L’amore che ci precede e ci accompagna sempre. Quello del Signore, per cui si può scegliere liberamente, anche in un mondo come quello di oggi dove non è di moda il “per sempre”, di offrire la propria vita a Dio, appunto, per sempre.
Come hanno deciso i 9 giovani uomini che, con l’Ordinazione presbiterale conferita per l’imposizione delle mani e la preghiera del cardinale Scola, diventano i nuovi sacerdoti diocesani di quest’anno. Con loro, in Cattedrale, anche 3 religiosi, candidati rispettivamente del Pontificio Istituto Missioni Estere, della Congregazione Benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto Maggiore e della Congregazione Cistercense.
Il Duomo è, come ogni anno in questa occasione così significativa, gremito di fedeli: tanti i giovani e i seminaristi; nelle prime file ci sono i genitori degli Ordinandi, chi ha accompagnato nella vocazione i nuovi Presbiteri – sono decine i sacerdoti concelebranti – e la gente delle Comunità e parrocchie dove i preti 2017 già operano e resteranno destinati per altri 5 anni. Sull’altare maggiore, accanto all’Arcivescovo che presiede il Rito, ci sono i Vescovi ausiliari (con loro anche l’abate benedettino olivetano dell’Abbazia di Seregno, monsignor Michelangelo Riccardo Tiribilli), il rettore del Seminario, monsignor Michele Di Tolve, i Superiori, i membri del Consiglio Episcopale Milanese e del Capitolo della Cattedrale.
L’Omelia del Cardinale
A tutti si rivolge l’intensa omelia del Cardinale che, dopo la presentazione e l’“Eccomi” dei Candidati che risuona in un silenzio carico di emozione, e la lettura del telegramma augurale inviato dal Papa per l’occasione, avvia la sua riflessione dalle parole tratte dal Libro del profeta Osea, al capitolo 11, proclamato nella Liturgia della Parola.
«Il Signore, attraverso il profeta, ci rivela il Suo amore per noi. Un amore che ci precede e ci accompagna: tutto nella vita cristiana – ma a ben vedere qualcosa di analogo avviene nella vita di ogni uomo – nasce e vive per questo genere di amore. Il dono del Presbiterato trova qui la sua sorgente e la garanzia della sua permanenza che chiede la nostra perseveranza», spiega Scola indicando la forza di un tale amore generativo, uguale a quello di un padre e di una madre che tengono per mano il figlio.
«Dovete leggere il cammino di questi anni come un ininterrotto dialogo di amore tra Dio che vi precede e vi chiama e la vostra libertà che aderisce a Lui. Invocare ed accogliere quotidianamente questo amore sarà la vostra sicurezza entro ogni prova. Rimanendo fedeli a questo dialogo quotidiano con Gesù mediante l’Eucaristia illuminata dalla Parola di Dio, la recita dell’Ufficio, il silenzio, la preghiera e l’offerta di ogni azione, la vostra vocazione e missione di Presbiteri lascerà trasparire, sul vostro volto, il volto dell’Altro».
Un amore di carattere sponsale, dunque, e che, insieme, esprime a pieno l’impronta verginale della vita come quella sacerdotale, vissuta nel celibato «liberamente scelto di e accolto».
«È questa l’oggettiva strada al compimento affettivo della vostra umanità. Niente di più sbagliato del pensare che il celibe non si compia interamente sul piano affettivo», osserva l’Arcivescovo, specie in riferimento all’oggi.
«In un tempo come il nostro, in cui sembra impossibile vivere una relazione “per sempre”, la testimonianza verginale e celibataria concorre, con il matrimonio quale sacramento indissolubile, a testimoniare la verità compiuta dell’amore. In vista di questa pienezza il Santo Padre non si stanca di metterci in guardia, con particolare forza, da ogni forma di mondanità. Legarsi a persone e beni possedendoli in modo eccessivo e sbagliato è una tentazione sempre incombente. Solo chi “possiede nel distacco” possiede veramente. La vostra generosa giovinezza ne sia avvertita».
Da qui la consegna: «Chiunque vi incontra possa riconoscere, nel vostro stile di vita, uomini solidi, lieti, dentro ogni prova. È questo lo stile che tocca il cuore dell’altro e lo conquista al fascino di Cristo». Insomma, non “professionisti” del sacro – come sottolinea il Papa – ma testimoni credibili, capaci di vivere la dimensione missionaria del Ministero ordinato, che significa essere presi a servizio «amando Gesù, nello stesso tempo sacerdote, vittima ed altare, ed in Lui ogni uomo». «Non dobbiamo mai concepirci, nella pratica quotidiana, all’origine del popolo cristiano, ma solo e sempre come uomini presi a servizio del popolo. Se smarriamo questa nostra umile identità a servizio del sacerdote Cristo, nulla di quanto faremo, al di là delle nostre intenzioni, delle lodi e delle critiche della nostra gente, sarà secondo il cuore di Cristo Buon pastore».
Nasce solo da una tale consapevolezza «la comunione con il Presbiterio guidato dal Vescovo e, quindi, con i fedeli e, tendenzialmente, con tutte le donne e gli uomini. La stima a priori costituisce l’ordito e la trama di ogni nostro rapporto, come ci ha acutamente insegnato papa Francesco, commentando alle “Case Bianche” il significato della stola che gli era stata donata».
Quindi, Ministri presi a servizio della misericordia del Padre: «Anche per questo il sacerdozio si rivela potente fattore di edificazione sociale in questa città metropolitana, di promozione della vita buona nella nostra società plurale che tanto ha bisogno di senso e di valore. Siamo poveri peccatori redenti divenuti, per grazia, ministri di misericordia. Da qui e solo da qui sgorga l’urgenza di uscire verso il vasto campo del mondo, con un deciso amore di preferenza verso i poveri e gli esclusi».
A conclusione dell’omelia, affidandosi alla Madonnina, una promessa, pronunciata con l’affetto di padre, quasi guardando negli occhi a uno a uno i Candidati: «Il Vescovo e tutto il Presbiterio non cesseranno di accompagnarvi, in questo camino affascinante è difficile. Vi vogliamo bene in Cristo Gesù, non secondo sentimentalismi umani, e perciò, per quanto ne siamo capaci, non vi lasceremo mai soli.
La Liturgia dell’Ordinazione
Poi, i gesti, sempre suggestivi, della Liturgia dell’Ordinazione, con il “Sì, lo voglio”, le Litanie dei Santi, l’Imposizione delle mani nel silenzio della Cattedrale e la preghiera di Ordinazione, la vestizione degli abiti sacerdotali, l’Unzione crismale e la gioia dello scambio della pace anche con i
Genitori, con molte mamme in lacrime.
«Voglio esprimere a nome dell’intera Chiesa ambrosiana la mia gioiosa gratitudine ai novelli sacerdoti che hanno accolto con libertà la chiamata del Signore e che, anche in un tempo di cambiamento così difficile, hanno accettato un’attenta, lunga preparazione per svolgere questo Ministero prezioso per la Chiesa e tutta la Comunità civile», dice, al termine della Messa, il Cardinale che, osservando la presenza di tanti giovani, aggiunge. «In una società complicata e confusa, anche se piena di fascino come questa, imparare ad amare è fondamentale. Non si deve confondere, sotto la parola amore, ogni espressione di affettività o di inclinazione passionale. Vi invito a prepararvi alla santa vocazione del matrimonio o, se qualcuno ha nel cuore l’idea di dedicarsi a Dio, deve verificarla. So che molti di voi hanno pensato almeno una volta al sacerdozio: coraggio, non bisogna avere paura delle scelte definitive, perché sono queste che danno fisionomia alla persona e compiono la vita. Avere paura del “per sempre” vuol dire rimanere bambini: Fatevi avanti, confrontatevi con questa inclinazione».
La festa, dentro e fuori del Duomo, le brevi espressioni che l’Arcivescovo, nella propria casa, rivolge agli ormai Preti ambrosiani donando loro il volume dedicato al beato Montini, concludono una mattina di sole che inonda di luce come la gioia che viene dal cuore della Chiesa di Milano.