Nell’ultima domenica dell’Avvento ambrosiano si celebra in Duomo, con la Messa presieduta dall’Arcivescovo, la Solennità della Divina Maternità della Beata Vergine Maria.
E, così, l’omelia, a partire dal Vangelo di Luca con l’annuncio dell’angelo a Maria, si fa riflessione sul mistero del “Dio con noi” che rivela la «stima che Dio ha dell’umanità», al contrario di ciò che spesso gli uomini pensano di loro stessi.
Vi è, infatti, «una sorta di consuetudine a disprezzare la gente, a pronunciare giudizi perentori e generalizzati, a elencare misfatti e disastri che può indurre a pensare che uomini e donne siano troppo mediocri, troppo egoisti, troppo cattivi. Sembra che nessuna grande impresa di bene sia alla portata dell’umanità di oggi», sottolinea il vescovo Mario. In questa logica, «l’inclinazione a sottovalutare se stessi consiglia di rinunciare a incamminarsi verso la santità come meta troppo alta e la recensione delle proprie fragilità suggerisce di sottrarsi a parole definitive e a impegni senza scadenza: la definitività pare più una fatica che una grazia, più che attrarre è temuta».
Eppure proprio il “sì” di una donna di questa terra è condizione per compiere il progetto di Dio. Quindi, occorre non sottovalutarsi mai «non sottraendosi a edificare un umanesimo conforme alla dignità della persona».
In riferimento alla Lettera di Paolo ai Filippesi, sono 3 gli aspetti, di questo umanesimo, che il vescovo Mario mette in evidenza.
In primis, «il comportamento buono, nella ricerca di quello che è vero, giusto, nobile, puro e di una verità affidabile», senza accontentarsi della «mediocrità».
«I cristiani corrispondono alla stima che Dio ha nei loro confronti diventando uomini e donne che si caratterizzano per la nobiltà delle loro scelte e del loro stile di vita. Non lasciate – scandisce l’Arcivescovo, rivolgendosi direttamente ai fedeli – che la giustizia si riduca a una specie di convenzione, la verità a una soggettiva persuasione; credete nella verità, a questo pensate, praticate la giustizia come criterio delle vostre scelte».
Secondo aspetto, la qualità della presenza cristiana nel contesto della vita ordinaria.
«I cristiani diventano testimoni e missionari anzitutto guadagnandosi la stima di coloro che li incontrano. Curano di essere presenza amabile per il loro tratto di gentilezza. Si guadagnano la stima degli altri non perché esibiscono le loro virtù, ma perché sono umilmente coerenti, scelgono il bene e non l’interesse, il servizio e non il potere, la modestia e non l’arroganza. Le nostre comunità e noi stessi ospitiamo anche atteggiamenti sbagliati, ambizioni, passioni risentimenti, conflitti, ma pur consapevoli di essere segnati da fragilità e imperfezioni, continuiamo a credere che c’è un’umanità chiamata a essere gentile, incline alla stima vicendevole, a una collaborazione onesta, al tratto di una benevolenza abituale».
Infine, la gioia. «Siate sempre lieti. I cristiani attingono una gioia misteriosa e invincibile che non è il risultato delle circostanze favorevoli o dei risultati gratificanti. Piuttosto la letizia viene dalla certezza che il Signore è vicino».
Da qui la consegna: «Voi siete capaci di essere uomini e donne all’altezza della vostra vocazione, potete comportarvi secondo verità e giustizia, potete coltivare lo stile dell’amabilità. Siate sempre lieti e non sottovalutatevi».
E, alla fine della Celebrazione, un pensiero per i giorni – pochissimi ormai – che ci separano dal Natale del Signore. «Sono giorni in cui è desiderabile approfondire il riferimento al Signore, essere costanti nella preghiera, e nell’accostarsi al sacramento della riconciliazione per entrare, con cuore puro, nel mistero del Natale». Una possibilità, quest’ultima, che il Duomo offre in ogni momento della sua apertura, per 12 ore al giorno. «C’è qui, e in tante altre chiese, sempre disponibilità per ascoltare e perdonare. Chiediamo a Maria il dono di essere vigilanti nella fede e attenti nella preghiera perché il Natale sia veramente la nostra festa di rinascita».