Nel cuore della Puglia, alle porte del Salento, a Carlo Borromeo è tributato un culto più sentito rispetto a quello già notevole destinatogli dalla Chiesa universale. Un culto non casuale, ma dovuto a un rapporto particolare e privilegiato tra il Santo e Oria, trimillenaria città di origine messapica e antichissima sede vescovile.
A ridosso della festività del Santo Arcivescovo, fra i “quadroni” che adornano il Duomo di Milano notiamo il quinto nella navata di destra dall’ingresso verso il presbiterio: è intitolato Il Santo vende il principato d’Oria e fu realizzato da Giovan Battista Crespi, detto il Cerano, nel 1602. Il dipinto raffigura San Carlo che distribuisce il ricavato della vendita del suo principato di Oria ai poveri milanesi durante la tremenda carestia del 1569.
Ma in che modo Carlo Borromeo era finito in possesso di un principato nella terra d’Otranto? Come riferisce Carlo Marcora, nel 1562 il feudo di Oria fu donato da Filippo II di Spagna al conte Federico Borromeo, fratello maggiore di Carlo e nipote del papa Pio IV. Dopo pochi mesi, però, Federico morì per una febbre, appena 27enne, senza figli. Il principato di Oria passò dunque a San Carlo in una circostanza dolorosa. Il principe Carlo Borromeo esigeva frequenti e dettagliate relazioni sullo stato del principato da parte dei suoi amministratori, in particolare da Girolamo Maggiolino, poi divenuto titolare dell’arcipretura di Monza.
Il governo di Carlo sul feudo oritano, apprezzato dalle autorità locali, non era però destinato a durare nel tempo: maturata la decisione nel corso di alcuni mesi, il principato di Oria fu ceduto nell’estate del 1569 direttamente al Re di Napoli per quarantamila scudi che – appena liquidati – vennero distribuiti tra la più povera popolazione milanese, stremata dalla carestia.
A ridosso della canonizzazione di San Carlo – nella prima metà del XVII secolo – Oria lo annoverò tra i suoi patroni e altri centri vicini lo inclusero tra i compatroni. Sempre in quegli anni il cardinale Federico Borromeo inviò al vescovo di Oria, Domenico Ridolfi, una reliquia di San Carlo, ancora conservata nell’Episcopio oritano: è il grembiale liturgico usato nei pontificali dal Santo. La reliquia è accompagnata da una pergamena vergata dal cardinale Federico.
Determinante è la figura di San Carlo per la vita del Seminario diocesano di Oria. Saggi letterari poetici, prodotti nel XVIII secolo dai seminaristi al termine dell’anno scolastico, citano san Carlo o sono a lui dedicati; il Seminario diocesano oritano, ancora attivo, è intitolato a San Carlo Borromeo. Il culto di San Carlo – partendo da Oria – è tuttora reso visibile nei numerosi quadri e nelle statue presenti in vari Comuni della Diocesi di Oria, ma anche in altri Comuni sparsi nei luoghi sacri delle province di Brindisi, Lecce e Taranto. Rimane solido il legame che, nel nome di San Carlo, da secoli lega Milano a Oria; un legame da riscoprire e valorizzare. Ovviamente con la benedizione del cardinale-principe.