In questo ultimo giorno di pellegrinaggio siamo rimasti a Cascia, dove abbiamo pernottato per tutta la settimana. Saliti al Santuario di Santa Rita, dove siamo stati accolti da padre Mario, rettore agostiniano, abbiamo visitato la Basilica inferiore, che ospita il corpo della beata Maria Teresa Fasce: una suora genovese che volle fortemente venire a Cascia e che viene pregata da chi è affetto da tumore, essendone stata colpita per 27 anni. C’è anche la reliquia di un miracolo eucaristico avvenuto nel XIV secolo (davanti alla quale ha pregato il beato Carlo Acutis). Dopo essere stati introdotti dal priore alla biografia di Santa Rita, la classe di ordinazione 2014, in occasione del “saluto” di uscita dal Decennio, ha animato la preghiera delle Lodi mattutine.
La domanda: come esserci?
A seguire l’Arcivescovo ci ha offerto una meditazione sulla prossimità del prete alla gente a imitazione dello stile di Gesù. Anzitutto, ha sottolineato, il modo di Gesù di essere vicino è, paradossalmente, quello di allontanarsi, di sfuggire da attese e pretese (cf Gv 6,15) per compiere la volontà del Padre: di fronte alla folla che vuole farlo re, Gesù si ritira sul monte a pregare. La missione del prete non è accontentare le persone, ma osservare il mandato, dimorando in Gesù perché senza di lui non si può fare nulla.
In secondo luogo, il nostro modo di essere vicini è, prima che un’organizzazione o un’iniziativa, un modo di guardare e aiutare a guardare (cf Lc 12,27). Siamo chiamati a convertire lo sguardo per riconoscere quanto il Signore sta operando, ad avere fiducia per sfuggire da quell’umore un po’ depresso che attanaglia le nostre comunità.
Infine, in vista del Giubileo, la pagina di Levitico 24,4-5 ci richiama a «lasciar riposare la terra». Essere vicini alle persone per lasciarle riposare, aiutarle a fermarsi, a sciogliere la stanchezza che viene da una vita frenetica che non lascia respiro. Ci chiediamo se una proposta pastorale debba aggiungere «cose da fare» alla gente, oppure immaginare un’azione pastorale attenta a quello che le persone già spontaneamente offrono, pensando la domenica come giorno gratuito di festa e di riposo, offrendo meno stimoli, ma accogliendo le domande, sospendendo iniziative replicate per inerzia per inserire momenti alternativi e gratuiti. Domandiamoci come esserci, semplicemente esserci.
Interrogarsi al termine del cammino
Dopo un tempo di silenzio dedicato alla preghiera, alla confessione e alla visita privata al Monastero degli Agostiniani (che custodisce le reliquie di Santa Rita, dalla corona all’anello nuziale, passando per le prime due casse in cui è stata sepolta), ci siamo spostati nella Basilica superiore, iniziata nel 1937 e consacrata nel 1947, che custodisce le spoglie della Santa. Don Andrea Regolani, responsabile dell’Ismi, ci ha lasciato alcune domande di fine pellegrinaggio. Come posso rivitalizzare la mia preghiera? A chi posso farmi vicino oggi? Quali passi per vivere questa vicinanza? Quale sguardo esterno posso cercare maggiormente per guardare più in profondità il mio cammino, il mio ministero?
La Santa Messa conclusiva è stata presieduta da monsignor Delpini, che nell’omelia seguita alla pagina evangelica della moltiplicazione dei pani nella redazione giovannea, ha evidenziato come Gesù si rivolga all’apostolo Filippo forse per metterlo alla prova, rivolgendogli una domanda «imbarazzante», a cui egli non sa come rispondere. Anche a noi Gesù pone domande come queste: «Cosa possiamo fare per tutta questa gente?». Filippo mostra rassegnazione e impotenza, Andrea mostra invece inadeguatezza nel vedere un ragazzo con solo cinque pani e due pesci. Di fronte a domande imbarazzanti cui non si sa come rispondere, è meglio fare come dice Gesù: «Fateli sedere». I discepoli sono invitati a essere semplicemente discepoli, a seguire Gesù e a obbedire alla sua Parola.
In preghiera davanti a Santa Rita
Al termine della celebrazione, il priore ci ha dato la possibilità unica di entrare nel monastero claustrale per accedere internamente alla cappella che custodisce l’urna con il corpo di Santa Rita (altrimenti visibile solo attraverso) una grata, e lì concludere con l’orazione e il canto.
Così si conclude il pellegrinaggio dei preti ambrosiani nel primo decennio di ordinazione. Torniamo alle nostre case e comunità di ministero carichi di testimonianze e parole che ci hanno fatto assaporare quanto sia decisivo farsi prossimi, aprire gli occhi e, semplicemente, esserci.