«Scegliere la pace. Un impegno personale, una prospettiva per tutti» (leggi qui): sabato 23 settembre al centro sportivo “Pertini” di Cornaredo (Mi), Caritas Ambrosiana, Csi, Fom e Pastorale giovanile della diocesi di Milano attendono obiettori in congedo, giovani del servizio civile e fedeli e cittadini sensibili al tema della costruzione della pace, per una giornata di riflessione, confronto e festa (dalle 10 alle 17, qui programma e iscrizioni), suggellata, all’inizio del pomeriggio, dall’intervento dell’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini.
Ma cosa vuol dire “costruire pace”, per chi fece trent’anni fa la scelta dell’obiezione, e per chi vive oggi la scelta del servizio civile volontario? Stefano Lampertico fu obiettore Caritas nella prima metà degli anni Novanta; giornalista, dirige da anni la rivista di strada Scarp de’ tenis. «Si riflette spesso, in età matura, sulle scelte fatte da giovani – riconosce -. L’obiezione di coscienza, ai miei tempi, aveva una carica che poi, con l’abolizione del servizio di leva obbligatoria, si è affievolita. Quello che rimane è l’energia di quella scelta, un’energia positiva che consentiva a migliaia di giovani di dire no alla guerra e alle armi. Era una forza che consentiva di svolgere un servizio il quale, per molti, sarebbe diventato ragione di vita e di lavoro. Come lo è stato per me, in fondo».
Quegli anni erano caratterizzati, come gli attuali, da guerre alle porte di casa, da conflitti sulla soglia. Allora si disgregava l’ex Jugoslavia e, sebbene non ci fosse internet, il pacifismo seppe tessere nella società una fitta rete tra costruttori di pace. «I testimoni erano Tonino Bello, Luigi Bettazzi, Alex Zanotelli, Albino Bizzotto – rievoca Lampertico -. Fu un periodo molto fertile, anche e soprattutto sul piano culturale, capace di generare coscienze critiche».
Megan Vargas Valencia è invece una giovane poco più che ventenne, impegnata nell’anno di servizio civile, sempre su mandato Caritas, all’associazione La Rotonda di Baranzate; si occupa di attività per minori. «Scegliere la pace significa cercare di essere una persona consapevole, che vuole prendere coscienza del mondo, che si ricorda di non essere isola, ma prova a partecipare -racconta -. È anche un modo di farsi guidare dalla speranza: una speranza non statica, ma che diventa motore di riflessione e di azione. Che si pone obiettivi concreti, come migliorare la qualità di vita e la capacità di relazione di minori in difficoltà, e prova a raggiungerli».
Di pace si parla molto, in relazione ai grandi conflitti internazionali. Ma cosa significa praticarla nella propria quotidianità? «Occorrono scelte forti, a volte radicali – sostiene Lampertico -. Significa provare a generare forme di convivenza rispettose l’uno dell’altro, non fare passi indietro, mai, sul piano dei diritti, stare dalla parte di chi ha bisogno. Come i maestri che ho incrociato in gioventù ci hanno insegnato a fare». «È una scelta che mi coinvolge a fondo, pur partendo da piccoli gesti: il rispetto verso il prossimo, la flessibilità di pensiero, il non farmi influenzare dai pregiudizi – fa eco Megan -. Scegliere la pace è relazione, è l’urgenza di immergersi in mondi diversi e conoscerli. Ed è anche il rischio che comporta il donarsi al prossimo: ma alla fine a cosa serve la vita, se non è donata?».