Sono passati sessant’anni da quando un gruppo di giovani dell’oratorio di Rho realizzò un’impresa eroica. Quando la funivia era ancora in costruzione, un manipolo di ragazzi raggiunse a piedi la cima del Sass Pordoi, sulle Dolomiti, con gli zaini pieni di bulloni, ferro e attrezzi: dopo alcuni giorni di lavoro, specie per il basamento, innalzarono una grande croce, alta 7 metri e larga 4, collocata a 2.947 metri di altitudine, sovrastante la Val di Fassa e uno spettacolo da mozzafiato che chi raggiunge la vetta può ammirare. Quel segno e simbolo di fede (ambrosiana) è ancora là: lo sanno bene i tanti appassionati di montagna che hanno conquistato la cima e ai piedi della croce hanno scattato centinaia di foto ricordo.
Domenica 12 giugno un’ottantina di rhodensi – tra i quali anche alcuni giovani di allora (Sergio Chiminello, Luigi Grassini, Angelo Paleari e Luigi Petrò) – sono tornati sul Sass Pordoi per una celebrazione commemorativa. Bambini, giovani e adulti sono partiti il sabato precedente da Rho con un pullman e alcune auto: destinazione Val Gardena con pernottamento a Campestrin, dove in serata è stato presentato il libro della giornalista Angela Grassi Rho in vetta al Sass Pordoi, che racconta la grande impresa del mitico Gruppo alpinistico oratoriano (Gao).
La costruzione
Fu il coadiutore don Stefano Mapelli, nel 1946, a incoraggiare i giovani a costituirsi in gruppo. «Si era appena conclusa la guerra e avevano voglia di vivere le prime vacanze dopo gli anni bui del conflitto – racconta l’autrice -. Andavano in montagna, non erano equipaggiati, dormivano per terra, senza gradi ripari, alcuni di loro erano ex partigiani». È con un altro prete dell’oratorio, don Piero Denna, che nel 1962 i giovani decisero di innalzare una croce sul Sass Pordoi. «La disegnarono, la costruirono, trasferirono i pezzi in Val di Fassa – dice Grassi -. Prima di partire la montarono in piazza San Vittore di Rho davanti all’omonima chiesa e l’allora parroco, monsignor Carlo Maggiolini, la benedisse».
Fu poi smontata e i pezzi distribuiti tra i giovani “eroi” di 22-24 anni. Quell’estate salirono in vetta: accompagnati in furgone da una donna del posto, Valentina Rossetti, fino al Passo Pordoi (2400 metri), proseguirono a piedi fino ai 3000 portando tutto in spalla. In seguito i giovani del Gao organizzarono per anni campeggi di tre settimane estive in val di Fassa attrezzando sempre meglio il soggiorno con costruzioni e tende sempre più funzionali.
Ma torniamo a oggi. Due settimane fa, per ricordare il 60° di posa della croce, i parrocchiani di Rho, ancora una volta zaini in spalla, hanno raggiunto la cima, chi in funivia e chi a piedi, come il prevosto don Gianluigi Frova, che in vetta ha celebrato la Messa in una cornice suggestiva di cielo terso, sole splendente e aria frizzante. Al folto gruppo di ambrosiani si sono aggiunti alcuni abitanti della Val di Fassa e autorità del Comune di Canazei.
Un gesto profetico
Toccanti le parole pronunciate dal parroco durante l’omelia, ricordando il «gesto profetico» dei giovani oggi ottantenni. «Questa croce rappresenta la parabola della vita, dei giovani di allora e anche la nostra», ha detto don Frova. E se da una parte i momenti bui e le prove della vita sono inevitabili, è altrettanto vero che «accanto a noi c’è sempre il Signore crocifisso che ci tiene per mano». Lo stesso arcivescovo Delpini ha voluto essere presente quel giorno con un messaggio (inviato ad Andrea Orlandi, sindaco di Rho) che dice tra l’altro: «I ragazzi dell’oratorio hanno desiderato lasciare un segno sulla montagna: avevano infatti la persuasione che nessuno passa invano sulla terra, che nessuno arriva sulla cima per niente, che nessuno porta un peso sulle spalle senza che serva per costruire qualche cosa. L’educazione cristiana educa a essere coscienti delle proprie responsabilità per il presente e per il futuro».
Una gita che ha scaldato il cuore a tanti, adulti e giovani, senza nostalgia, ma con la gioia di ritrovarsi e condividere un’avventura, accomunati dalla fede e dalla passione per la montagna. Quasi un passaggio di testimone tra ragazzi di ieri e quelli di oggi che ora stanno rilanciando lo storico Gruppo alpinistico oratoriano.
Il libro
Per il 50° della posa della croce un gruppo di parrocchiani era tornato in cima al Sass Pordoi con una targa su cui era scritto «Cercate le cose di lassù». Quest’anno invece il sindaco e il parroco di Rho hanno voluto con forza una pubblicazione che raccontasse la storia del Gruppo alpinistico oratoriano, dalle origini a oggi, compresa la realizzazione della croce.
L’incarico – affidato alla giornalista rhodense Angela Grassi – ha portato come detto alla pubblicazione (testo e foto) di Rho in vetta al Sass Pordoi. «C’è un filo invisibile che lega la nostra città alle cime dolomitiche – scrive il sindaco Andrea Orlandi nella sua introduzione – sottolinea il sindaco -. Un filo tessuto negli anni da coloro che, allora ragazzi, passavano le vacanze allo storico campeggio del Gao». E aggiunge: «Tanti sono gli aneddoti riportati in questo libro davvero piacevole da leggere, ma la cosa più importante che traspare è che ciascun rhodense senta quei pezzi di croce e di roccia come suoi, diventando parte integrante della propria storia personale e familiare». Mentre il prevosto don Gianluigi Frova sottolinea «la straordinaria intuizione educativa perché attraverso il sapore eroico di un’impresa ha fatto sperimentare ai giovani di allora il senso della comunità, l’amore per la montagna, l’orgoglio di essere oratoriani di San Carlo e la spiritualità radicata in Gesù crocifisso e risorto».
Il volume sarà presentato ufficialmente a Rho domenica 25 settembre in occasione della festa patronale e sarà acquistabile con un’offerta libera: il ricavato verrà devoluto per sostenere un progetto. «Raccontare in un libro la storia della croce – spiega l’autrice – è stata una splendida avventura, che ha portato a incontrare persone che hanno saputo incarnare i valori della croce e li hanno trasmessi a figli e nipoti».