«Bisogna essere molto prudenti perché gli accordi che si fanno con i Paesi del Nord Africa, del Medio Oriente e altri che coinvolgono i richiedenti asilo e i migranti per limitare i flussi verso l’Europa rischiano di dimenticare i diritti umani fondamentali di queste persone, spesso violati nei campi di detenzione dove sono parcheggiati». Lo dice mons. Silvano Maria Tomasi, del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, commentando alcuni passi del messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale della pace che si celebrerà il 1° gennaio 2018. «È giusto tener presente l’equilibrio da mantenere tra immigrati e bene della comunità che li riceve – afferma mons. Tomasi – ma non dobbiamo chiudere gli occhi e il cuore davanti alla realtà».
In questo messaggio papa Francesco critica una diffusa retorica politica di chi semina violenza, discriminazione razziale e xenofobia, ed esorta i governanti a misure pratiche nell’accoglienza. Come si costruisce questo equilibrio?
«Questi ultimi cinque o sei anni hanno visto un arrivo abbastanza massiccio, a volte un po’ disordinato, di richiedenti asilo e immigrati per ragioni economiche, che ha suscitato delle paure. Non si possono semplicemente ignorare le paure della gente, bisogna prenderne atto e dare una risposta ragionevole ed intelligente. Questo si può fare tenendo conto che l’esperienza e l’evidenza mostrano quanto, a lungo andare, la migrazione diventi un bene per gli immigrati, per i Paesi di accoglienza e per i Paesi di partenza. Dobbiamo gestire intelligentemente questo fenomeno. Questo è il primo passo che dobbiamo fare. Inoltre dobbiamo creare una mentalità che conosca realmente quello che sta avvenendo nel processo di migrazione: le ragioni per cui la gente scappa via dal proprio Paese perché lì non trova le condizioni per vivere dignitosamente. L’aspirazione ad una vita degna, ad una certa libertà, si deve attuare in una maniera che coinvolga tutti i Paesi e tutta la famiglia umana. Dobbiamo mostrare solidarietà verso queste persone, tenendo conto che il bene comune domanda un equilibrio tra il bene delle comunità che ricevono i migranti e le necessità di chi arriva in cerca di un futuro migliore».
Il Papa invita i governanti alla prudenza e a stabilire misure pratiche «nei limiti consentiti dal bene rettamente inteso»: quali sono questi limiti? C’entrano anche gli accordi che l’Italia ha fatto con la Libia e le politiche europee sull’immigrazione?
«Bisogna essere molto prudenti perché gli accordi che si fanno con i Paesi del Nord Africa, del Medio Oriente e altri che coinvolgono i richiedenti asilo e i migranti per limitare i flussi verso l’Europa rischiano di dimenticare i diritti umani fondamentali di queste persone, spesso violati nei campi di detenzione dove sono parcheggiati. È giusto tener presente l’equilibrio da mantenere tra immigrati e bene della comunità che li ricevono ma non dobbiamo chiudere gli occhi e il cuore davanti alla realtà. Noi che stiamo meglio e che abbiamo la possibilità di farlo, dentro i limiti in cui possiamo realmente farlo, senza mascherarci dietro facili egoismi, dobbiamo cercare di aiutarli e dare una risposta positiva».
Nel messaggio il Papa invita ad usare uno “sguardo contemplativo” nei confronti di migranti e rifugiati. Cosa intende?
«Il Papa intende uno sguardo compassionevole e complessivo. Non si può guardare al fenomeno delle migrazioni solo dal punto di vista della sicurezza senza tener conto delle sicurezze di chi ha bisogno di protezione e di assistenza per poter vivere in maniera degna. Importante è che ci sia una disponibilità a conoscere oggettivamente la realtà delle migrazioni, il bene che porta, il contributo positivo. E allo stesso tempo sapere che ci sono limiti nella capacità di accoglienza. Ma questi limiti non sono misurabili con il metro dell’egoismo personale e collettivo ma con il metro dell’oggettività, della disponibilità reale a rispondere alle necessità dei nostri vicini e del prossimo che si trova in difficoltà».
Papa Francesco auspica anche l’approvazione dei due patti globali delle Nazioni Unite sui migranti e i rifugiati, e il coinvolgimento di tutta la Chiesa in questo processo.
«La Santa Sede attraverso la sua rete diplomatica è presente ed attiva nel discutere e nel negoziare questi accordi. Che saranno accordi non obbligatori ma un punto di riferimento per la costruzione di politiche nazionali da parte degli Stati che partecipano nella preparazione di questi Trattati. È importante che la voce del Papa che si riferisce direttamente a questa realtà sia ascoltata dalle Conferenze episcopali e dalle organizzazioni di volontariato cattolico impegnate in questo campo per contribuire ad avere questi accordi in maniera rispettosa dei diritti fondamentali delle persone e in particolare dei richiedenti asilo e migranti, perché anche loro partecipino alla vita pubblica secondo le loro capacità, dando un contributo e meritando di essere veramente parte della società in cui vivono».