Il testo dell’Esortazione, sulla scia dei lavori sinodali, ha affrontato le fatiche e le fragilità nella famiglia, nel suo capitolo ottavo: «Accompagnare, discernere e integrare la fragilità» (nn. 291-312). Era il punto più atteso del pronunciamento papale. Francesco dà prova della sua forte sensibilità che sa andare al cuore del problema evitando di proporre soluzioni preconfezionate. Afferma: «Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete, come quelle che abbiamo sopra menzionato, è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. È possibile soltanto un nuovo incoraggiamento a un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi” le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi» (n. 300).
Qual è la prospettiva a partire dalla quale il Papa offre le sue indicazioni? Quella di riconoscere che nessuno è escluso dalla vita della Chiesa, in qualunque situazione di fragilità o di ferita si sia venuto a trovare. E così «la logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti» (n. 299).
In questo orizzonte di integrazione, il Papa ribadisce con chiarezza la verità del matrimonio indissolubile nel suo senso cristologico (come segno oggettivo dell’amore di Cristo per la Chiesa, cfr. n. 292) e antropologico (come espressione del desiderio del “per sempre” radicato nel cuore di ogni uomo e di ogni donna, cfr. n. 123). Nel contempo afferma con forza la necessità di un discernimento personalizzato di ogni caso, guidato dal principio da lui definito come gradualità della pastorale (cfr. nn. 293-295).
L’indissolubilità non è un “giogo” e non deve essere presentata come tale. È un dono di Dio in Cristo e nello Spirito in quanto compimento del desiderio costitutivo di ogni amore, quello di durare per sempre, proprio di ogni matrimonio. Essa è offerta alla libertà degli sposi come cammino che sono chiamati a intraprendere quotidianamente: «L’amore matrimoniale non si custodisce prima di tutto parlando dell’indissolubilità come di un obbligo, o ripetendo una dottrina, ma fortificandolo grazie a una crescita costante sotto l’impulso della grazia. L’amore che non cresce inizia a correre rischi, e possiamo crescere soltanto corrispondendo alla grazia divina mediante più atti di amore, con atti di affetto più frequenti, più intensi, più generosi, più teneri, più allegri. Il marito e la moglie “sperimentano il senso della propria unità e sempre più pienamente la conseguono”» (n. 134; inoltre cfr. nn. 62, 77, 86 e 243).
Consapevole che si tratta di un dono da accogliere mediante un cammino lontano da utopiche perfezioni, il Papa indica alla comunità cristiana e ai pastori il compito ineludibile di integrare, discernere e accompagnare tutti. Sono questi i tre verbi che possono descrivere la cura misericordiosa della Chiesa – il richiamo al Giubileo della Misericordia è la chiave di lettura dell’Esortazione, cfr. nn. 5, 291, 309) – per tutti gli uomini e donne e, in particolare, per i suoi figli che vivono la dolorosa esperienza di una famiglia ferita.
Per approfondire l’insegnamento di papa Francesco propongo al lettore un esercizio molto semplice, quello di sottolineare le volte in cui il testo fa riferimento alla necessità di un cammino e al compito di accompagnare: enumerarle tutte è praticamente impossibile!
Al servizio di questo accompagnamento lungo il cammino, espressione di una pastorale misericordiosa, si deve intraprendere «un itinerario di accompagnamento e di discernimento che orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere. Dato che nella stessa legge non c’è gradualità (cfr Familiaris consortio, 34), questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere a una risposta più perfetta ad essa». Questi atteggiamenti sono fondamentali per evitare il grave rischio di messaggi sbagliati, come l’idea che qualche sacerdote possa concedere rapidamente “eccezioni”, o che esistano persone che possano ottenere privilegi sacramentali in cambio di favori. Quando si trova una persona responsabile e discreta, che non pretende di mettere i propri desideri al di sopra del bene comune della Chiesa, con un Pastore che sa riconoscere la serietà della questione che sta trattando, si evita il rischio che un determinato discernimento porti a pensare che la Chiesa sostenga una doppia morale» (n. 300).
L’impegno dei fedeli e dei pastori «deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti» (n. 305).