Nei giorni scorsi in Curia si sono svolti due importanti incontri. Venerdì, per la prima volta nell’anno pastorale in corso, si è riunito il Tavolo di confronto sul tema della Riconciliazione, nato a seguito dell’Anno giubilare e presieduto ora da monsignor Fausto Gilardi, Penitenziere maggiore del Duomo, dopo che monsignor Pierantonio Tremolada è stato nominato Vescovo di Brescia. Il gruppo di 12-15 sacerdoti – tra insegnanti di Morale in Seminario a Venegono, preti che esercitano il ministero della confessione in Duomo, altri provenienti dai Santuari e qualche padre spirituale – ha riflettuto «sul dialogo penitenziale – spiega monsignor Gilardi -, cioè come il sacerdote conduce il confronto con il penitente durante la confessione». L’incontro di mercoledì, invece, ha trattato dell’Amoris laetitia ed era condotto sempre da monsignor Gilardi insieme a don Diego Pirovano, responsabile dell’Ufficio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati: oltre ai 40 confessori del Duomo, ha coinvolto anche la ventina di referenti delle chiese penitenziali della Diocesi, scelte durante l’Anno giubilare.
In particolare su quale tema avete riflettuto?
Sull’Amoris laetitia e le persone separate. È emerso che il documento del Papa mette in evidenza quanto sia importante valorizzare la comunione come luogo spirituale dentro il quale collocare un cammino di discernimento, evitando i due rischi opposti, che ora si può fare tutto e che è tutto come prima. In ultima analisi i verbi che il Papa cita spesso sono: accompagnare, discernere e integrare.
Qual è stata la reazione tra le persone convocate?
Le persone erano molto motivate e interessate al tema, perché capita di affrontarlo spessissimo nell’ambito della confessione. In pratica il confessore deve aiutare il penitente a fare discernimento, cioè a capire la sua situazione interpretata dalla Parola del Signore e alla luce del magistero del Papa.
È questa la linea emersa anche durante l’incontro?
Dagli interventi è emerso che a questi fratelli, che a volte si presentano solo a chiedere «posso fare la Comunione oppure no?», dobbiamo invece chiedere di compiere un cammino di comunione all’interno della Chiesa; attraverso questo percorso poi emergono i criteri di discernimento per arrivare a dire alla fine: «Possiamo ricevere l’Eucaristia oppure no?».
In base alla sua esperienza, da quando è uscita l’Esortazione apostolica di Francesco, le persone che si accostano sono disponibili a compiere questo cammino?
Subito dopo la pubblicazione del documento del Papa, sono arrivate molte persone che volevano l’assoluzione per accedere ai sacramenti e basta. Adesso invece coloro che si accostano sono disponibili a fare un cammino e a vedere insieme la propria situazione, a capire se il primo matrimonio può essere dichiarato nullo, a verificare le condizioni di ognuno. Alcune persone riscoprono davvero un cammino di fede e vogliono nella fede interpretare la loro situazione.
Ci sono passi che si potrebbero compiere all’interno delle comunità, non sempre accoglienti nei confronti delle persone separate?
La comunità anzitutto deve sospendere il giudizio, non deve giudicare, perché non conosce il cuore di queste persone; magari sa se una persona convive o è in seconde nozze. Però al di là del fatto, non si può giudicare, e questo permetterebbe già di accogliere queste persone che fanno parte della comunità. Il Papa tiene a dire con molta chiarezza che non sono scomunicate.
Il valore di questo documento per la Chiesa ambrosiana e non solo è fondamentale…
Il documento mette in luce anzitutto la bellezza e la gioia dell’amore. La stampa ha insistito subito sull’ottavo capitolo, quello dei casi problematici, però i primi sette capitoli mettono in evidenza quanto è grande l’amore e come la Chiesa sia chiamata a testimoniare questo amore nella vita coniugale, da cui passa l’amore di Cristo per la Chiesa, per l’umanità. Chi ha letto integralmente il documento e non si è fermato al capitolo ottavo ha capito la positività di questo intervento del Papa.