«Diceva Bernardo di Chartres che noi siamo come nani sulle spalle di giganti». Così scriveva Giovanni di Salisbury nel XII secolo: «Possiamo vedere più lontano non per l’acume della nostra vista o l’altezza del nostro corpo, ma poiché siamo sollevati più in alto dalla loro statura».
Parole che valgono anche oggi. I giganti sono i tanti protagonisti del secolo scorso, veri pilastri del pensiero cattolico, maestri di vita nella Chiesa e nella società che hanno contribuito a far nascere e a realizzare il Concilio Vaticano II. A loro è dedicato l’ultimo volume curato da Marco Vergottini, teologo milanese, Sulle spalle di giganti. Storie cristiane dal Vaticano II (Vita e pensiero, 384 pagine, 22 euro). Il libro sarà presentato lunedì 21 ottobre alle 18, alla Fondazione Ambrosianeum (via delle Ore 3, Milano), in un dibattito moderato dal presidente Fabio Pizzul. Oltre all’autore, interverranno Maria Cristina Bartolomei (docente di Filosofia morale e di Filosofia della religione presso l’Università degli Studi di Milano), Luciano Caimi (presidente dell’associazione Città dell’uomo) e Marco Garzonio (presidente emerito della Fondazione Ambrosianeum, poeta, psicoanalista, giornalista).
Il volume propone 39 brevi ritratti di donne e uomini di grande carisma, tra i quali Carlo Maria Martini, Luigi Serenthà, Luigi Bettazzi, Tonino Bello, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Giuseppe Dossetti, Giuseppe Lazzati, Adriana Zarri, Carlo Carretto, Vittorio Bachelet, Tina Anselmi, Mario Luzi, Lorenzo Milani, Maria Eletta Martini. A raccontarli, autori che con loro hanno avuto una stretta familiarità, per amicizia, per frequentazione diretta o per studio.
Fare memoria per oggi e domani
«Che il Concilio Vaticano II sia un punto di non ritorno sul fronte del vissuto ecclesiale, dell’intelligenza teologica e della coscienza di ogni buon credente (vescovo, presbitero o comune fedele) è un dato di fatto assodato, su cui papa Francesco è ritornato più volte – sottolinea Vergottini -. Tuttavia, da questa franca ammissione nei confronti di un’eredità ricevuta e accolta con riconoscenza non risulta legittimato quel “luogo comune” che mira a rappresentare l’evento del Vaticano II come una sorta di fulminea “palingenesi” della riforma della Chiesa, quasi essa abbia avuto inizio magicamente con l’11 ottobre 1962. In realtà, è un’evidenza palmare che l’ultimo Concilio ha conosciuto una lunga fase di gestazione».
Una generazione straordinaria di testimoni e di profeti, di cui fare ancora memoria, per guardare all’oggi e al domani: «L’auspicio – afferma Vergottini – è che l’eredità del Concilio Vaticano II e le storie delle persone che hanno contribuito a farlo nascere, crescere e fruttificare possano essere custodite nella memoria dei credenti del XXI secolo e, soprattutto, delle nuove generazioni».
Fiducia e speranza
Tuttavia questi ultimi decenni complessivamente non esprimono figure così significative. Come sottolinea lo stesso Vergottini: «Nonostante la straordinaria lezione conciliare non abbia ancora ultimato di portare i suoi saporosi frutti, pare poter sommessamente affermare che la generazione post-conciliare dei vescovi, dei teologi e dei maggiori rappresentanti del mondo cattolico non sia in grado di competere con quelle straordinarie personalità. Sia chiaro: il discorso richiederebbe di essere debitamente istruito per interrogarsi sui criteri di reclutamento dell’episcopato, sui nuovi impulsi in atto sul fronte teologico, nonché su un protagonismo dei laici, forse più sbandierato che effettivamente praticato. È pur vero, poi, che ogni stagione storica ha il suo spirito epocale, le sue punte di eccellenza, i suoi dinamismi interni al tessuto ecclesiale e i suoi risvolti esterni in termini di dialogo con la cultura circostante».
Eppure si può guardare con fiducia e speranza anche a questo periodo sempre più complesso. «Senza cadere in diagnosi disfattistiche e apocalittiche (che comunque non possono essere compensate da fughe nell’intimismo o nella coltivazione di narcisismi di qualsiasi sorta) – afferma Vergottini – è consolante lasciarsi guidare dalla saggezza maturata nel passato, quando dopo un’età aurea di geni e di creatività somma è succeduta un’epoca da iscriversi in un profilo meno esaltante e più ordinario. Gli attori di oggi, seppur nani rispetto ai grandi maestri fondatori del passato, possono persino sopravanzarli, guardare “oltre” e più in profondità l’orizzonte, onorare così e rivitalizzare quella preziosa eredità ricevuta come dono».