Sabato 21 novembre, alle 17.15, l’Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, consacrerà il nuovo altare del Centro Eucaristico San Raffaele (via San Raffaele, Milano). È l’antica e storica chiesa, ricca di fede e di arte che al centro di Milano, nel solco di una tradizione antica, offre ancora oggi uno spazio di preghiera e contemplazione di fronte all’Eucaristia, solennemente esposta ogni giorno, a chi, nel silenzio, vuole incontrare Dio, ricercare se stesso, confidare un dolore, consolidare una speranza, rendere grazie per una gioia vissuta o semplicemente fare esperienza della quotidiana presenza di Cristo fattosi “Pane di Vita” per la nostra vita.
Il Beato Paolo VI definiva la chiesa di San Raffaele «un’oasi di pace raccolta che ci sottrae allo strepito della città. Chi vi entra inizia in silenzio un colloquio con il Suo Signore solennemente esposto: è un intimo momento di amore che Gesù dona ai suoi fedeli per renderli testimoni nel mondo».
Nel medesimo solco il cardinale Carlo Maria Martini diceva: «S. Raffaele è centro ideale della città, luogo in cui, entrando nel mistero di Dio che si è fatto povero e umile nell’Eucarestia, si impara a incontrare l’uomo nella parte più intima, più invisibile, là dove vale solo il rispetto, la comprensione, la fiducia. Nessuno è escluso dalla preghiera che si eleva in questa chiesa: qui è presente l’intera città, senza distinzioni di persone. Qui partendo dall’Eucarestia, si fa l’umanità vera».
In tale occasione, dal 31 ottobre al 27 novembre, si terrà all’interno della chiesa l’esposizione di alcune casule e pianete antiche e nuove per testimoniare la loro evoluzione liturgica nel corso della storia. Si parte dall’antica e preziosa casula appartenuta a San Carlo Borromeo, per passare attraverso alcuni capi che precedono e seguono la riforma liturgica del Concilio Vaticano II e chiudere con la presentazione di alcune casule contemporanee. Queste ultime, realizzate su progetto di alcuni artisti, rivelano un’eleganza e una bellezza sobria, ma dignitosa. Le stoffe scelte, artigianalmente ancora tessute a mano, sono a volte impreziosite da lacerti di foglia d’oro ad indicare ora “un cammino di luce” che celebrante e fedeli sono chiamati a percorrere insieme nell’azione liturgica, ora “l’Albero della vita” a cui ogni liturgia orienta.
Il titolo dell’iniziativa – “L’abito liturgico è un “compito” – ne suggerisce il senso: non vuole essere una semplice rassegna di “abiti disabitati”, ma aiutarci a riflettere che, come dice Enzo Bianchi, «rivestendo il suo abito liturgico il presbitero rende visibili il suo ministero di presidenza. Si sveste della sua identità personale di individuo per assumere quella ecclesiale di ministro. C’è un dato significativo: se la casula copre tutto il corpo, appare invece il volto di ogni presbitero, nella sua irriducibile iscrizione, un vero segno del mistero personale di ciascuno. Ogni persona è un volto e, nella liturgia, il volto è la cosa che appare esposta a Dio, ai fratelli, alle sorelle nella sua unicità, nella sua irripetibilità, nella sua alterità santa… L’abito dà uno stile al celebrante e lo stile di fatto detta il modo di camminare, di parlare, di stare, di sentire il mondo e di abitarlo».
Alcuni momenti formativi accompagneranno entrambi gli eventi per mettere in rilievo la loro peculiare sinergia che si rivela nella “bellezza” celebrata nella liturgia. Questa mostra sull’abito liturgico di San Raffaele, costruita con la collaborazione dell’Arcidiocesi di Milano, il Capitolo della Cattedrale e l’Atelier Sirio di Bergamo, non è che la prima tappa di un lungo cammino che vedrà la medesima iniziativa riproporsi negli anni 2016/17 in diverse Diocesi Italiane, che a loro volta arricchiranno la rassegna con capi liturgici propri, testimoni della loro fede locale antica e nuova. L’evento troverà la sua naturale conclusione a Roma.