In occasione dell’ultima ordinazione presbiterale (11 giugno 2016), nella sua omelia il cardinale Scola invitava i sacerdoti a considerare che «l’orizzonte del nostro ministero è l’intero Popolo di Dio. È questa, tra l’altro, una tradizione ben radicata da secoli nella storia e nello stile pastorale della Chiesa ambrosiana (…). Se vien meno questo orizzonte integrale, la nostra azione, anche se piena di intensità e di dedizione, rischia di perdere il suo carattere missionario e il nostro ministero tende a diventare un ruolo».
Sulla scia di queste e altre suggestioni i preti presenti alla seduta del Consiglio presbiterale svoltasi il 29 novembre al Centro pastorale di Seveso si sono confrontati ampiamente sulle problematiche che i cambiamenti in corso stanno introducendo nella vita e nella missione del presbitero impegnato nella pastorale giovanile, mettendo a fuoco in particolare due nodi: la comunione e la fraternità dentro il presbiterio e con le altre figure significative della parrocchia. Tanti interventi hanno indicato nella qualità del presbiterio il primo elemento di sostegno nel cammino del ministero: si è auspicato che cresca sempre più un presbiterio capace di essere sostegno tanto nella vicinanza fisica e quindi collaborativa, quanto nella fraternità ministeriale fondata sulla condivisione del vissuto.
Guardando alla complessa realtà della Chiesa di oggi, poi, è emersa l’importante riflessione sulla ricerca di vie di collaborazione e corresponsabilità con altre figure educative che arricchiscono gli oratori e le Comunità pastorali e che entrano a far parte della vita e della missione di un giovane prete.
Nessuno intervento ha nascosto le reali difficoltà della situazione attuale di chi si misura con diversi oratori contemporaneamente, con diverse comunità cristiane o con una “pastorale d’emergenza”. I consiglieri hanno rilevato che oggi un sacerdote si trova a fare i conti con la difficoltà di trovare linguaggi per parlare ai ragazzi, con la “scarsa” disponibilità dei ragazzi e dei giovani a un coinvolgimento attivo nella vita pastorale, a causa di problemi di tempo, di scuola, di sport, di famiglie complesse e, non ultimo, di fede. Tra i motivi di difficoltà, qualcuno ha indicato anche l’incapacità dei giovani di assumersi responsabilità sul lungo periodo (a volte tanto entusiasmo, ma non affidabile nel tempo) o il fenomeno di coloro che, soprattutto nella fascia adolescenziale-giovanile, manifestano volontà o desiderio di approfondire un cammino, ma spesso si rivolgono a esperienze extra-parrocchiali.
In conclusione l’Arcivescovo ha invitato a recuperare l’immagine della prima comunità cristiana, che fondava il suo agire sull’essenziale. L’invito rivolto a ogni sacerdote è stato quello di dedicare impegno e tempo a rendere incisiva la propria presenza curando la qualità della vita missionaria dell’oratorio e della pastorale giovanile. Occorre anche aprire il cuore a quella relazione cristiana che è la comunione, la cui radice è trinitaria, ci apre a una paternità e a una figliolanza che ci accomuna nella stessa esperienza della fede in Cristo Gesù.