In una bella mattina di sole pieno e primaverile il cardinale Scola conclude, con l’Eucaristia da lui presieduta a Garbagnate Milanese, il quarto “Festival della Fede”. Una bella occasione, ma che non rende per intero il clima di vero e proprio entusiasmo che si respira, già molto prima che l’Arcivescovo arrivi sul sagrato della basilica – gremitissima – dei santi Eusebio e Maccabei. La mobilitazione è generale, nulla è lasciato al caso. Ci sono il sindaco, le autorità militari e civili in prima fila, i bimbi più piccoli, le famiglie e i giovani che accolgono l’Arcivescovo, per la prima volta, in questa realtà ricca di iniziative e di molte associazioni di volontariato e del caritativo, come testimoniano i gonfaloni che circondano quello del Comune.
Insomma, l’affetto per il Pastore c’è e si sente, come sottolinea il Cardinale stesso, dopo il saluto iniziale portato da don Claudio Galimberti responsabile della Comunità pastorale “Santa Croce” che raggruppa quattro parrocchie e coincide con la città. «Lei ci richiama il valore della testimonianza e della missione ed è il garante della nostra unità ecclesiale», dice don Galimberti cui sono accanto tutti i sacerdoti della Comunità che concelebrano.
«Per il Vescovo il momento più confortante del suo Ministero è quello che consente di celebrare l’Eucaristia domenicale con il popolo, perché il suo compito è disporsi al servizio della presenza viva di Gesù tra noi, una presenza che supera il comprensibile timore della morte e vince il peccato. Voi siete una bella espressione del popolo di Dio di questa Comunità ricca di storia e di futuro».
Riflette, l’Arcivescovo, sulle Letture, a partire dal capitolo 8 del Vangelo di Giovanni con il dialogo tra Gesù e gli scribi e i farisei. «Anche nei momenti più difficili non entriamo in opposizione con Cristo, come loro fecero. Se siamo qui è perché il Signore ci ha amato per primo». È questo occorre comunicare e, non a caso, infatti, il “Festival” è stato dedicato a “Fede e Comunicazione”, «un’iniziativa utile e importante che, con un linguaggio accessibile a tutti, dimostra la presenza viva di Gesù in mezzo a noi attraverso l’Eucaristia. Non qualcosa che si possa relegare in un rito, ma il punto di partenza per investire l’intero quotidiano della nostra vita», nota Scola, che indica un primo compito, secondo le parole del Signore, “io sono la luce del mondo , chi segue me, non camminerà nelle tenebre”.
«Chiediamoci se Gesù è davvero questa luce, se viene al mio cuore ogni mattina con un segno di croce, una piccola preghiera, recitata magari in famiglia o sul mezzo di trasporto che ci porta al lavoro. È Gesù una presenza reale che, sotto una forma misteriosa, ha più forza della presenza reciproca che sperimentiamo?».
Chiaro il riferimento alla preoccupazione – o, meglio, alla constatazione – che ha portato a definire anche la scelta e lo scopo della Visita pastorale che la Diocesi sta vivendo. «Nella giornata dimentichiamo Cristo, spesso siamo lontani, cadiamo nell’oblio, il peccato più grave del cristianesimo contemporaneo, soprattutto in Europa e nelle nostre Chiese di lunga tradizione. Certo – sottolinea ancora il Cardinale – abbiamo dolori e affanni, ma è proprio per condividere l’esperienza di tutti i giorni che Gesù, Via Verità e Vita, è venuto tra noi. Vincete la tendenza narcisistica dell’uomo postmoderno chinato solo su se stesso e incapace di spalancarsi alla realtà intera, alla presenza amante e vivificante di Cristo. La frattura tra la fede e la vita rischia di farci ragionare solo attraverso le opinioni circolanti e il pensiero dominante, mentre si deve tornare a un modo di sentire e di amare che fu quello di Gesù a cui dobbiamo sempre educarci».
Da qui, una seconda consegna: «Vincere il peccato dell’oblio finendo di considerarci i soli artefici del nostro futuro, smettendo di coltivare l’illusione di compiere il desiderio di pienezza che abbiamo nel cuore e di poter costruire una società veramente giusta».
E, a conclusione dell’omelia, arriva la terza e decisiva parola «che vuole lasciarvi l’Arcivescovo». La testimonianza, «che non è solo il buon esempio, ma il non vergognarsi di annunciare il Vangelo, il coraggio di dire a tutti i fratelli battezzati che hanno perduto al strada di casa e a chiunque incontriamo bei luoghi dell’esistenza, la bellezza del dono della fede, la consistenza e la forza del rapporto con Gesù, la consapevolezza che in Lui si istaura una nuova parentela. Per comunicare tutto questo occorre, però, viverlo».
E prima del festoso sciogliersi dell’Assemblea – sono ben 1700 le Comunioni che vengono distribuite – ancora una raccomandazione: «Soprattutto ai sacerdoti, dico di andare alla fonte dei Documenti del Magistero. I cristiani devono impegnarsi a conoscere il pensiero del Papa in maniera diretta». Il pensiero non può che andare all’Esortazione “Amoris Laetitia – La gioia dell’amore”, il pronunciamento post-sinodale del Santo Padre «i cui capitoli IV e V, sono molto concreti e dicono bene cosa sia l’amore, in questa epoca di travaglio anche per i sentimenti, e la carità con cui dobbiamo affrontare ogni situazione». E ogni fenomeno anche se complesso, come l’immigrazione che, a Garbagnate come in un “piccolo mondo”, vede la presenza di 68 etnie diverse.
«Si deve affrontare la fase dell’immigrazione che stiano vivendo, che è ben più difficile di quella che avete inglobato negli anni ‘60. Dobbiamo collaborare ad dare un primo aiuto accogliendo coloro che sbarcano e scappano da situazioni di guerra, con un’azione generosa ed equilibrata». Sarà, poi, compito delle Istituzioni offrire risposte definitive complessive, suggerisce Scola. .
Infine, la sottolineatura è per l’oratorio e l’educazione sui giovani: «La scuola “San Luigi” (scuola parrocchiale frequentata da 500 alunni dall’Infanzia alla Media, di cui molti sono in chiesa) è di grandissima importanza. Purtroppo la scuola libera continua a subire il pregiudizio diffuso e tanti genitori sono costretti a pagare la scuola due volte, con le tasse e la retta. È una fandonia che vogliamo ridurre il ruolo degli Stato. Il suo compito deve essere sussidiario, perché il primo responsabile dell’educazione, specie fino alla maggiore età dei ragazzi, è innanzitutto la famiglia».