«Pregate per noi e per la fine della guerra a Gaza»: è stata questa la preghiera, «incessante», che si è levata dalla parrocchia cattolica della Sacra Famiglia della Striscia di Gaza, nella Messa del 24 dicembre e della Mattina di Natale, celebrate dal vicario parrocchiale padre Youssef Asaad. Sotto l’altare della piccola chiesa, usata di notte da molti sfollati come ricovero dai raid israeliani, alla fine è apparso un piccolo presepe, e davanti a questo una mangiatoia con il Bambino deposto sopra. Non ci sono macerie e fili spinati a fare da sfondo al Bambino, «da queste ne siamo circondati», dice suor Nabila Saleh, delle Suore del Rosario di Gerusalemme, sfollata in parrocchia insieme ad altri 600 cristiani. Il bambino è poggiato su un telo ricamato ad indicarne la regalità in mezzo a tanta distruzione. «Abbiamo celebrato la Messa del 24 dicembre alle 16 del pomeriggio – spiega la religiosa -, c’erano molti fedeli».
«Padre Youssef ci ha invitato a guardare a Gesù Bambino come il Salvatore che viene a donare luce a questo momento di tenebra. Abbiamo cantato e pregato per il dono della pace e per la fine della violenza».
Negli scorsi anni, proprio di questi giorni, la piccola comunità di Gaza era solita ritrovarsi intorno al patriarca latino in visita, cardinale Pierbattista Pizzaballa, per celebrare il Natale e scambiare doni e vivere momenti di festa. «Quest’anno – continua suor Nabila – ci sono giunte le sue parole dalla Messa di Mezzanotte a Betlemme. La sua vicinanza e quella di papa Francesco, che ci chiama ogni giorno, per noi è fonte di gioia e di sollievo». L’augurio del cardinale per i cristiani di Gaza è significativo: «Nasca Cristo anche nella nostra piccola comunità di Gaza. Ero solito passare qualche giorno con voi, carissimi, prima di Natale. Quest’anno non è stato possibile, ma non vi abbandoniamo. Siete nel nostro cuore e tutta la comunità cristiana di Terra Santa e nel mondo si stringe intorno a voi, che sentiate per quanto possibile il calore della nostra vicinanza e del nostro affetto».
Doni ai bambini
Anche se circondati da macerie i bambini della parrocchia hanno potuto gioire grazie a dei piccoli doni, «soprattutto dolcetti» che, rivela suor Nabila, «abbiamo confezionato per loro. Siamo riusciti a strappare loro un sorriso dopo tante lacrime e sofferenze. La Provvidenza non ci ha mai abbandonato, così è accaduto che il 21 dicembre scorso abbiamo ricevuto, non so da dove, del carburante. Abbiamo riavviato il generatore. Abbiamo cucinato, preso acqua e energia elettrica. Ancora doni e aiuti umanitari ci sono arrivati anche il 24 dicembre dal Regno di Giordania». Altri aiuti sono stati consegnati anche agli sfollati ospitati all’interno della chiesa greco-ortodossa di San Porfirio, situata a poca distanza dalla parrocchia cattolica, nel quartiere di Zeitoun. Si tratta del settimo carico di aiuti voluti per i cristiani di Gaza dal Re Abdullah II di Giordania.
Una visita gradita
Dopo la Messa di Natale, nella chiesa cattolica è arrivata una piccola delegazione greco-ortodossa guidata dal parroco, padre Silas. Un incontro «fortemente voluto», nonostante i pericoli di spostamento, dal parroco greco-ortodosso per rispettare il tradizionale rito dello scambio di auguri.
La Chiesa ortodossa celebrerà il Natale il prossimo 7 gennaio 2024, a tre mesi esatti dallo scoppio della guerra. Nel frattempo non si fermano i combattimenti. La notte tra il 24 e il 25 dicembre è stata una delle più sanguinose: colpite da Israele Khan Younis e Rafah, al confine con l’Egitto. «Continuano tutti a sparare e a combattere – conferma suor Nabila -, ma noi continueremo a pregare per la fine della guerra e per la pace».