Pubblichiamo la prefazione del cardinale Angelo Scola al volume «Percorsi di vita buona».
Il 10 novembre 2015, in occasione del V Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana a Firenze, dal titolo «In Gesù Cristo un nuovo umanesimo», papa Francesco tracciò un quadro del tempo presente diventato ormai celebre: «Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all’opera nel mondo. Voi, dunque, uscite per le strade e andate ai crocicchi: tutti quelli che troverete, chiamateli, nessuno escluso (cfr. Mt 22,9). Soprattutto accompagnate chi è rimasto al bordo della strada, “zoppi, storpi, ciechi, sordi” (Mt 15,30). Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo».
La fortuna di queste parole è ovviamente legata alla perspicacia con cui esse interpretano l’attuale frangente storico. L’inizio del Terzo Millennio, che a molti è apparso piuttosto come il culmine del lungo percorso umano e culturale cominciato con la modernità, ci ha sorpreso per il suo carattere quasi inedito. Non solo per la velocità, veramente sbalorditiva, con cui l’alleanza tra scienza e tecnica sta trasformando la vita di tutti – basti pensare, per limitarmi a un esempio banalissimo, allo tsunami causato nel nostro quotidiano dai telefoni cellulari -, ma soprattutto per la portata delle questioni messe sul tappeto. Chi avrebbe mai pensato che, dopo la vittoria sulle utopie totalitarie del XX secolo e la loro sostanziale negazione dell’humanum, ci saremmo trovati a parlare di transumanesimo?
Francesco non è ingenuo e riconosce che non di rado il cambiamento d’epoca è difficile da comprendere.
È questa la prima chiave che mi ha guidato, lungo gli anni di ministero episcopale ambrosiano, continuando la tradizione dei Discorsi alla città in occasione della solennità di Sant’Ambrogio, a cercare di comprendere il nostro tempo, cioè a guardare fino in fondo il presente. In questa prospettiva, i temi dei Discorsi intercettano gli interrogativi che popolano la vita sociale del nostro Paese: la crisi, la libertà religiosa e il ruolo pubblico delle religioni, l’ecologia e lo sviluppo sostenibile, l’umanesimo, la giustizia, l’eguaglianza e l’emarginazione, il ruolo dell’Europa… Sono tutte questioni che ci interessano, o meglio ancora, da cui non possiamo prescindere a meno di delegare ad altri la ricerca delle ragioni per una vita buona, personale e sociale. Il desiderio di comprendere il presente è una delle caratteristiche della dottrina sociale della Chiesa: in questa grande scia si sono sempre situati gli interventi degli arcivescovi milanesi in occasione della festa del santo patrono.
Una seconda chiave di lettura che, a mio giudizio, attraversa i Discorsi di Sant’Ambrogio è la decisione di assumere la propria responsabilità civile offrendo a tutti – nell’agone della società plurale – una proposta ragionata e libera col desiderio di favorire vie comuni di collaborazione e di edificazione sociale. Sono infatti convinto che i cristiani siano chiamati a essere – per dirlo con Péguy – «eredi degli antichi civici, universalmente, eternamente civici». In questo senso, il forte invito del Papa a uscire verso le periferie e ad abbattere i muri, chiede a noi tutti di abolire radicalmente ogni forma di esclusione. Sarà questo, infatti, uno dei pilastri della civiltà che insieme siamo chiamati a edificare.
Infine, come i lettori potranno verificare direttamente addentrandosi nel percorso del volume, la prospettiva con cui i testi sono stati pensati e redatti è quella del futuro. Né rimpianto per un passato che non tornerà più, né lamento per le difficoltà del presente – ovviamente senza ingenui irenismi e nel tentativo di farsi carico di tutta la complessità che caratterizza il nostro tempo -, ma una domanda sul futuro: quale uomo, quale Milano, quale Europa vogliamo?
Comprendere, proporre e fare un cammino con chi lo vorrà. Ecco l’ordito di quanto ho voluto offrire a tutti coi Discorsi di Sant’Ambrogio.