Una vera e propria rinascita che arriva dopo anni non facili, segnati dalle difficoltà del trasloco dalla storica sede di viale Gorizia nel 2016 e dalla conseguente complessità logistica di reperire spazi adatti alla didattica e allo studio. Ambienti funzionali ora, pienamente recuperati nella definitiva sistemazione dei locali già dell’oratorio della chiesa di Santa Maria Incoronata, in pieno centro a Milano. È la recente storia del Piams, il Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra, il cui Anno accademico viene inaugurato dall’Arcivescovo che ne è il Gran Cancelliere. Con lui, per l’occasione, riuniti nei raffinati spazi della quattrocentesca Biblioteca Umanistica agostiniana del complesso parrocchiale, il preside, il maestro don Riccardo dell’Acqua, docenti, studenti, liturgisti e amici dell’Istituto, il vicario episcopale di Settore don Giuseppe Como, il Moderator Curiae monsignor Carlo Azzimonti e un gruppo di novizi domenicani, allievi esterni dell’Istituto per quanto riguarda il Canto gregoriano.
«Questo nuovo Anno accademico si è aperto con due importanti collaborazioni: è stata siglata la convenzione sia con la Scuola di Musica diocesana Santa Cecilia di Brescia sia con l’Accademia Musicale Santa Cecilia di Bergamo – spiega il preside -. Le alleanze strette sul territorio con le scuole diocesane lombarde sono essenziali per unire le forze verso il comune fine della formazione di organisti, direttori e cantori di qualità, per un servizio liturgico che contribuisca sempre più al decoro del culto divino e all’edificazione dei fedeli».
Sviluppare le alleanze accademiche
Appunto sulle sinergie si sofferma la riflessione dell’Arcivescovo: «Questo Istituto così prestigioso, che è anche un unicum, ha vissuto momenti di difficoltà un poco trepidi, ma oggi possiamo dire che il Piams è un patrimonio prezioso non solo per la Chiesa ambrosiana, ma per l’intera città. Sento, con piacere, che ci sono collegamenti con altre istituzioni. Potremmo, allora, parlare di un sogno. Nelle università di Milano dovrebbero esservi aree comuni multidisciplinari e intersezioni più frequenti e praticabili tra le scienze, come avviene normalmente in altre parti del mondo. Che la storia della musica sia cosi marginale nel percorso educativo e scolastico italiano, lascia sempre un poco stupiti e che il curriculum ordinario delle nostre scuole abbia lacune così vistose è un peccato. Sarebbe bello che si sviluppasse una reale riflessione su cosa sia la cultura e chi possa contribuire a offrire una proposta culturale variegata».
Il riferimento è anche alla seconda edizione del Messale ambrosiano, «che ha un’implicazione musicale interessante e può essere còlta come occasione di arricchimento personale e collettivo nel vivere la celebrazione. Il compito del Piams è di livello specialistico, ma può ricadere sul territorio anche come ricchezza complessiva per le celebrazioni». Anche perché, prosegue l’Arcivescovo, «mediamente si ha l’impressione che il livello del canto nella liturgia è modesto e molto povero: la gente non canta, non sa cantare. Io spero che gli specialisti che escono da questo Istituto possano elevare il canto praticato nella liturgia. È stato fatto qualche tentativo di integrare la ricerca accademica con l’aspetto divulgativo, ma i risultati non sono stati molti. Si deve continuare».
Poi il trasferimento nei locali dell’Istituto con la benedizione di una targa commemorativa e di alcuni strumenti, come i nuovi organi. Il primo era già di proprietà del Piams ed è rientrato in sede. Altri due sono frutto di donazioni: l’uno appartenuto alla Scuola di Musica Sacra di Ratisbona, offerto dalla parrocchia di Paderno Dugnano; l’altro donato da monsignor Gianluigi Rusconi, già preside dell’Istituto, e collocato nell’aula dedicata a monsignor Luciano Migliavacca, per decenni “anima” del Piams. Insomma, un bel modo per festeggiare il prossimo 85° compleanno dell’istituzione, che cadrà il 12 marzo 2025.
La celebrazione
Successivamente, in Santa Maria Incoronata, l’Arcivescovo presiede la vigiliare della memoria liturgica di Santa Cecilia, patrona della musica e dei musicisti. La Messa è concelebrata da una decina di sacerdoti ed è arricchita dai curatissimi canti eseguiti dal coro.
Dalla parabola delle vergini sagge e stolte si avvia l’omelia. Vergini sagge a cui monsignor Delpini dà un nome preciso: Viola, ossia l’umiltà, Sofia l’attenzione, Letizia che indica la gioia, Amabile la benevolenza, Rosa la resistenza. Con i loro carismi e difetti «entrarono nella festa del gran re e forse suggeriscono anche a noi come prepararci all’incontro con il Signore».
Ma come si chiamavano le vergini stolte? «Devo rispondere – osserva l’Arcivescovo – che ancora non si è capito, forse anche perché sono così numerose quelle che vogliono entrare nel gruppo delle vergini stolte che ancora non è finita la selezione e, invece di cinque, pare che ce ne siano cinquecento in gara per fregiarsi del titolo di “vergine stolta”. Così io non sono ancora riuscito a imparare i nomi; del resto preferisco, preferiamo attendere il Signore con le vergini sagge».