Da Il Segno di giugno
Vista dall’esterno, la chiesa parrocchiale della Resurrezione di Gesù a Sesto San Giovanni (Milano) ricorda le forme di una fabbrica. Un particolare che sarebbe piaciuto a don Aldo Farina e don Cesare Sommariva, i due sacerdoti che, all’inizio del 1971, vennero inviati dall’Arcivescovo di Milano, il cardinale Giovanni Colombo, alla «Parpagliona» per occuparsi della cura pastorale degli abitanti di questo quartiere popolare nato all’ombra delle ciminiere della «Stalingrado d’Italia». La parrocchia, costituita il 20 gennaio 1974, festeggia dunque i cinquant’anni di attività e a rendere ancora più solenne questo appuntamento sarà la consacrazione della nuova chiesa da parte dell’arcivescovo Mario Delpini, il prossimo 30 giugno (vedi il box sotto).
Quella della Resurrezione è la storia di una parrocchia che affonda le sue radici in un passato operaio. Pirelli, Breda, Falck e Magneti Marelli impiegavano decine di migliaia di operai, provenienti soprattutto dal Mezzogiorno e dal Veneto – in larga parte di fede politica socialista e comunista – che vivevano nei quartieri di edilizia popolare sorti in tutta fretta attorno alle fabbriche. L’anno successivo, a don Aldo e don Cesare si unì don Giorgio Bersani, che ottenne dal Cardinale l’autorizzazione a lavorare all’Ercole Marelli.
Preti operai, così venivano definiti. Ovvero sacerdoti che sceglievano di mantenersi lavorando (spesso in fabbrica, ma non solo) e compiere la propria opera di evangelizzazione tra gli abitanti dei nuovi quartieri sorti alle periferie delle grandi città come Torino e Milano. Tra gli anni Sessanta e Settanta, quando l’esperienza dei preti operai raggiunse la massima espansione, erano circa 300 in tutta Italia i sacerdoti che fecero questa scelta. Non ci sono, purtroppo, dati aggiornati: i più recenti, infatti, risalgono al lontano 1989 e stimano in 110 il numero di preti operai in Italia ed è verosimile pensare che in questo arco di tempo si sia ulteriormente ridotto.
Fedeli alla loro vocazione, don Aldo, don Cesare e don Giorgio andarono a vivere in un appartamento nelle case popolari del quartiere, affrontando le stesse difficoltà del gregge di cui dovevano prendersi cura. «L’Arcivescovo li aveva inviati a Sesto San Giovanni per costruire una comunità pastorale, fu quello il loro sforzo nei primi anni», racconta Luca Garotta, parrocchiano e responsabile dell’archivio della parrocchia della Resurrezione. I preti iniziarono così un paziente lavoro di «tessitura»: visite concordate alle famiglie, partecipazione alle assemblee in cui si discutevano i problemi del quartiere, promozione di attività e iniziative rivolte ai giovani.
Solo successivamente si diede il via alla costruzione della prima chiesetta, inaugurata nel 1974: «La struttura era quella di un vecchio capannone, composta da quattro piloni che sorreggevano il tetto di lamiera – ricorda Garotta -. I muri vennero realizzati in mattoni a vista, l’altare era un semplice tavolo di legno, i quadri e il crocifisso erano stati realizzati da artigiani del quartiere». Una chiesa «semplice, povera e umile», dunque, come amava ripetere don Aldo, attorno alla quale ruotavano le molte iniziative svolte a beneficio degli abitanti del quartiere.
Con il passare degli anni, con la progressiva chiusura delle fabbriche, anche il quartiere e la parrocchia subirono importanti cambiamenti. Un grande punto di svolta, anche simbolico, fu l’abbattimento della vecchia chiesa nell’ottobre 2006 e la costruzione del nuovo edificio, firmato Cino Zucchi, inaugurato ufficialmente nel 2010. Una chiesa che ricorda una fabbrica, segno di un passato che ha lasciato un’eredità importante e preziosa. E ancora viva.