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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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La storia

Nel secolo della Fiera la modernità dei vescovi

Il 12 aprile 1920 la prima edizione della Campionaria. Da Tosi a Schuster e soprattutto Montini, un rapporto costante con questo «mondo incantato»

di Annamaria BRACCINI

19 Aprile 2020
Qui sopra e nella minigallery l'arcivescovo Montini in visita alla Fiera

«Apoteosi del lavoro, della tecnica, della scienza e dell’arte, dell’industria e del commercio, della prosperità economica e civile». Non sono parole di un economista, di un politico, di un industriale, magari pronunciate in un grande consesso internazionale per descrivere un’impresa di cui andare orgogliosi. A parte l’ammirazione, che c’è e si sente, queste sono espressioni di un Arcivescovo, oggi Santo, Giovanni Battista Montini, papa Paolo VI, che così in Duomo definì la Fiera di Milano. Era il 15 aprile 1956 e in Cattedrale, invitati per la prima volta, ad ascoltarlo c’erano i vertici e gli espositori dell’Ente. Occasione che è l’emblema di un rapporto costante che vide il Pastore ambrosiano – durante gli anni dell’Episcopato – visitare i padiglioni e rivolgere il suo pensiero a operatori, vertici, personale fieristico.

Ma la storia inizia molto prima, se proprio in questi giorni la Fiera ha, per così dire, compiuto 100 anni, da quando – era il 12 aprile 1920 – per iniziativa di otto imprenditori nasceva la prima “Campionaria” sui Bastioni di Porta Venezia. Poi il trasferimento nella “Nuova piazza d’Armi”, nella zona che l’ospitata per decenni. Se nel ’20 a guidare la Diocesi di Ambrogio e Carlo era il beato cardinale Andrea Carlo Ferrari – già molto malato (morirà l’anno successivo) – si può notare che, dopo il brevissimo episcopato di Achille Ratti (divenuto papa Pio XI), il suo successore Eugenio Tosi ebbe anch’egli a che fare con la Fiera, in contesti molto significativi. Infatti, tra le tre occasioni nella quali l’arcivescovo Tosi incontrò re Vittorio Emanuele III, due sono legate all’inaugurazione della Fiera, a Palazzo Reale nel 1924, e nella tragica giornata del 12 aprile 1928, quando in Piazza Giulio Cesare un attentato alla vita del sovrano costò la vita a 14 persone. Quel giorno, e nei successivi, Tosi visitò gli oltre 40 feriti ricoverati negli ospedali milanesi, celebrando in Duomo le solenni esequie per i defunti.

Verrà poi il beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, Arcivescovo dal 1929 al 1954, negli anni tribolati del Regime, della guerra, della resistenza e della ricostruzione postbellica. Anche lui, il carismatico Pastore defensor civitatis, che mai volle abbandonare Milano nemmeno sotto i bombardamenti, visitò più volte la Fiera. Ne rimangono molte testimonianze fotografiche come gli scatti del 12 aprile 1935, del ’39 e del 13 aprile 1954, pochi mesi prima di morire. Il Cardinale è anziano, magrissimo e ascetico, ma sorridente e molto interessato alle spiegazioni fornitegli, per esempio, in un padiglione di macchinari.

Così si giunge all’arcivescovo Montini, nel periodo immediatamente precedente al boom economico e nei primi anni Sessanta, il cui rapporto con la kermesse divenuta ormai un appuntamento di livello mondiale può essere letto come una sorta di simbolo del più generale aprirsi al mondo con occhi “nuovi”. Con quello sguardo che caratterizzò l’intero episcopato montiniano (1954-1963) e, poi, il suo Pontificato. «Profeta di una Chiesa che guarda lontano» – come lo definì papa Francesco il 14 ottobre 2018, nella celebrazione di canonizzazione -, Montini aveva compreso infatti le straordinarie potenzialità non solo economiche del comparto produttivo, pur nella consapevolezza che ai milanesi «non bisognava insegnare a lavorare e a far soldi, ma a pregare». Eppure, «dell’effervescente mondo milanese tra fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta del secolo scorso, il fenomeno Fiera di Milano fu senz’altro quello che colpì in maniera singolare l’arcivescovo Montini, a tal punto che a partire dal 1956 fino al 1963 ogni anno volle essere presente tra i padiglioni della Fiera. Non solo: praticamente ogni anno invitò anche gli espositori a partecipare a una celebrazione eucaristica loro riservata nelle principali basiliche della città, a cominciare dal Duomo», come sottolinea monsignor Marco Navoni nella bella introduzione al volume da lui curato I discorsi dell’arcivescovo Giovanni Battista Montini per la Fiera di Milano (frutto della collaborazione tra la Fondazione Fiera Milano e la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, presentato con la partecipazione dell’arcivescovo Mario Delpini nel 2019).

Tre i frammenti che restano degli interventi estemporanei, tenuti da Montini per le sue presenze tra i padiglioni, nel 1959, 1961 e 1962, mentre sono sette le omelie pronunciate ogni anno per gli operatori. Molto interessante anche il discorso rivolto a vertici e personale, presso l’Ambrosiana, il 26 aprile 1956. Da qui alcune espressioni del futuro Santo che colpiscono ancora. «Mondo incantato», Paolo VI definisce la Fiera nell’udienza concessa alla dirigenza dell’Ente il 6 aprile 1972, essendo tuttavia ben conscio della necessità di far germogliare un giudizio “altro” e “oltre” con cui condurre, a livello personale e sociale, i commerci e la lodevole capacità imprenditoriale tipica dell’ambrosianità.

A tale proposito, è quasi paradigmatico il discorso tenuto dall’Arcivescovo il 17 aprile 1960, in occasione della benedizione della statua di Sant’Ambrogio posta davanti al padiglione centrale: «Qui dove invenzioni e scoperte, formule e ritrovati d’ogni genere documentano il lavoro di ieri e di oggi e lasciano intravedere il progresso di domani, qui una novità superiore si annuncia, l’incontro del mondo nuovissimo e Cristo».

Ancora, indicativo è quanto dice ai fedeli riuniti a Cassina Amata (Bollate) per la Visita pastorale: «Siete stati alla Fiera di Milano? Ebbene, avete visto che cose meravigliose, ma non lasciatevi incantare: esse sono utili, ma non sono fine a se stesse, il nostro fine ultimo è Dio».

E rimane allora scolpita quella frase, che è come la sintesi di tutta questa articolata vicenda e che tanto avrebbe da insegnare anche all’oggi: «Intorno all’agorà si allunga la polis, intorno al mercato si sviluppa la città; la vita commerciale dà incremento alla vita civile e alla vita politica».

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