«La specificità europea è quella del primato e del valore della persona. Ragionare sul futuro dell’Europa vuol dire fare vedere in che modo il cristianesimo ha lavorato per modificare il legame sociale e come c’è spazio ancora per questo». Monsignor Luca Bressan, Vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale, spiega perché la Chiesa ambrosiana sarà impegnata nei prossimi mesi con alcune iniziative e dibattiti ad approfondire i temi legati all’Europa per non disperdere un grande patrimonio ideale.
Perché la Diocesi proporrà la riflessione sull’Europa?
La scadenza immediata sono le elezioni europee. L’idea è di leggerle per quello che devono essere: un momento per approfondire cosa vuol dire essere cittadini e impegnarsi nella costruzione del futuro. Quindi primo aspetto è tirar fuori le elezioni dal rischio di un provincialismo e di una dimenticanza che ci proietta solo sull’Italia, quasi che potessimo costruire un futuro senza immaginare il destino dei popoli. Su questo è evidente il richiamo alla cattolicità della fede, alla riflessione non soltanto politica, ma a partire dalla nostra fede che chiede di farci carico del bene di tutti. I due incontri sono voluti proprio in questa direzione: da una parte in che modo è possibile immaginare il ruolo della fede in Europa oggi, facendo vedere che c’è ancora una vitalità e una capacità delle Chiese, anche della cattolica, di costruire il futuro europeo. Dall’altra ragionando da un punto di vista più tecnico sull’essere cittadini europei, sapendo che c’è una specificità che è giusto custodire e che è un bene per tutto il mondo.
Un valore da non disperdere…
Certo. Se uno guarda effettivamente il modo con cui sono organizzate le altre società, sia quelle americane sia quelle asiatiche, si accorge che ciò che l’Europa ha da dare agli altri è il primato della persona e penso in particolare al Welfare.
Tuttavia oggi l’Europa è percepita come espressione dei tecnocrati, non mancano chiusure di autodifesa, il fiorire dei populismi. Come può essere rilanciato l’ideale europeo?
Non vogliamo immaginare solo un’Europa delle istituzioni (non siamo ingenui: le istituzioni servono), ma intendiamo rilanciare un’Europa dei popoli, un contesto in cui si possa realizzare il destino comune che costruisce una fratellanza, una fraternità seria, a partire da valori condivisi che permettono il riscatto dei più poveri e dei più deboli, facendo vedere che questo è il modo migliore per riconoscersi come fratelli e amici.
Storicamente il ruolo dei cristiani e dei politici di ispirazione cristiana è stato decisivo nella costruzione dell’Europa. Quale può essere oggi il loro contributo?
Quello di ricostruire una politica. In un momento in cui c’è assenza di politica e – come dice spesso il cardinale Scola – il destino dell’umanità lo costruiscono i tecnici, c’è bisogno invece di rilanciare una politica per lavorare tutti al bene comune, anche con la formazione di persone competenti. Ma c’è bisogno soprattutto che ognuno si senta responsabile del bene dei fratelli.
Eppure in questa tornata elettorale esiste la possibilità di un’affermazione di forze populiste che rischia di mettere in discussione il patrimonio accumulato in questi decenni…
Certo, ciò è dovuto soprattutto alla mancanza di memoria. C’è il rischio che nel decadimento dell’idea di Europa si dimentichi qual è stato il nostro passato e quali sono le nostre radici, non soltanto cristiane ma anche antropologiche: l’idea di uomo che siamo riusciti a costruire e di cui godiamo i benefici».
Dal Rapporto del Toniolo emerge un segnale di speranza: i giovani vedono l’Europa come prospettiva di futuro…
È molto interessante questo aspetto, perché è una domanda che dobbiamo porci tra tutte le generazioni: sono gli adulti i più pessimisti, disincantati, frastornati e senza ideali. Per cui i giovani ci insegnano che effettivamente il compito degli adulti è tornare ad avere ideali. Sembra che la rivoluzione mediatica che è in atto abbia fatto regredire più gli adulti che i giovani.