Leggendo la Proposta pastorale dell’Arcivescovo (leggi qui la presentazione) mi si è davvero aperto il cuore, perché aiuta tutti noi a ritornare al centro. Al centro del nostro agire, e soprattutto del nostro essere. Ristabilisce la priorità nelle nostre azioni quotidiane.
Nel testo Pregare per vivere di monsignor Delpini (leggi qui il testo integrale) una frase in particolare ha attirato la mia attenzione, suscitando un esame di coscienza: «Vorremmo che le nostre comunità si riconoscessero anzitutto per essere case della preghiera, oltre che case della carità, scuole di preghiera, oltre che offerta di doposcuola». Mi chiedo se anche per chi ogni giorno sostiene gli ultimi e ha a che fare con le fasce più fragili della società sia davvero così necessario mettersi davanti a Dio e testimoniare sempre la misericordia del Signore. A volte è difficile prendersi un giusto tempo di pausa, curando bene la preghiera e la liturgia. Viene piuttosto la tentazione – lo dico per esperienza personale – di farsi assorbire dalle mille incombenze, urgenze ed emergenze, giustificando l’impegno per “gli ultimi” come un atto di preghiera. Ma, sempre per esperienza, so bene che non è così: la fatica estenuante nel sostenere chi è disperato, chi ha continuamente bisogno di un appoggio, chi non riesce a diventare autonomo, esaurisce un po’ “le pile”.
Scrive dunque bene l’Arcivescovo: «Come sarà possibile conservare la gioia nei giorni tribolati della storia umana? Come sarà possibile sostenere il logoramento dei tempi faticosi, senza perdere la speranza? Quali vie si dovranno percorrere per camminare insieme, decidere insieme, vivere in comunione con persone, storie, culture così diverse? Il Signore Gesù, in un momento di frustrazione per sé e per i suoi, rivolge il suo invito: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28)».
In effetti tutte le volte che riusciamo a ritagliarci un tempo conguo per stare alla presenza del Signore, in silenzio, viene data una tale pace e grazia che poi realmente ci sentiamo sollevati e capaci di affrontare ogni difficoltà. «Senza momenti prolungati di adorazione, di incontro orante con la Parola, di dialogo sincero con il Signore, facilmente i compiti si svuotano di significato, ci indeboliamo per la stanchezza e le difficoltà, e il fervore si spegne», riprende l’Arcivescovo da Evangelii Gaudium di papa Francesco.
E in una spiritualità monastica dell’ora e labora che caratterizza il territorio del sud Milano – in cui ha sede il centro Nocetum – comprendo ancora di più l’importanza di riprendere l’invito del cardinale Martini di mettere «la preghiera nella città» e «portare la città nella preghiera».