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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Testimonianza

Preti ambrosiani pellegrini in Terrasanta: «Abbiamo detto ai cristiani che non sono soli»

Dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, don Marco Zanotti (parroco di Merone) e don Michele Somaschini (vicario parrocchiale a Seregno) sono stati i primi a recarsi nei luoghi sconvolti dal conflitto. L’incontro con il Patriarca e il Custode: «Ci hanno ringraziato»

di Enrico VIGANÒ

19 Febbraio 2024
Don Somaschini e don Zanotti (a destra) con il Custode e il Patriarca

I primi pellegrini in Terrasanta dopo il 7 ottobre sono stati due sacerdoti della diocesi di Milano, don Marco Zanotti (parroco di Merone) e don Michele Somaschini (vicario parrocchiale a Seregno nella parrocchia Beata Vergine Addolorata al Lazzaretto). Da quel 7 ottobre – quando i terroristi di Hamas hanno sferrato un attacco senza precedenti contro Israele, distruggendo e massacrando migliaia di persone – tutti i collegamenti turistici con Israele sono bloccati. Eppure don Zanotti e don Somaschini hanno deciso ugualmente di recarsi in Terrasanta. E ci sono riusciti.

Ma cosa li ha spinti ad andare a Gerusalemme nonostante tutto e tutti? «La nostra decisione viene da una scelta puramente di fede – risponde don Zanotti -: volevamo andare a Gerusalemme per incontrare i cristiani e dire loro che non sono soli e che tanti cristiani in Italia pregano per loro e aspettano il momento per ritornare ad abbracciarli. Abbiamo trovato una situazione bellissima e surreale, di una bellezza struggente, che non avevo mai visto nei tanti pellegrinaggi che ho fatto in Terrasanta»

In che senso?
Perché in questo momento non si trova nessuno per le strade. I luoghi sacri sono aperti, ma al loro interno sono presenti solo i monaci e i frati che pregano secondo i ritmi della Chiesa.

Quando siete atterrati a Tel Aviv, quale è stato l’impatto?
In tutto l’aeroporto c’erano solo tre aerei. Non c’era nessuno. Ci siamo recati subito a Gerusalemme, nella città storica, e anche qui non c’era nessuno, se non i pochi abitanti composti da un manipolo di cristiani, di ebrei e musulmani.

Avete avuto modo di avvicinarvi a Gaza?
Non ci è stato assolutamente permesso: là la situazione è incandescente e tutte le vie di accesso sono bloccate.

Avete incontrato anche il patriarca, cardinale Pierbattista Pizzaballa, e il Custode di Terrasanta, padre Francesco Patton. Quale il loro messaggio?
Ci hanno ringraziato. E siamo rimasti stupiti per questo grazie.

Perché?
Ce lo hanno detto loro stessi: perché eravamo i primi pellegrini che arrivavano dopo il 7 ottobre e vederci è stato per loro un motivo di speranza: almeno qualcuno non si era dimenticato dei cristiani di Terrasanta. Il Custode ci ha raccontato come la presenza dei frati nei luoghi di conflitto è costante, la loro presenza è un aiuto immenso per la gente.

Il cardinale Pizzaballa dice che non possiamo schierarci né da una parte, né dall’altra, perché entrambe hanno compiuto atrocità… È questa anche la posizione dei cristiani in Terrasanta?
Questa posizione il Patriarca l’ha sempre sostenuta. La Chiesa non si schiera né con i terroristi né con Israele, ma è chiamata a dire la verità. E la verità non è nelle armi, nell’odio, nella morte. Il Cardinale ci ha riferito come la parrocchia di Gaza sia diventata un centro di primo soccorso, proprio un ospedale da campo come dice il Papa. Metà chiesa della parrocchia è adibita alla cura e assistenza dei malati e l’altra metà all’ordinarietà di tutti i giorni: mangiare, dormire e pregare.

Avete avuto modo di incontrare anche rappresentanti di Israele?
Si, e dobbiamo dire che ci hanno riservato un’accoglienza bella e rispettosa. Ci hanno raccontato quanto sta succedendo, senza mai trascendere con giudizi di parte. Hanno mostrato una voglia di ricominciare. Credo che l’elemento su cui palestinesi e israeliani dovranno impegnarsi nei prossimi anni è quello del dialogo al loro interno innanzitutto.

Magari anche perdonare… per ricominciare…
Sarebbe il massimo. Il perdono è una visione profondamente cristiana. Una delle più grosse fatiche del popolo islamico e ebraico è stato, a mio giudizio, l’aver sottovalutato nella loro predicazione il tema della pace.

Come vivono i cristiani palestinesi in questo momento?
Fanno fatica, molta fatica, perché la maggioranza di loro fondava il loro sostentamento sui pellegrinaggi, lavorando nelle strutture ricettive e nei negozi artigianali. Per questo è indispensabile che ci sia un aiuto concreto per loro soprattutto in questa Quaresima, in modo particolare il Venerdì Santo, che la Chiesa riserva per la preghiera e per la raccolta delle offerte per la Terrasanta.