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Speciale

I fedeli ambrosiani alla Madonna di Fatima

Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Pellegrinaggio/2

«Riconosciamo di avere una missione da compiere»

«La presenza di Gesù rende capaci di fare quel bene di cui c’è bisogno»: così l'Arcivescovo nella Messa nella Cappella delle Apparizioni a Fatima, seguita poi dal rito della Via Crucis

di Annamaria Braccini

5 Settembre 2022
L'Arcivescovo guida la Via Crucis

«La vita non è qualcosa di insignificante in un mondo insensato, riconosci che hai una missione da compiere». Con un invito ad aprirci verso la mano tesa dal Signore – come fece Gesù con l’uomo dalla mano destra paralizzata nella pagina del Vangelo di Luca – l’Arcivescovo si rivolge alla totalità dei pellegrini ambrosiani riuniti presso la Cappella delle Apparizioni di Fatima.

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Nella prima Messa da lui presieduta durante il pellegrinaggio diocesano, concelebrata in rito romano da una decina di sacerdoti ambrosiani, l’Arcivescovo ricorda la memoria liturgica di Santa Teresa di Calcutta – scomparsa 25 anni fa, che visitò il Santuario nel 1982 – e il suo riferimento alla pagina evangelica si fa monito per il presente, per la situazione «complessa che stiamo vivendo». Così l’uomo dalla mano paralizzata, «affetto da un male insuperabile che lo rende invalido, impossibilitato a rendersi utile alla sua comunità», diviene la metafora di quello che siamo, oggi, tutti noi, «immagine dell’umanità in questo momento».

Le tribolazioni dell’attualità

«La situazione internazionale è complicata, il mondo è tribolato per la guerra, quella che ci angoscia di più e che ci tocca più da vicino in Ucraina, ma sembra ovunque in una condizione di stallo – sottolinea infatti l’Arcivescovo, con una denuncia chiarissima -. Ai regimi dittatoriali e ideologici, che si sono imposti in alcuni Paesi, non sembra possibile porre rimedio, cercare un’evoluzione verso la giustizia, la democrazia, la pace. E anche i comportamenti personali paiono segnati da un male che accetta i comportamenti immorali come una situazione irrimediabile, anzi, talvolta come un oggetto d’interesse, di passione, di divertimento per tante vicende di coppie illustri che si separano e che sembrano rendere ordinario il fragile, l’amore che diventa risentimento». Senza dimenticare le tante condizioni personali o quelle giovanili, assai gravi, per cui i ragazzi «sembrano incapaci di affrontare la vita, di mettersi a studiare, a lavorare, a sognare per il loro futuro».

Ma poi c’è la presenza di Gesù, narrata dal Vangelo, presenza «sconcertante» in Sinagoga 2000 anni fa e anche ora, proprio perché il Signore chiede di stendere la mano, di mettersi «a disposizione dell’opera che Dio vuole compiere, rivelandone la volontà e quale sia il modo di rendere culto a Dio in giorno di sabato e in qualsiasi altro giorno. L’intenzione di Dio è di rendere l’uomo, la donna, tutta l’umanità capace di operare il bene, capace di mettere mano a un’impresa, quella di risolvere le situazioni, di affrontarle, di seminare una speranza».

Compiere il bene

«Questo luogo in cui Maria si è rivolta a persone così modeste, così insignificanti, a dei bambini, è il luogo in cui ha invitato a prendere coscienza della serietà del male, della guerra, del peccato. Ha chiesto loro non di compiere qualche straordinaria impresa politica o sociale, ma di invitare la gente a pregare e di costruire un luogo per farlo».

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Come appunto Fatima, da cui viene l’appello che l’Arcivescovo fa suo: «Anche noi siamo qui come poveri pellegrini. Forse portiamo qualche richiesta di preghiera, di persone che sappiamo malate, impedite di fare quello che vorrebbero, in una situazione di povertà. Certamente portiamo in cuore la situazione complessiva che contiene tanti motivi di preoccupazione, per questa umanità paralizzata che non riesce ad aggiustare i problemi e i danni che sono stati provocati. Che cosa possiamo chiedere in questo momento al Signore? Che ripeta questa parola: stendi la mano, riprendi la tua generosità nel servire, accetta anche il limite, non come qualcosa che ti blocca, ma come una situazione per continuare a credere che il Signore è dalla parte del bene, il Signore vuole che l’uomo stia bene, vuole che l’umanità sia guarita, vuole che la speranza non muoia. Questo è il vero culto a Dio: abilitare l’uomo alla pienezza della sua umanità. Questa è l’intenzione di preghiera che raccogliamo per noi, per tutti i limiti che abbiamo e per tutte le persone che ci hanno chiesto una preghiera, di sentirci dire: stendi la tua mano, sblocca la tua situazione, riprendi a vivere in pienezza, riconosci che la presenza di Gesù ti rende capace di fare quel bene di cui c’è bisogno per te, per la tua famiglia, per la tua comunità, per questa società in cui viviamo; stendi la mano, riprendi a compiere il bene di cui sei incaricato».

La Via Crucis

Così come hanno fatto, apparentemente inutilmente, tanti santi semplici volendo, appunto, semplicemente bene: Santa Teresa e i pastorelli che videro Maria, sulle cui orme ci si incammina, subito dopo la celebrazione, per la Via Crucis sulla Cova de Iria, parola arcaica portoghese che indica la valle della pace, su un percorso di tre chilometri che facevano allora i pastori-bambini –  Francesco, Giacinta, morti giovanissimi e già santi (gli unici bambini canonizzati non martirizzati), e Lucia, divenuta suora di clausura è morta nel 2005 -, per portare le pecore al pascolo. Via su cui apparve la Madonna e, prima della Vergine, l’angelo, la prima volta nella data scelta del 16 marzo 1917.

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Le 15 Stazioni in cui sostano i vari gruppi di pellegrini ambrosiani, presso le piccole cappelle finanziate da cittadini ungheresi sparsi per il mondo durante la persecuzione comunista, sono una salita nella preghiera e nella riflessione silenziosa, fino ad arrivare al vertice, con la voce portata nell’ultima Stazione dall’Arcivescovo.

Particolarmente suggestivi i momenti al monumento del Valinhos che ricorda la quarta apparizione, il 19 agosto 1917, quando i tre ragazzini erano appena stati liberati di prigione (erano stati reclusi per giorni perché non si diffondesse la fama delle apparizioni) e alla Loca de Cabeço, dove essi videro l’angelo che dettò loro una sorta di piccola preghiera pedagogica, simile all’Angelo Custode, che infatti viene recitato coralmente dai pellegrini. Commovente notare che il 13 maggio 1982, dalla clausura del convento di Coimbra, suor Teresa poté recarsi a Fatima per una speciale dispensa di Giovanni Paolo II, meravigliandosi che il pur bell’insieme scultoreo (che ricorda l’apparizione con l’angelo) fosse come rovesciato, per cui le statue vennero spostate. La memoria di suor Lucia era chiara nel fare memoria di quella figura, l’angelo, un giovane – disse – quasi trasparente, attraverso cui i piccoli vedevano il cielo.

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Infine, la visita alle case dei tre bambini, esattamente conservate persino nella mobilia, a mostrare, quasi plasticamente, la piccolezza e la semplicità della vera povertà evangelica a cui il Signore parla sempre in modo privilegiato.

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