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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Riflessione

Quando il fallimento apre la porta per i segni della salvezza

Pubblichiamo l'omelia ispirata alle Nozze di Cana pronunciata dall'Arcivescovo nella celebrazione eucaristica presso la Comunità pastorale “Discepoli di Emmaus”, nel contesto della Visita pastorale al Decanato di Rozzano

di monsignor Mario DELPINIArcivescovo di Milano

17 Gennaio 2021
Le Nozze di Cana, affresco di Giotto nella Cappella degli Scrovegni di Padova

Per tutti quelli che…

Per tutti quelli che hanno preparato una festa e ne hanno constatato il fallimento.

Per quelli che hanno passato ore ad aspettare una visita tanto desiderata e sono arrivati a sera soli e delusi.

Per quelli che hanno sognato una carriera proporzionata alle loro qualità e ai loro studi e si sono dovuti accontentare di posizioni mediocri.

Per quelli che hanno atteso un grande amore per dare senso ed entusiasmo alla loro vita e hanno avuto l’impressione di non essere interessanti per nessuno.

Per quelli che hanno immaginato un matrimonio felice per sempre, con una intesa perfetta, con una corona di figli, con una intensità di affetti affidabili e non hanno avuto i figli che pensavano e non hanno avuto la felicità e la fedeltà che si immaginavano.

Per i bambini che avevano la spontanea inclinazione a sentirsi sicuri e protetti tra persone premurose e si sono trovati in famiglie fragili.

Per quelli che contavano di avere una salute di ferro e hanno ricevuto la diagnosi di una malattia che può solo peggiorare.

Per quelli che erano convinti di un benessere assicurato e si trovano in una condizione precaria, persino povera.

Per quelli che hanno affrontato viaggi e pericoli, immaginando di arrivare in una terra promessa e sono arrivati in un paese che non sa cosa farsene di loro e li tratta come pericolosi invasori.

Per quelli che si sono fidati degli altri e sono stati imbrogliati.

Per tutti quelli che sperimentano la vita come una delusione noi celebriamo la domenica e proclamiamo il Vangelo che racconta delle nozze in Cana di Galilea.

Il vino buono tenuto da parte

Questo è anche il senso della visita pastorale.

Il vescovo visita tutte le comunità della diocesi per dire: voi mi state a cuore, io ho stima di voi, sono ammirato del gran bene che si fa in questa comunità.

Il vescovo viene a condividere un senso di appartenenza: siamo la Chiesa! Non una istituzione locale carica di storia e di strutture, concentrata sulla sua sopravvivenza e neppure un insieme di gruppi di sopravvissuti, indaffarati in mille cose, inseguendo mille scadenze. Siamo l’unica santa Chiesa di Dio che cammina nella storia. Ogni comunità è dentro la comunità più grande: il decanato, la Diocesi, la Chiesa universale.

Abbiamo finalità comuni, abbiamo percorsi condivisi. Le priorità pastorali indicate durante la visita pastorale decanale del Card. Angelo Scola sono quelle che orientano il nostro cammino sull’essenziale: il riferimento a Gesù Risorto presente nell’eucaristia per vivere secondo il suo Spirito, la cura perché ogni giovane sia aiutato a vivere la vita come vocazione, la responsabilità di essere presenti nella vita ordinaria come sale e luce della terra.

Il vescovo viene per incoraggiare a perseverare nella missione e nell’edificazione della comunità cristiana in questo tempo, in questo luogo. L’incoraggiamento non è una forma retorica, ma una parola di Vangelo.

E la parola di Vangelo che il vescovo porta è l’annuncio del compimento sovrabbondante delle speranza che muovono la vita di ciascuno. Paolo scrivendo ai Colossesi (cfr Col 2,1-10a) esorta i discepoli a non lasciarsi ingannare da vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana. Credo che si possa intendere questa filosofia dell’inganno come l’invito alla rassegnazione, l’accontentarsi di quello che l’umanità può creare, il proporzionare il desiderio ai limiti che si impongono.

Piuttosto come avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede, come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie… È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui.

Chiamati alla pienezza

Come a Cana di Galilea Gesù ha tenuto da parte il vino buono per offrirlo al compimento della festa, così in ogni nostra storia la fede in lui permette di gustare la pienezza della vita di Dio in Gesù.

Quale gusto ha questa pienezza, questo vino buono che Gesù dona per la nostra festa?

Ha il gusto che si sperimenta quando la vita rivela il suo significato, oltre il suo fallimento. Noi siamo chiamati con una vocazione santa. Non viviamo a caso e per niente, ma siamo in cammino verso la terra promessa da Dio, verso la grande festa che Dio prepara per il suo popolo. Secondo il profeta, Dio strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli…. Eliminerà la morte per sempre. Asciugherà le lacrime su ogni volto. Vediamo così che la nostra vita non è uno scarto, ma una chiamata alla gloria.

Ha il gusto della gioia che deriva dalla consolazione, dal percepire e credere nell’amore che Dio ha per noi. Siamo destinatari di una premura, di una sollecitudine che entra nella storia di ciascuno per riempire la vita di una speranza che non delude.

Ha il gusto di una festa condivisa. Nessuno può essere felice da solo e chi accoglie l’invito di Dio si sente convocato con tutti i popoli. L’umanità è vocazione alla fraternità universale, come ricorda Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti.

 

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