’annuncio di Pasqua, che è «ciò che il nostro cuore cerca», perché «consapevolmente o inconsapevolmente ogni pianto nasconde il bisogno di qualcuno che venga ad asciugare le lacrime, ad illuminare il senso dell’umana avventura».
Un “avventura” terrena che, segnata dal sangue degli uccisi per Cristo e per la giustizia, dal dolore senza fine di stragi insensate ormai quotidiane, trova una roccia certa nel “mostrarsi vivo” del Signore, prima agli Apostoli e a numerosissimi discepoli e, oggi, a ciascuno «attraverso la fede sacramentale della sua Chiesa». Come a dire, la vita può essere drammatica, colpita, annientata, umiliata, ma la testimonianza è ciò che la rende, comunque, salvata e redenta.
E l’esempio, allora, non può che giungere dalla lezione di tanti martiri, dall’«imponente invito alla conversione che ci viene dalle impressionanti testimonianze, rimbalzate attraverso i media in tutto il mondo, di perdono offerto dai martiri cristiani ai loro assassini». Una realtà possibile solo in virtù della fede nella Risurrezione che ci obbliga come credenti, anzitutto, e di fronte alla quale occorre prendere una posizione chiara, per non continuare a cadere in quella comoda pigrizia che caratterizza l’Occidente.
Da qui il monito senza mezzi termini dell’Arcivescovo: «La Pasqua di quest’anno rende particolarmente urgente per tutti i cittadini Europei, di qualsiasi fede e mondovisione, assumere decisamente l’impegno a costruire nuove forme di cittadinanza civica. Troppo abbiamo indugiato, ci siamo lasciati paralizzare da dialettiche intellettualistiche, subendo la tentazione di restare spettatori super-informati ma praticamente indifferenti ai clamorosi mutamenti che travagliano gli scenari mondiali. Questo passaggio, cioè questa Pasqua, domanda di dare contenuto realistico alla pace. Quella pace che, come costantemente ci ammonisce Papa Francesco, continua ad essere calpestata. E lo è perché uomini e governanti non la perseguono in tutta la sua ampiezza».
Sottolineando i quattro grandi e inscindibili pilastri indicati da san Giovanni XXIII nella Pacem in terris come condizioni per una vera e duratura pace – verità, libertà, giustizia e amore – , l’augurio del Cardinale è, infine, a “respirare la Pasqua”, secondo la bella espressione del poeta inglese Gerard Manley Hpokins, recitata in inglese, spagnolo, tedesco e italiano: «Respirate Pasqua ora. Le ossa sono stanche di star curve. Ecco, Dio rafforzerà queste fragili ginocchia».