«In generale l’uomo non prega volentieri» (Romano Guardini).
L’Arcivescovo, nella sua Proposta pastorale, inizia con una constatazione: «Ho l’impressione che sia una pratica troppo trascurata da molti» (p.9). Forse il fastidio che essa ci procura o il crederla materia recepita e acquisita, ha ridotto e riduce la preghiera ad accessorio.
Le premesse sono importanti: «Propongo quindi di vivere nel prossimo anno pastorale, ma con lo scopo che diventi pratica costante, una particolare attenzione alla preghiera» (p.8). La proposta è quella di riscoprire – singoli e comunità – la preghiera come forma del vivere, come fondamento irrinunciabile, come luogo del decidere. La questione è: come educhiamo alla preghiera?
«Bisogna diffidare dei preti (…). Siccome hanno l’amministrazione dei sacramenti, lasciano credere che ci sono solo i sacramenti. Dimenticano di dire che c’è la preghiera e che la preghiera è almeno la metà. I sacramenti, la preghiera: due cose. Essi tengono i primi, ma noi disponiamo sempre della seconda» (Charles Péguy). Tralasciando l’iperbole dell’autore, qui il carattere popolare insito che dovremmo recuperare è: non si tratta di quell’esercizio del sacerdozio comune da più parti evocato?
«Preghiamo troppo poco e in modo troppo diverso da come prega Gesù» (pagina 12). Generata dall’Eucaristia, la preghiera vive di tensione continua: «Il tuo desiderio è la tua preghiera: se continuo è il tuo desiderio, continua è pure la tua preghiera» (Agostino). E Autore di desiderio – sempre eccedente – è quella dynamis che anima il desiderio di Cristo: lo Spirito. Infatti «non sappiamo come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26).
«Pregate nello Spirito Santo» (Gd 20b). Torniamo al Cenacolo per poter imparare la perseveranza e la concordia della preghiera e lasciare che sia lo Spirito in noi a giubilare, lodare, ringraziare, danzare, adorare, cantare, intercedere. Con una precisazione sostanziale: più che parlarne occorre farne esperienza.
Riscopriamo il dato comunitario: «Noi conosciamo due soli tipi fondamentali di preghiera: la preghiera liturgica e la preghiera privata. La preghiera liturgica è comunitaria, ma non è spontanea; la preghiera privata è spontanea ma non è comunitaria. Occorrono momenti in cui si possa pregare spontaneamente, come lo Spirito detta, ma condividendo la propria preghiera con altri, mettendo insieme i vari doni e carismi ed edificandosi ognuno col fervore dell’altro. Occorre, insomma, una preghiera che sia spontanea e comunitaria insieme» (Raniero Cantalamessa).
Lasciamoci educare dallo Spirito ad una preghiera personale e a una preghiera comunitaria carismatica secondo l’auspicio dell’Arcivescovo: «Anche altre espressioni di spiritualità di associazioni e movimenti devono entrare con semplicità e regolarità nella vita di ogni comunità» (p.76).
Saranno così manifesti i «percorsi che lo Spirito suggerisce» (p.46).
Nello Spirito possiamo dire «Gesù è il Signore!» (1Cor 12,3b): Kyrie!
Nello Spirito esultiamo e cantiamo con «salmi, inni, canti ispirati» (Ef 5,19a): Alleluia!
Nello Spirito pronunciamo «l’Amen del ringraziamento» (1Cor 14,16b): Amen!
Il Rinnovamento nello Spirito Santo vuole dar seguito alle parole dell’Arcivescovo e aiutare le comunità a riscoprire la grazia della preghiera. In particolare desidera offrire alcuni momenti di Roveto Ardente – adorazione eucaristica – «per lasciare che lo Spirito di Dio preghi in noi e ricevere le ispirazioni provvidenziali» (p.74).
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Questa è l’esperienza della preghiera.
Kyrie, Alleluia, Amen!