«All’inizio avevo davanti delle settimane, poi ho iniziato a contare i giorni, poi le ore: ogni ora segnava nel mio lavoro decisioni che sapevo sarebbero ricadute sulla vita o sulla morte di fratelli e sorelle. Ho imparato a chiamare così i pazienti. Pazienti! Quanta pazienza in coloro che hanno attraversato e stanno attraversando queste ore. Pazienza carica di paura e di speranza per TUTTI. Per noi che viviamo con loro la lotta per la vita e per i loro cari che stavano lontani e non potevano fare altro che aspettare, dentro a un vuoto colmo di angoscia. Alle volte quasi automaticamente mi tornavano le parole sentite al catechismo: “e fu sera e fu mattina, primo, secondo, terzo giorno” … e così via in una alternanza che tutti costringeva a una obbedienza alla vita che non ha paragoni con nessuna altra obbedienza».
È la testimonianza di una consacrata, medico, con cui si apre la riflessione di Anna Deodato, che pubblichiamo integralmente in allegato