I santi e beati che ci parlano, che continuano a insegnare la scelta privilegiata per i poveri, per le periferie del mondo, per una Chiesa in uscita, come diciamo oggi, in una pratica quotidiana di vita buona sulle frontiere dell’impegno nel Ministero ordinato, nella consacrazione, nel laicato.
Circondati dalle 3400 statue che paiono vegliare dentro la Cattedrale e tra le guglie, tanti fedeli vivono la solennità di Tutti i Santi prendendo parte al Pontificale solenne presieduto dall’Arcivescovo e concelebrato dai Canonici del Capitolo metropolitano.
I santi amici
Quella dei santi non è «una folla senza volto e senza nome, ma una moltitudine immensa nella quale riconoscere gli amici, volti familiari con cui dialogare», dice, aprendo la sua omelia, il vescovo Mario che ripercorre – tra brevi cenni biografici e stralci di loro scritti – la vicenda terrena di coloro che, ambrosiani di nascita o con qualche legame con la Diocesi, sono stati elevati agli onori degli altari nel 2022. Come don Mario Ciceri, il coadiutore della parrocchia del piccolo paese di Sulbiate in Brianza che visse la sua intera vita nella esemplarità evangelica, e come Armida Barelli, la “vagabonda si Dio”, come fu definita, per il suo visitare instancabile tante realtà e comunità in Italia e all’estero. Entrambi beatificati proprio in Duomo il 30 aprile scorso.
«Don Mario ci parla con le parole semplici e ci rivela che questa è la strada per passare attraverso la grande tribolazione, purificarsi nella fedeltà quotidiana e praticare la misericordia nel perdonare i peccatori, nel consolare gli afflitti, nel vincere il male con il bene, nei gesti minimi di ogni giorno. Riconosciamo Armida Barelli, di una buona famiglia borghese di Milano, che è stata per molte donne la “Sorella maggiore”, per incoraggiare il cammino verso la santità, la libertà, la fierezza della propria missione e che ha portato in ogni parte d’Italia la sua presenza incisiva, provocatoria, appassionata».
E, ancora, san Giovanni Battista Scalabrini, canonizzato il 9 ottobre 2022. «Vescovo di Piacenza dal 1876, acuto interprete del suo tempo, che aprì strade nuove per gli emigranti, per i sordomuti, per l’impegno dei laici nella Chiesa» e che tanto si prodigò per i migranti, avendo osservato, proprio nella stazione di Milano, la folla dei poveretti che partivano verso l’America. Da lui prese origine la Congregazione dei Missionari di San Carlo, gli “Scalabriniani”, che ancora oggi a Milano sono attivi nella Chiesa di Santa Maria del Carmine, portando il loro importante contributo al cammino della nostra Chiesa come Chiesa dalle genti, aggiunge l’Arcivescovo.
Dunque, modelli esemplari, vissuti in tempi e temperie culturali diverse, ma che testimoniano tutta la forza della loro contemporaneità. Anche attraverso il martirio del sangue, come Charles de Foucauld (1858-1916), canonizzato il 15 maggio 2022, «sacerdote e militare, esploratore del deserto del Sahara e studioso della lingua e della cultura dei Tuareg, assassinato in un agguato all’età di 58 anni. Un maestro di preghiera che continua a ispirare, anche grazie alla testimonianza delle Piccole Sorelle di Gesù presenti da anni a Milano, la via dell’abbandonarsi a Dio per trovare la vita ed essere felici». Di quella felicità che nasce vedendo nel volto dei più poveri e piccoli, il Signore. Come fu per don Luigi Maria Palazzolo, canonizzato il 15 maggio 2022, bergamasco, il cui carisma continua a nutrire Milano con la presenza della Congregazione delle Suore Poverelle che si fanno carico delle fragilità nell’Istituto che porta il nome del loro fondatore.
Da qui la conclusione.
Fare amicizia con i santi
«La solennità di Tutti i Santi è l’occasione per contemplare la vocazione alla santità di ognuno e per fare amicizia con i santi che la Chiesa ci propone come modelli da imitare. È anche l’occasione per riconoscere i santi che sono tra noi e per rendere grazie della testimonianza che offrono qui a Milano tanti uomini e donne che tengono viva la via di santità aiutando la nostra Chiesa. Perciò raccogliamo l’invito a conoscerne la vita, gli scritti perché ci incoraggino a vivere, nella nostra condizione particolare, l’unica via che porta alla santità».
Alla fine arriva un pensiero anche per coloro che non sono più tra noi. «Sentiamo partecipi anche i nostri cari defunti che ricordiamo con particolare affetto in questi giorni e invochiamo la benedizione perché porti saluto, gioia, senso di appartenenza a tutti noi che siamo qui radunati – ai molti sordi che partecipano a questa Eucaristia, salutati con il tradizionale gesto delle mani dall’Arcivescovo che li cita esplicitamente – e a coloro che ci seguono da remoto. Per tutti questa benedizione sia di consolazione e incoraggiamento».