Martedì 5 settembre ricorrono i 120 anni della presenza dei Padri Oblati Vicari al Santuario della Madonna del Bosco di Imbersago (Lecco). Questo importante anniversario sarà celebrato mercoledì 6 settembre alla presenza dell’Arcivescovo eletto monsignor Mario Delpini: il programma della giornata prevede alle 15.15 la recita del Santo Rosario meditato, alle 16 la Messa solenne presieduta da Delpini e concelebrata dai sacerdoti della Congregazione degli Oblati e dai preti dei Decanati di Brivio e di Merate; al termine, visita alla mostra sul quarto centenario dell’Apparizione della Madonna del Bosco.
«Dio ha bisogno degli uomini» era il titolo di un film francese del 1950. Ma se Dio ha bisogno degli uomini, anche la Madonna ne ha bisogno. È certo che al Santuario di Imbersago la Vergine Maria ha trovato nei Padri Oblati Vicari un valido aiuto per portare a Gesù tante anime. Sono state e sono tante le persone che arrivano al Santuario. Attratte dalla Madre di Dio, si presentano a Lei con il loro fardello più o meno carico di problemi. C’è chi è appesantito e rallentato dalla stanchezza della vita e chi con la gioia spenta nel cuore. E i Padri sono lì – insieme ad altri sacerdoti – giorno dopo giorno, ad attenderli come il padre misericordioso della parabola evangelica.
Era il 5 settembre 1897, esattamente 120 anni fa, quando padre Romano Beccalli arrivò al Santuario quale primo assistente, andando ad abitare in alcuni locali sopra un’osteria adiacente alla chiesa e iniziando così la lunga serie di presenze dei Padri Oblati Vicari. Questi sacerdoti costituiscono una delle quattro famiglie della Congregazione degli Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo, della Diocesi ambrosiana. Voluti da San Carlo, affondano le loro radici nel 1500. Ma le persone che si recano al Santuario non conoscono la loro storia. Per loro sono semplicemente «i Padri della Madonna del Bosco». Questo loro basta, perché i Padri sono una garanzia di buona accoglienza e disponibilità, sanno di trovare misericordia, giusti consigli e perdono dei peccati.
E se il Santuario oggi è così bello, lo si deve a loro perché, oltre a curare le anime, si sono industriati a conservare e migliorare la chiesa e quanto la circonda. Basta ricordare il rifacimento del campanile e della scala santa, la sistemazione dell’altare secondo le norme liturgiche, la Via crucis nel bosco, la casa del pellegrino con la cappella delle confessioni e le sale per incontri, manifestazioni e accoglienza dei gruppi, la «camera» del beato cardinale Schuster, il monumento di San Giovanni XXIII, le vetrate artistiche, il muraglione di contenimento dietro la chiesa, la cappella cimiteriale… In questo anniversario, ricordarsi di dire una preghiera è doveroso.