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La Diocesi nel Cammino sinodale

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Vaticano

Papa Francesco: «Non abbiamo bisogno di una Chiesa seduta»

Nella Messa a conclusione del Sinodo il Pontefice ha tracciato l'identikit della Chiesa sinodale, «una Chiesa in piedi», che raccoglie il grido dell'umanità e non cammina «secondo i criteri del mondo». «Il Signore lo si segue lungo la strada, non nei labirinti delle nostre idee»

di Maria Michela NICOLAISAgensir

28 Ottobre 2024
Un momento della Messa (foto Vatican Media / Sir)

«Non una Chiesa seduta, ma una Chiesa in piedi. Non una Chiesa muta, ma una Chiesa che raccoglie il grido dell’umanità. Non una Chiesa cieca, ma una Chiesa illuminata da Cristo che porta la luce del Vangelo agli altri. Non una Chiesa statica, ma una Chiesa missionaria, che cammina con il Signore lungo le strade del mondo». È l’immagine con cui papa Francesco, nell’omelia della messa presieduta nella basilica di San Pietro a conclusione del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, ha sintetizzato i tratti di una Chiesa sinodale.

Il punto di partenza additato alle padri e madri sinodali è l’esperienza del cieco Bartimeo che, una volta recuperata la vista, seguiva Gesù «lungo la strada», come dice il Vangelo. «Questa è un’immagine della Chiesa sinodale – ha spiegato Francesco -. Il Signore ci chiama, ci rialza quando siamo seduti o caduti, ci fa riacquistare una vista nuova, affinché alla luce del Vangelo possiamo vedere le inquietudini e le sofferenze del mondo; e così, rimessi in piedi dal Signore, sperimentiamo la gioia di seguirlo lungo la strada».

«Dinanzi alle domande delle donne e degli uomini di oggi, alle sfide del nostro tempo, alle urgenze dell’evangelizzazione e alle tante ferite che affliggono l’umanità, non possiamo restare seduti – ha esordito Francesco -. Una Chiesa seduta, che quasi senza accorgersi si ritira dalla vita e confina se stessa ai margini della realtà, è una Chiesa che rischia di restare nella cecità e di accomodarsi nel proprio malessere. E se restiamo seduti nella nostra cecità, continueremo a non vedere le nostre urgenze pastorali e i tanti problemi del mondo in cui viviamo».

L’esempio da seguire è quello del cieco Bartimeo, la cui posizione iniziale, nel Vangelo, «è tipica di una persona ormai chiusa nel proprio dolore, seduta sul ciglio della strada come se non ci fosse nient’altro da fare se non ricevere qualcosa dai tanti pellegrini di passaggio nella città di Gerico in occasione della Pasqua». «Ricordiamoci questo, invece – il monito del Papa -. Il Signore passa, sempre il Signore passa e si ferma per prendersi cura della nostra cecità». «Per vivere davvero non si può restare seduti», ha ripetuto Francesco, secondo il quale «vivere è sempre mettersi in movimento, mettersi in cammino, sognare, progettare, aprirsi al futuro».

Il cieco Bartimeo, allora, «rappresenta anche quella cecità interiore che ci blocca, ci fa restare seduti, ci rende immobili ai bordi della vita, senza più speranza». «E questo può farci pensare, oltre che alla nostra vita personale, anche al nostro essere Chiesa del Signore – ha attualizzato il Pontefice -. Tante cose, lungo il cammino, possono renderci ciechi, incapaci di riconoscere la presenza del Signore, impreparati ad affrontare le sfide della realtà, a volte inadeguati nel saper rispondere alle tante questioni che gridano verso di noi come fa Bartimeo con Gesù».

«“Non abbiamo bisogno di una Chiesa seduta e rinunciataria, ma di una Chiesa che raccoglie il grido del mondo e si sporca le mani per servirlo», la tesi del Papa, che ha lanciato un monito preciso: «Quando siamo seduti e accomodati, quando anche come Chiesa non troviamo le forze, il coraggio e l’audacia necessaria per rialzarci e riprendere il cammino, ricordiamoci di ritornare sempre al Signore e al suo Vangelo».

La Chiesa sinodale è «una comunità il cui primato è nel dono dello Spirito», che ci rende tutti fratelli in Cristo e ci eleva verso di lui». «Il Signore lo si segue lungo la strada, non nei labirinti delle nostre idee», ha aggiunto a braccio esortando i presenti a «camminare lungo la strada insieme al Signore, dietro a lui e con lui». «Non restare seduti nelle nostre cecità – l’altro invito a braccio -, cecità che si può chiamare comodità, cuore chiuso. Il Signore passa, il Signore passa tutti i giorni, il Signore passa sempre e si ferma per prendersi cura della nostra cecità. Io lo sento passare? Ho capacità sentire i passi del Signore, di discernere quando il Signore passa, di sentire il grido dei bambini schiavizzati in tante parti del mondo per il lavoro, di sentire quella voce spezzata di chi non ha più neanche la forza di gridare a Dio perché non ha voce, perché si è rassegnato?», le domande esigenti fuori testo. «Ritornare al Signore, ritornare al Vangelo, sempre e di nuovo – la consegna finale -.Proseguiamo con fiducia il nostro cammino insieme. Anche a noi oggi la Parola di Dio ripete, come a Bartimeo: “Coraggio, alzati, ti chiama”. Deponiamo il mantello della rassegnazione, affidiamo al Signore le nostre cecità, mettiamoci in piedi e portiamo la gioia del Vangelo per le strade del mondo».