Il pellegrinaggio che, come è ovvio, è sempre più di un viaggio o di un semplice spostarsi da un luogo all’altro perché è un camminare fisicamente e idealmente sulle strade della fede e del nostro cuore. Potrebbe essere questa la sintesi della riflessione che fra’ Roberto Pasolini, sacerdote dei Frati minori francescani, predicatore della Casa Pontificia, definisce, appunto «la logica di ogni pellegrinaggio».
Dal 14 al 16 marzo tanti fedeli ambrosiani guidati dall’Arcivescovo vivranno il pellegrinaggio giubilare. Quale è lo spirito corretto con cui intraprenderlo?
Il Giubileo è l’occasione per la Chiesa e, quindi, per tutti i cristiani di sperimentare la categoria del “viaggio santo”, che noi chiamiamo appunto pellegrinaggio e che simbolicamente esprimiamo, per esempio, andando a Roma in questo Anno santo. Tuttavia, dobbiamo essere consapevoli che si tratta di una categoria di cui ci parla l’intera rivelazione biblica – ebraica e cristiana -, fin dai tempi dei Patriarchi. Pensiamo ad Abramo, che deve intraprendere un viaggio di fede per arrivare nella terra promessa con lo stesso peregrinare che farà il popolo di Israele lasciando l’Egitto. Senza dimenticare i viaggi scanditi dai canti dei Salmi che compiono tutti gli israeliti, compreso Gesù stesso, recandosi a Gerusalemme per le grandi feste.
Questo come segna il nostro presente di pellegrini di speranza?
Tutti gli eventi che divengono riti, ci ricordano quale sia lo statuto fondamentale della vita umana – e, dunque, anche della nostra -, ossia che siamo, come dice la Scrittura e ripeteva san Francesco, pellegrini e forestieri, in questo mondo, alla ricerca di una patria. Il viaggio restituisce così la simbologia fondamentale con cui interpretare anche la nostra stessa esistenza: un viaggio da questo mondo al Padre.
Nel concetto di pellegrinaggio è presente in profondità anche un’idea di conversione?
Certamente perché il pellegrinaggio può essere un momento aurorale, un principio. Non a caso, il passaggio attraverso la Porta santa – per noi la porta è Cristo – ci impone una verifica per cui ciascuno esprime (o dovrebbe farlo) la decisione di attingere alla misericordia del Signore, operando un rinnovamento a partire dallo scoprirci amati da Dio. E, perciò, anche disposti a mettere a frutto tale misericordia perché la nostra vita possa fiorire e tornare a essere un bene e un servizio per gli altri.
Cosa si dovrebbe portare a casa da un pellegrinaggio giubilare?
Credo che sia un’occasione unica per rimettersi in cammino, varcando una soglia che ci mette in comunione con uno spazio diverso rispetto a quello che abitiamo quotidianamente. La speranza è che non si torni soltanto, magari, un poco emozionati, ma che il pellegrinaggio aiuti a dinamizzare ogni nostro giorno. L’auspicio è che il passaggio della Porta santa rappresenti un momento di riappropriazione del nostro battesimo e della nostra vita errante, nel senso più ampio e profondo del termine, aiutandoci a spostarci dalle nostre fissazioni per ricreare quei movimenti che spalancano le porte. Questo è il punto: varchiamo la porta di Cristo, ma non servirà a molto se, poi, torniamo senza riuscire a riattraversare tutte le porte che ci mettono in comunicazione con gli altri, con la realtà che ci circonda, con una speranza rinnovata.
Esiste una cifra specificamente “francescana” del pellegrinaggio?
Henry David Thoreau, un autore che ha scritto pagine molto belle sul viaggio, dice che, quando si parte per una vetta, bisognerebbe vivere questo momento come una partenza definitiva. Credo che questo sia lo spirito del pellegrinaggio cristiano. È chiaro che tutti vogliamo tornare alle nostre abitazioni, però la metafora del pellegrinaggio ci dovrebbe restituire l’idea che possiamo davvero guardare avanti con uno sguardo più fiducioso, anziché ripiegarci sempre sui beni che possediamo, sulle cose che abbiamo acquisito, cioè su quello che invecchia la nostra vita. Questa, forse, è la caratteristica anche francescana del pellegrinaggio: un cristiano che lascia tutto e si rimette in cammino – come fece Francesco – perché sa che il suo vero tesoro è il cielo, è il regno di Dio, la casa del Padre.