«A voi, giovani, che coltivate sogni grandi, ma spesso offuscati dal timore di non vederli realizzati; a voi, giovani, che a volte pensate di non farcela; a voi, tentati in questo tempo di scoraggiarvi, di giudicarvi inadeguati o di nascondere il dolore mascherandolo con un sorriso; a voi che volete cambiare il mondo e lottate per la giustizia e per la pace; a voi, che ci mettete impegno e fantasia, ma vi sembra che non bastino; a voi, giovani, di cui la Chiesa e il mondo hanno bisogno come la terra della pioggia; a voi che siete il presente e il futuro; sì, proprio a voi, giovani, Gesù dice: “Non temete!”».
Dalla notte della Veglia alla mattina in cui si celebra la Messa di chiusura della Gmg, con il milione e mezzo di pellegrini che hanno trascorso le poche ore intercorse tra le due celebrazioni, dormendo per terra al Campo da Graça, la parola è sempre la stessa: «Non temete!». Un filo d’oro che cuce fede e gioventù, speranza e risurrezione, gioia e cadute, Giornata mondiale e ritorno alla vita di tutti i giorni. La parola che il Papa, sul grande palco, ripete più e più volte, perché rimanga scolpita, perché la Gmg non sia solo una festa, seppure splendida di colori e fraternità, ma un’occasione per seguire il Signore secondo i tre verbi che Francesco – in riferimento al Vangelo di Matteo 17, 1-9 nel giorno in cui si ricorda la solennità della Trasfigurazione – indica all’inizio della sua omelia (leggi qui): «Brillare, ascoltare e, appunto, non temere».
La consegna
Brillare, come brilla il sole sopra i pellegrini che prendono parte, nel raccoglimento, al rito, dove tutto parla del significato della Giornata, come le casule dei concelebranti – 30 cardinali, 700 vescovi, 10 mila sacerdoti -, con l’immagine simbolica del cammino, dell’andare, della strada, icona della Gmg. O come i tre cerchi che si intersecano sulla croce astile, sul Pastorale del Papa e che sono incisi sui calici, a rappresentare il mistero della Trinità.
Brillare, perché, sottolinea ancora il Santo Padre, «anche noi abbiamo bisogno di qualche lampo di luce per affrontare il buio della notte, le sfide della vita, le paure che ci inquietano, l’oscurità che spesso vediamo attorno a noi. Il Vangelo ci rivela che questa luce ha un solo nome: Gesù». Quel Signore da ascoltare, «dialogando con lui, leggendo la sua Parola per sapere quale è il cammino dell’amore».
Infine, la consegna ai «carissimi giovani»: «Vorrei guardare negli occhi ciascuno di voi e dire non temere. Ma vi dico una cosa molto più bella: Gesù stesso ora vi guarda, lui che vi conosce e vi legge dentro: vi guarda nel cuore, vi sorride e vi ripete che vi ama sempre e infinitamente. Andate allora, e portate a tutti il sorriso luminoso di Dio. Andate e testimoniate la gioia della fede, la speranza che vi scalda il cuore, l’amore che mettete in ogni cosa. Brillate della luce di Cristo. Ascoltate lui per diventare anche voi luce del mondo».
Poi, dopo la preghiera universale (recitata in diverse lingue, persino in mandarino e in arabo), l’offertorio (con i doni portati all’altare dai volontari e dalle famiglie che hanno ospitato i pellegrini) e il saluto finale del cardinale Kevin Joseph Farrell, (prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita), ecco il mandato con Francesco che consegna la croce della Gmg a ragazzi dei cinque continenti. In rappresentanza di tutti i loro coetanei sparsi nel mondo ai quali il Papa rivolge l’annuncio tanto atteso.
La prossima Gmg
«Vi aspetto a Roma per celebrare nel 2025 il Giubileo dei Giovani. La prossima Giornata Mondiale della Gioventù avrà luogo in Asia, in Corea del Sud, a Seul, nel 2027. Dal confine occidentale dell’Europa, da qui, ci si trasferirà in Estremo Oriente: un segno dell’universalità della Chiesa».
L’Angelus
Non manca, naturalmente come ogni domenica, la preghiera dell’Angelus che si fa ringraziamento per i giovani, gli organizzatori, le autorità civili – tra cui il presidente della Repubblica portoghese, Mercelo Rebelo de Sousa, che ha seguito costantemente ogni evento con il Santo Padre, -, per il patriarca di Lisbona, il cardinale Manuel Clemente (che aveva portato il saluto di benvenuto iniziale), per la città ospitante definita «casa di fraternità e città dei sogni».
Un “grazie” speciale va «a chi ha vegliato sulla Gmg dall’alto, cioè ai Santi patroni dell’evento: uno su tutti, Giovanni Paolo II, che ha dato vita alle Giornate Mondiali della Gioventù».
E tutto con il pensiero rivolto anche ai ragazzi che non c’erano, ma hanno partecipato a iniziative organizzate nei loro Paesi dalle Conferenze episcopali e dalle Diocesi. «Penso, ad esempio – sottolinea il Santo Padre -, ai fratelli e alle sorelle subsahariani riuniti a Tangeri».
Ma soprattutto «accompagniamo con la preghiera coloro che non sono potuti venire a causa di conflitti e di guerre. Nel mondo sono tante. Pensando a questo continente, provo grande dolore per la cara Ucraina, che continua a soffrire molto. Amici, permettete a me, anziano, di condividere con voi giovani un sogno che porto dentro: è il sogno della pace, il sogno di giovani che pregano per la pace, vivono in pace e costruiscono un avvenire di pace. Attraverso l’Angelus mettiamo nelle mani di Maria, Regina della pace, il futuro dell’umanità. E, tornando a casa, continuate, per favore a pregare per la pace. Voi siete un segno di pace per il mondo, una testimonianza di come le nazionalità, le lingue e le storie possono unire, anziché dividere. Siete la speranza di un mondo diverso. Grazie di questo. Avanti».
«Obrigado – grazie – a Te, Signore Gesù; a te, Madre nostra Maria». E scatta l’applauso che sembra non finire mai.