Martedì 24 maggio, alle 18.30, nella chiesa di Sant’Antonio a Milano (via S. Antonio 5) sarà celebrata una Santa Messa in suffragio di monsignor Lorenzo Longoni, direttore della Fom per 27 anni e fondatore del Comitato Teatro, nel 20° anniversario della sua morte. Ecco un suo ricordo a cura di Roberto Zago, “anima” e memoria storica del teatro amatoriale ambrosiano
Era la sera del 21 maggio 1996, quando monsignor Lorenzo Longoni emise l’ultimo respiro. Il tumore che l’aveva colpito due anni prima portava a termine il suo tremendo percorso. Dopo la degenza all’ospedale San Giuseppe per le inutili cure, era tornato nella sua casa in piazza Duomo 16, in cui aveva sede anche il Comitato Teatro della Fom, da lui fondato, e dove noi andavamo quasi tutti i pomeriggi.
Mi permetto un ricordo personale. Pochissimi giorni prima di spirare mi mise in mano un articolo sulla Biblioteca Braidense per Teatro, dicendo: «Sarai soddisfatto adesso!». L’egoismo mi aveva spinto a sollecitargli la stesura dell’importante studio: l’aveva scritto nonostante l’atroce dolore che sopportava.
Per lui tutto era importante. Essere esorcista: centinaia di appuntamenti e migliaia di incontri con persone malate o bisognose. Penitenziere Maggiore del Duomo di Milano: giornate intere trascorse nel confessionale. L’esperanto come soluzione di una lingua universale. E il teatro: strumento di educazione e di cultura permanente.
Prima era stato per 27 anni Direttore della Fom, dopo un tirocinio in oratorio, dove aveva incontrato ragazzi e giovani e dedicato loro la propria intelligenza di uomo e il suo amore di prete. Sarebbe altrettanto importante, oggi, reperire quanto abbia donato durante la permanenza in via Sant’Antonio 5: idee e intuizioni innovative come il Carnevale, la musica, i convegni, i viaggi e i pellegrinaggi, e tanto altro, come gli scritti per Eco degli oratori, con gli illuminanti saggi per educare i giovani dei decenni del dopoguerra.
E poi il teatro! Don Lorenzo conosceva a fondo l’attività fondamentale di salire sul palcoscenico, soprattutto provare per mesi il testo nell’addestramento alla disciplina, alla memoria e alla convivenza con i compagni di scena: il vero cammino educativo del teatro. Sua la decisione di creare un gruppo di persone che seguissero la multiforme attività teatrale, mediante lo studio costante, le visite alle compagnie, la stampa di testi inediti in una rivista che li contenesse; e ancora i concorsi, la frequentazione nei teatri, convegni e giornate di riflessione e di preghiera. Era uomo di perenne preghiera e la sua sapienza biblica veniva giudicata straordinaria.
Aveva quasi un laser nel raggiungere il cuore dei problemi e risolverli; una fermezza d’azione che lo portava a lavorare senza limiti, giorno e notte. La sua dolcezza, tuttavia, era compagna di un temperamento a volte, diciamo, scattante, cui immediatamente poneva rimedio con le scuse e l’umorismo coinvolgente.
La generosità formava il distintivo del suo personale comportamento, insieme all’aiuto ai poveri, i quali non mancavano mai alla sua tavola. Insomma, don Lorenzo, come ancora lo chiamiamo, è colui di cui, come Gatal, tuttora seguiamo tracce e obiettivi: affatto superati, piuttosto da approfondire maggiormente e da ampliare. Lui non è solo un ricordo, ma una presenza che ci ispira e si riverbera su quanti fanno teatro.
Vent’anni di assenza non portano all’oblio; quel sacerdote è stato guida per molti, educatore impareggiabile di generazioni giovanili, maestro sapiente e, per noi filodrammatici, padre indimenticabile del quale siamo gli eredi. Che lui ci assista e ci guardi da dove è.