Oltre un milione di persone hanno partecipato a Roma ai solenni funerali di Giovanni Paolo II, solo in piazza San Pietro 300 mila persone e 200 capi di Stato e di governo, molti anche i rappresentanti delle religioni cristiane e non. Ha presieduto la celebrazione il cardinale decano Joseph Ratzinger. Il Papa sarà sepolto nelle grotte vaticane.
di Luisa Bove
I solenni funerali di Giovanni Paolo II celebrati questa mattina in piazza San Pietro sono forse l’evento maggiore dei 26 anni di pontificato di Wojtyla. Numerosi i rappresentanti delle religioni cristiane e non, duecento tra capi di Stato e di governo e oltre 300 mila fedeli hanno partecipato alla celebrazione, mentre si calcola che altre 700 mila persone hanno seguito dai maxischermi sparsi a Roma. La folla attenta e silenziosa ha atteso davanti alla basilica l’uscita della bara, seguita da 164 cardinali (117 dei quali parteciperanno al conclave). Sulla bara di cipresso, semplice e spoglia, solo un simbolo, una “M” incisa a indicare la devozione del Papa alla Vergine Maria: «Totus Tuus».
Nella piazza molti i cartelli portati dai fedeli che chiedono: «Santo subito» e lo gridato anche al termine dell’omelia del cardinale Joseph Ratzinger, che in qualità di decano ha presieduto la celebrazione. Molte le bandiere polacche listate a lutto che si notano in piazza, insieme a un folto gruppo di fedeli che stendono un drappo giallo con scritta la loro provenienza: “Wadowice”, il paese del Papa. Il segretario, che Giovanni Paolo II chiamava “don Stanislao” (e che ha ringraziato nel suo testamento «per la collaborazione e l’aiuto così prolungato negli anni e così comprensivo») è visibilmente commosso.
Alle due letture in spagnolo e inglese, e al vangelo in latino, è seguita la predica di venti minuti di Ratzinger, interrotta 13 volte da scroscianti applausi, a cominciare da quando il Cardinale ha ricordato il forte legame di Giovanni Paolo II con i giovani. E mentre il vento girava le pagine del vangelo rosso appoggiato sulla bara (immagine che abbiamo già visto per il suo predecessore Paolo VI), il decano legge lentamente l’omelia scandendo bene le parole, quasi a voler fissare nel cuore di tutti questo memento «pieno di tristezza», ma anche «di gioiosa speranza e di profonda gratitudine».
Ricorda i momenti salienti della vita di Karol, fin da quando, giovane studente, «era entusiasta della letteratura, del teatro, della poesia». E poi da lavoratore «in una fabbrica chimica, circondato e minacciato dal terrore nazista». È allora, dice Ratzinger, che ha sentito la voce del Signore: «Seguimi!». Un invito che ha cambiato la vita al futuro Papa, che lo convinse a entrare nel seminario clandestino voluto dal cardinal Sapieha. Solo dopo la guerra Wojtyla ha potuto completare gli studi teologici all’Università di Cracovia. Egli è stato sacerdote «fino in fondo», perché «ha offerto la sua vita a Dio per le sue pecore e per l’intera famiglia umana». Ha servito la Chiesa soprattutto nelle difficili prove degli ultimi mesi. «Il nostro Papa – lo sappiamo tutti – non ha mai voluto salvare la propria vita, tenerla per sé», ha sottolineatto Ratzinger, «ha voluto dare se stesso senza riserve, fino all’ultimo momento per Cristo e così anche per noi».
A molti altri «Seguimi!» Wojtyla ha ubbidito nella sua vita. Nel 1958, quando è divenuto Vescovo ausiliare di Cracovia, incarico che lo ha costretto ha lasciare l’«insegnamento accademico», la «stimolante comunione con i giovani» e il grande «agone intellettuale». Ma soprattutto il 16 ottobre 1978, quando è divenuto Pastore della Chiesa universale. E solo grazie al suo radicamento a Cristo «ha potuto portare un peso che va oltre le forze puramente umane».
Forte l’immagine dell’evangelista Giovanni che il cardinal Ratzinger ha voluto richiamare. «Quando eri più giovane andavi dove volevi», ha detto pensando al forte Wojtyla, «ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». I primi anni di pontificato sono stati infatti ricchi di viaggi apostolici, ma poi, sempre di più il Santo Padre ha dovuto – suo malgrado – rallentare il ritmo. Fino all’agonia di questi ultimi tempi in cui «il messaggio della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente e fecondo».
Tutti ricordano l’ultima volta in cui Giovanni Paolo II, segnato dalla sofferenza, si è affacciato alla finestra del Palazzo apostolico per la benedizione “Urbi et orbi”, ma ora «il nostro amato Papa sta alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci benedice». Con un lunghissimo applauso la folla saluta per l’ultima volta la salma di Giovanni Paolo il Grande, che verrà sepolto nelle grotte vaticane.