Oltre il 90% delle diocesi italiane ha risposto al questionario della seconda Rilevazione sulle attività dei Servizi territoriali di tutela minori e adulti vulnerabili, promossa dalla Cei attraverso il Servizio Nazionale per la tutela dei minori e affidata anche quest’anno agli esperti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza. La Rilevazione, riferita al 2022, ha coinvolto i Servizi regionali, diocesani e interdiocesani e i Centri di ascolto diffusi su tutto il territorio nazionale.
Barbara Barabaschi, professore associato di Sociologia dei processi economici e del lavoro, ha offerto il suo contributo insieme al collega Paolo Rizzi.
Come si è arrivati alla Rilevazione di quest’anno, e quali le novità salienti rispetto alla Rilevazione dell’anno scorso?
Il Servizio Nazionale per la prevenzione degli abusi sui minori e gli adulti vulnerabili della Cei ha avviato la prima indagine con l’idea di mantenere monitorato nel tempo lo stato di attività di tutti i servizi di tutela presenti nelle diocesi italiane. Oggi abbiamo concluso la seconda rilevazione che ha visto un incremento significativo del numero di diocesi e servizi che hanno risposto al questionario di rilevazione che noi ricercatori abbiamo contribuito a predisporre ed esaminare. Il dato più evidente è l’aumento delle attività dei servizi, in particolare le attività formative (partecipanti passati da 7.706 nel 2020, a 12.211 nel 2021, infine a 23188 nel 2022). Prevalgono operatori pastorali e sacerdoti, ma anche aderenti alle associazioni il cui numero è quadruplicato nel triennio 20-22. L’aumento delle attività è dimostrato anche dalla crescita dei contatti, ossia dal numero delle persone che si sono rivolte ai servizi, specie i Centri di ascolto. La motivazione è stata soprattutto quella relativa alla richiesta di informazioni (81,9%), che evidenzia come si sia diffusa la conoscenza dell’esistenza di tali strutture. I contatti per denuncia all’Autorità ecclesiastica sono invece il 18,1%. Nel 2021 prevalevano i contatti per denuncia, seguiti da quelli per ottenere informazioni.
La risposta delle diocesi è cresciuta. Segno di una crescita di sensibilità della comunità ecclesiale riguardo alla tutela dei minori?
Sì, noi l’abbiamo interpretata in tale senso. La Cei, negli ultimi due anni ha cercato di sensibilizzare tutti gli operatori coinvolti e quest’anno i risultati sono stati evidenti, tanto che il tasso di risposta ai questionari inviati è stato oltre il 90%. Tuttavia dalla valutazione delle attività realizzate sono stati evidenziati margini di miglioramento. Per esempio, i responsabili diocesani indicano la necessità di migliorare attività di comunicazione e collaborazione tra enti ecclesiastici e non come ulteriore sforzo affinché la tutela dei minori divenga prioritaria nella vita della Chiesa e in generale delle nostre comunità.
I casi di presunti abusi sono diminuiti rispetto al biennio precedente. Sono emersi più elementi riguardo all’identikit dei presunti autori?
L’analisi del profilo dei presunti autori di reato porta a soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni, in oltre la metà dei casi, con una media di 43 anni. Si tratta per la quasi totalità di maschi (31 su 32), chierici per un terzo, religiosi per un terzo e laici per il rimanente terzo. Con riferimento ai laici, al momento della segnalazione, svolgevano i seguenti ruoli: educatore (5 casi), catechista (1 caso), fondatore di associazione ecclesiale, insegnante di religione, seminarista. Per lo più celibi ma anche 2 sposati. Il tipo di abuso prevalente è “comportamenti e linguaggi inappropriati (offese, ricatti affettivi e psicologici, molestie verbali, manipolazioni psicologiche, comportamenti seduttivi, dipendenze affettive, …)”.
Risulta sempre più centrale il ruolo svolto dai Centri di ascolto, diventati capillari sul territorio, e dell’équipe degli esperti. Cosa ha rivelato sotto questo aspetto la Rilevazione di quest’anno?
Il responsabile, in oltre due terzi dei casi, è un laico o una laica (76%), in misura ben inferiore un sacerdote (16%), o un/a religioso/a (8%). Tra i laici prevalgono le donne, che rappresentano i due terzi dei responsabili dei Centri di ascolto. Le principali competenze possedute sono soprattutto di carattere psicologico, oppure educativo. Nell’indagine precedente prevalevano responsabili con competenze giuridiche.
Ci sono novità, e quali, rispetto alla collaborazione tra i Servizi diocesani, i Centri regionali e altre realtà non ecclesiali presenti sul territorio?
L’aspetto della collaborazione tra enti religiosi e non rimane il più debole tra quelli indagati. Anche lo scorso anno, rispetto al quale sono emersi miglioramenti circoscritti. Anche nel 2022 gli operatori dei servizi individuano ampi margini di miglioramento nelle relazioni tra servizi e istituti e congregazioni religiose e soprattutto con enti non ecclesiastici, sia a livello regionale, sia a livello locale, suggerendo la necessità di rafforzare tali legami nella costruzione di un sistema integrato di tutela dei minori contro gli abusi di ogni tipo, anche attraverso il miglioramento dei flussi comunicativi.
L’intenzione della Cei è di rendere le Rilevazioni annuali. State già lavorando a quella del prossimo anno?
Non ancora, ma abbiamo alcune idee volte a perfezionare gli strumenti di rilevazione, quindi di tipo metodologico, rispetto alla somministrazione dei questionari che si basano sull’esperienza maturata in questi primi due anni. L’obiettivo è arrivare ad avere la partecipazione di tutte le Diocesi italiane, quindi intercettare il 100% dei servizi.