«Siate voi i colori del mondo, la primavera di questo tempo».
Li saluta, così, tutti insieme, abbracciandoli idealmente. E, loro, i 61.000, che sono arrivati da tutta la Diocesi, per vivere il momento, sempre straordinario, dell’incontro annuale dei ragazzi della Cresima con l’Arcivescovo, rispondono con un boato che nemmeno la “Scala del calcio” pare riuscire a contenere.
Dopo aver camminato per oltre mezz’ora fuori dai cancelli, con i ragazzi, i loro educatori, genitori, padrini e madrine, sacerdoti e religiose, stringendo centinaia di mani, fermandosi tra immancabili selfies, foto di gruppo; dopo aver visitato gli oltre 1000 figuranti e aver sostato con i meno fortunati – bimbi, giovani e adulti disabili -, il vescovo Mario entra, infatti, al “Meazza”.
10.000 persone in più, rispetto alla tradizionale “carica dei 50.000”, si vedono e si sentono. Accompagnato dal Consiglio Episcopale Milanese, tra cui tutti i Vicari episcopali di Zona (che vengono applauditi con particolare calore dagli abitanti delle rispettive porzioni della Diocesi), e dal direttore della Fom, don Stefano Guidi, l’Arcivescovo fa il giro del campo, mentre su grandi pannelli luminosi appare la frase “In che senso?”, titolo dell’incontro, della Lettera scritta dal Vescovo ai cresimandi e cresimati 2019 e del Cammino preparatorio “dei 100 giorni”.
Le coloratissime coreografie, i dialoghi proposti dalle voci guida e le brevi riflessioni affidate ai Vicari, delineano il riferimento indicato nella Lettera e centrato sui 5 sensi corporei come modo per comprendere i doni dello Spirito. Così, le parole, le invocazioni, la preghiera, il brano del Vangelo di Luca proclamato a bordo campo e i gesti simbolici – come quando, incredibilmente, tra gli spalti scende il silenzio, «per sentire lo Spirito» – divengono il suggestivo emblema del vederci chiaro, del gustare la vita, del profumare di buono, del saper distinguere con l’intelletto.
L’omelia dell’Arcivescovo
«Le orecchie sono fatte per ricevere i suoni, la musica e il rumore, servono per catturare ogni suono, le parole buone e anche quelle cattive, quelle che non si devono dire. Gli occhi sono fatti per vedere – vedo i fiori e la spazzatura, ma vedo anche la lampada che mi ricorda che Gesù è presente nel tabernacolo, anche se non lo vedo – e per catturare tutto quello che sta intorno», dice il Vescovo.
E, poi, il gusto: «sento quello del cibo e dell’ostia consacrata»; il tatto che «è fatto per prendere cose, per stringere la mano amica, per abbracciare la mamma, per prendere, qualche volta, quello che nono si dovrebbe». Il tatto delle mani, «con cui tocco anche il crocifisso e gli faccio una carezza, attraverso il quale prendo e stringo quello che mi interessa».
Ancora, «con l’odorato sentiamo il profumo e pure la puzza. I sensi servono per ricevere i messaggi dell’ambiente in cui viviamo, ma noi non siamo fatti solo per ricevere. Lo Spirito di Dio, che viene in noi, ci rende capaci di iniziare a dare: ecco perché siamo vivi, perché non soltanto riceviamo, ma doniamo, non siamo solo amati e serviti, ma serviamo».
Da qui, la consegna: «Ringraziate per ciò che ricevete, gustate, odorate, sentite, toccate, ma cominciate a dare, seminate sorrisi, dite parole buone, Offrite abbracci e carezze, diffondete il profumo della bontà, condividete quanto nutre il vostro corpo e la vostra anima».
«Ricevete la Cresima che rende capaci di donare, di prendersi cura degli altri perché siano contenti, fate qualcosa per gli altri, non pretendete solo che si faccia qualcosa per voi».
Un invito che diviene, nelle parole che l’Arcivescovo scandisce, un compito affidato direttamente a ragazze e ragazzi. «Prendete un foglio e scrivete: “Chi posso rendere contento oggi?”. Appendetelo sulla porta della vostra camera. Ogni mattina, leggetelo, e, alla sera, domandatevi chi avete reso contento. Se avrete dato gioia a qualcuno, potete dormire tranquilli perché l’angelo di Dio vi accompagna con il suo sorriso. Incarico anche catechiste e catechisti di venire nelle vostre case per vedere se avete seguito quanto vi ha chiesto il Vescovo».
Ormai, con il sole che sta tramontando, ci si avvia verso gli ultimi degli otto momenti dell’incontro. La serata si conclude con la descrizione del gesto missionario – per il quale si raccolgono le offerte all’uscita -. Un progetto per costruire, in Libano, la prima comunità per minori non accompagnati scappati dalla guerra in Siria (sulle gradinate i figuranti disegnano, allora, una casa con al centro un grande cuore rosso). Infine, la preghiera per l’oratorio, composta dallo stesso Vescovo, la recita corale del Padre Nostro tenendosi per mano e la benedizione. Mentre migliaia e migliaia di luci dei telefonini si accendono – «per dare un significato di fraternità alla città e per illuminare, con la nostra piccola luce, portando la benedizione del Signore»-, si liberano in cielo i palloncini colorati e l’Inno alla Gioia di Beethoven accompagna l’Arcivescovo e i Vicari in un altro giro di campo. Ovviamente pieno di entusiasmo.