«Vogliamo crescere nella dimensione culturale della fede. Ma attenzione: la cultura è un fatto di popolo, non va intesa librescamente, bensì a partire dall’esperienza». Con questo invito a tornare all’essenzialità della fede, il cardinale Angelo Scola giovedì 8 settembre ha inaugurato il nuovo anno pastorale in Duomo, durante la celebrazione della solennità di Maria Nascente, a cui la cattedrale è dedicata.
Cristo interviene nella storia di ognuno di noi, e dunque anche in quella del mondo, ha ricordato Scola: «Dio è sempre all’opera tra i suoi, interviene nella storia, si fa incontrare nella realtà. Anche se i nostri occhi rimangono ciechi e i nostri orecchi sordi, lui comunque opera. Così avviene tra di noi oggi. Da questa certezza nasce il modo con cui vogliamo guardare, in questa ripresa di anno pastorale, al travaglio del tempo presente, definito al Convegno ecclesiale di Firenze da papa Francesco come un cambiamento di epoca più che un’epoca di cambiamenti».
Un travaglio, quello dei nostri tempi, che inevitabilmente pone un’urgenza alle Chiese, in particolare a quelle europee e a una Chiesa di popolo come la nostra ambrosiana, ha sottolineato l’Arcivescovo: «Si tratta di educarsi al modo di vedere la realtà e ai sentimenti di Gesù, approfondire la mentalità di Cristo: da lì scaturisce la consapevolezza che rende pieni di gioia e che ci permette di proporre a tutti Cristo risorto, verità vivente e personale, colui che non cessa di venire all’incontro con ogni uomo».
Per questo il cardinale Scola ha invitato i fedeli ad approfondire la lettera «Educarsi al pensiero di Cristo», attraverso le indicazioni contenute nel testo dal titolo «Maria, speranza e aurora di salvezza del mondo intero», edito dal Centro Ambrosiano (36 pagine, 0.95 euro) e da oggi disponibile nella libreria dell’Arcivescovado e nelle librerie cattoliche: «Vi ho consegnato questa lettera l’anno scorso: vogliamo continuare a seguire l’itinerario di Pietro alla sequela di Gesù, così che questo stile di vita segni ogni nostra giornata al di là dei momenti di fatica, fragilità e peccato. Quindi non vi invierò un’altra lettera pastorale, ma ho creduto di offrirvi alcune indicazioni pratiche in appoggio al calendario diocesano e ispirate alla lettera».
E parlando di anno pastorale il Cardinale ha ricordato l’importanza per la vita della Diocesi del cammino biennale della visita pastorale, che ha assunto un carattere feriale e che nel suo primo anno ha già toccato circa la metà dei decanati: «La visita pastorale sta individuando un tempo favorevole per una conversione missionaria, per un’uscita verso le periferie esistenziali e geografiche – come le definisce il Papa -, che sia verso la società, fuori dal campanile, fuori dalle stanze delle parrocchie. Perché abbiamo dentro qualcosa che nessun muro o locale può trattenere».
Il Cardinale ha espresso viva gratitudine per questi momenti di incontro con i decanati: «Sono rimasto edificato dalla notevole qualità della preparazione e dall numerosa e consapevole presenza di credenti e anche di non credenti, perché le assemblee sono state sempre aperte. Esse hanno avuto veramente la natura di non ridursi a semplice riunioni, ma di essere il prolungamento delle celebrazioni liturgiche». L’Arcivescovo ho poi fatto sapere che nella seconda parte della visita i vicari di zona stanno già incontrando in modo più capillare le diverse comunità di ogni decanato. Inoltre, a partire da questi giorni, si svolgerà la verifica del cammino biennale con il vicario generale, il che significa «identificare il passo nuovo che ogni comunità è chiamata a compiere».
La solenne liturgia di Maria Nascente è anche l’occasione in cui la Chiesa di Milano tradizionalmente “ammette” i candidati al presbiterato e al diaconato permanente. L’Arcivescovo si è rivolto così ai 26 seminaristi che iniziano la terza teologia (la seconda parte della formazione al sacerdozio) e ai tre laici in cammino verso il diaconato permanente presenti in Duomo: «La Chiesa ambrosiana attraverso l’ammissione, toglie il velo della riservatezza alla vostra vocazione. L’impegno vi domanda di invocare la crescita di un rapporto diretto e personale con Gesù. Imparate a dargli del tu come a una persona realmente presente nella vostra vita. E fatelo attraverso la forma più semplice di preghiera, che è quella di domanda».
Dunque, la fede come relazione. Ma questo non può bastare, ha sottolineato il cardinale Scola: «Si parla sempre – anche nella due giorni decani appena terminata – del prete come uomo di relazione. Certo è vero e necessario, ma onestamente dobbiamo riconoscere che il contenuto di queste relazioni di comunione troppo raramente si radica nel dono che ci fa la Trinità in Gesù Cristo, attraverso il sacramento della Chiesa. È in questa dimensione verticale che la comunione si realizza, non bastano buone relazioni orizzontali. Il sì alla vocazione, qualsiasi cosa succeda, si fonda, come ebbe a dire il priore di Tibhirine al confratello terrorizzato davanti al martirio, su una vita già liberamente donata».
In conclusione l’Arcivescovo ha affidato la Diocesi a Maria Nascente, «madre del bell’amore. Un amore che vede l’altro, anche il nemico, sempre come un bene, che non chiede nulla in cambio e, nella prospettiva della vita già donata, vive in ogni istante come fosse l’ultimo». Infine, nel ringraziare ancora una volta i candidati al diaconato, «che si prendono un bel rischio nella società di oggi», il cardinale Scola ha invitato i giovani a chiedersi qual è la chiamata specifica che Dio fa a ciascuno di loro e a prepararvisi imparando il bell’amore della Vergine Santissima. L’Arcivescovo li ha incoraggiati a vincere le proprie paure: «Lasciate che i segni concreti della vita vi indichino il cammino, che sia il matrimonio o il sacerdozio. Perché senza uno stato preciso la vita è come quei ruscelli di montagna senza un alveo: possono fare grossi danni. La vita ha bisogno di argini perché noi siamo fragili, la libertà da sola non è costruttiva. Sono sicuro che molti di voi hanno nel cuore l’idea di dedicarsi a Dio e, magari per paura, si ritraggono. Ma la forza per camminare su questa strada non viene da noi, non dobbiamo guardare alle nostre debolezze ma alla potenza allo spirito di Gesù. Il Signore è venuto anche per vincere la paura del nostro carattere e per orientare il nostro temperamento».