«Non sono eroi o uomini superiori, ma sono persone che hanno creduto di dimorare nella preghiera di Gesù e che, per questo, dicono oggi la loro disponibilità e incoraggiano tutti noi a decidere una più radicale appartenenza». Il Duomo gremito, dove giungono in processione i candidati al diaconato transeunte, ai quali l’Arcivescovo conferisce per l’imposizione delle sue mani e la preghiera l’Ordinazione diaconale, si illumina di colori, canti, gesti suggestivi e antichi per un momento vissuto e partecipato da tanti amici, parrocchiani, parenti di chi inizia l’ultimo passo di formazione nel cammino verso il presbiterato.
Come gli 11 giovani originari della Diocesi di Milano. con un’età media di 29 anni, cui si aggiungono tre ordinandi rispettivamente del Sud Sudan, del Bangladesh (che hanno compiuto gli studi nel Seminario di Venegono), un 55enne milanese candidato del Vicariato latino di Beirut, con un passato da giornalista, e 6 appartenenti al Pontificio Istituto Missioni Estere. A concelebrare la Messa solenne, 5 vescovi, i membri del Cem, i superiori del Seminario, i sacerdoti delle parrocchie di origine dei candidati, che li hanno accompagnati e accolti nelle loro comunità. Accanto all’Arcivescovo, presso la Cattedra, vi sono il Rettore del Seminario, l’Arciprete del Duomo, il Superiore generale e il Rettore del Pime.
La scelta esagerata
A tutti si rivolge l’omelia, diretta soprattutto ai 20 ordinandi i quali, dopo essersi presentati con il tradizionale «Eccomi!», ascoltano seduti in prima fila la riflessione che fa più volte riferimento all’«esagerazione» – ovviamente agli occhi del mondo – della scelta da loro intrapresa (vedi qui il video dell’omelia).
«Si tratta infatti – spiega l’Arcivescovo – di una consacrazione che consegna alla santità di Dio tutta la persona, tutta la vita, tutti i pensieri, tutti i desideri, tutti i sentimenti. Tutto e per sempre. Potranno questi uomini avere una vita privata, un dopolavoro rilassante, una parentesi in cui accontentare i propri capricci, dare sfogo alle loro passioni? No, non potranno: sono consacrati al Signore, nel tempo della fatica e nel tempo del riposo, di giorno e di notte, d’estate e d’inverno sono del Signore. Potranno questi uomini circondarsi di persone amiche, simpatiche, benevole e tenere lontane persone nemiche, antipatiche, ostili? No, non potranno, perché la consacrazione li rende partecipi degli stessi sentimenti di Cristo».
E così, non potendo nemmeno «evitare quello che è gravoso, spiacevole, contrario alle proprie inclinazioni», essi testimoniano «di rendersi disponibili per fare ciò che il Signore vuole, in obbedienza a quello che la Chiesa chiede, in questo tempo di individualismo, in cui le persone ritengono inappellabile il diritto di fare quello che vogliono».
Inevitabile la domanda, posta direttamente dall’Arcivescovo quasi guardando negli occhi ciascuno di loro: «Vi chiedo, dunque, veramente volete questo e ne sarete capaci?».
Uno stile di vita insopportabile per il mondo
Anche perché, osserva ancora, «questo stile di vita, questa professione di fede è insopportabile per quello che San Giovanni chiama “il mondo”». Lo stile di uomini che «faranno del bene e saranno ricompensati con l’antipatia e l’impopolarità; indicheranno la via della vita, della salvezza, del compimento della libertà e saranno perciò circondati di disprezzo, di contestazione, coperti di ridicolo, guardati con quel compatimento umiliante che li dichiara un anacronismo. Cercheranno di vivere secondo il comandamento di Gesù, praticando la carità, amando come Gesù ama, desiderando il bene delle persone e delle società in cui vivono e saranno odiati “perché non sono del mondo”: saranno considerati come nemici, pericolosi, un ostacolo al progresso, alla libertà».
Non eroi, ma uomini guidati da Dio
Invece – suggerisce monsignor Delpini -, vivranno la pienezza della gioia di Gesù, non abbandonandosi al lamento, «secondo l’abitudine inestirpabile della mediocrità» e non lasciandosi vincere dallo scoraggiamento e dalla tristezza, «perché saranno abitati dalla gioia piena, quella gioia misteriosa che convive con lo strazio; quella gioia inimmaginabile che irrompe d’improvviso nel momento estremo, persino nel tormento del martirio».
E questo non perché «sono uomini superiori, inaccessibili alle tentazioni e alla desolazione, temerari che prendono gusto a sfidare il pericolo o che vogliono dimostrare di essere invincibili, gente che non conosce la paura e la tristezza», ma in quanto «questa via esagerata, questa scelta estrema è possibile perché la loro vita è dentro la preghiera di Gesù, le loro scelte sono rese possibili da Gesù e dalla sua relazione con il Padre».
Da qui, la conclusione. «Con questa certezza accogliamo la disponibilità di questi uomini a essere consacrati per sempre e totalmente per la missione, disponibili a questo estremismo, a questa esagerazione, alla totalità e definitività della consacrazione; all’esposizione alla ostilità del mondo; alla gratitudine nell’ospitare la pienezza della gioia».
Poi, gli impegni degli eletti, con il «Sì, lo voglio», «Sì, lo prometto» pronunciato davanti all’Arcivescovo, le Litanie dei Santi, sdraiati a terra ai piedi dell’altare maggiore, l’imposizione delle mani sul loro capo e la preghiera di ordinazione, i riti esplicativi con la vestizione degli abiti diaconali e la consegna del Libro dei Vangeli. E l’abbraccio di pace, anche con le mamme e i papà, i fratelli e gli amici, la presentazione dei doni mentre il coro di Cernusco sul Naviglio, che coinvolge l’intera assemblea eseguendo al meglio il programma dei canti, intona l’inno dei diaconi 2024-candidati al presbiterato 2025, dal titolo uguale al loro motto, «Consacrali nella verità» con l’espressione del Vangelo di Giovanni al capitolo 17.
La gratitudine dei padri sinodali per Milano
Prima della benedizione finale e del lungo applauso, giunge ancora il grazie dell’Arcivescovo, che fa anche un breve cenno alla sua partecipazione, quale padre sinodale, alla XVI Assemblea generale ordinaria dei Vescovi, in corso in Vaticano: «Ho chiesto di potermi assentare da Roma per poter essere qui a celebrare questo momento così intenso e importante per la nostra e per tante altre Chiese. Sono rimasto impressionato da quanti, sacerdoti e Vescovi che sono al Sinodo, hanno un legame di affetto e di riconoscenza per Milano per avervi studiato o perché hanno mandato preti delle loro Diocesi a studiare o per i legami di sostegno reciproco e di aiuto che da qui arriva in tante parti del mondo. Mi hanno chiesto di portare la benedizione, la preghiera, l’augurio per voi che siete ordinati e a tutte le nostre comunità. Desidero ringraziare voi che vi siete fatti avanti per questa consacrazione esagerata e piena di gioia che rende ardente il vostro cuore».
Infine, la festa che esplode all’esterno della Cattedrale, tra gli immancabili striscioni, i mortaretti e il lancio degli ormai diaconi in aria.
Durante l’incontro in Arcivescovado al termine della celebrazione è stata resa nota anche la destinazione dei diaconi, effettiva a partire dal 7 ottobre (qui l’elenco).