«Tutti siamo ucraini. Non importa a che rito o denominazione apparteniamo, se latini, ortodossi di Kiev, di Mosca, greco cattolici, protestanti. Dopo 30 anni dall’indipendenza non si può dire che i fedeli del Patriarcato di Mosca sono russi, e quelli di Kiev sono ucraini, non possiamo dividere il popolo già provato dalla guerra e mettere le persone le une contro le altre». Così monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, arcivescovo di Leopoli, traccia un secondo potenziale “fronte di guerra” nel Paese invaso dai russi il 24 febbraio, nel corso di un incontro con una delegazione di Acs, Aiuto alla Chiesa che soffre, guidata dal suo direttore, Alessandro Monteduro, in visita di solidarietà in Ucraina.
Diritto alla varietà di riti
Monsignor Mokrzycki ha ricordato che «ci sono due proposte di legge giacenti in Parlamento che prevedono l’allontanamento degli ortodossi di Mosca dall’Ucraina, fatto che ha suscitato la reazione del Patriarcato moscovita preoccupato anche per l’eventuale confisca dei beni». «Io credo – ha ribadito il presule – che il Patriarcato di Mosca abbia il diritto di stare qui in Ucraina al di là delle posizioni espresse dai propri leader, Kirill in testa. L’Ucraina ha il diritto di avere al suo interno una varietà di riti e denominazioni. Il collante della popolazione è la cittadinanza e la religione non deve dividere», ha aggiunto monsignor Mokrzycki, per il quale «la nascita della Chiesa ortodossa dell’Ucraina è dovuta a motivi politici, non è venuta dal basso, dalla popolazione».
«Come Chiesa latina – ha ricordato l’arcivescovo – lavoriamo per ricucire gli strappi e le divisioni anche se siamo solo l’1% della popolazione. Coltiviamo ottimi rapporti con la Chiesa greco-ortodossa di Mosca. Parliamo con tutti nella consapevolezza che non si può usare la guerra per regolare i conti tra le Chiese. La gente non ne ha bisogno. Putin potrebbe arrivare a dire che la Chiesa greco ortodossa di Mosca è perseguitata in Ucraina e che deve difenderla. Sarebbe una cosa diabolica che aggraverebbe ulteriormente la situazione. Quasi ogni giorno sentiamo gli allarmi antiaereo. L’ultima volta il 3 maggio sera, con missili che hanno raggiunto la città. Non siamo abituati, abbiamo sempre paura. Le persone si nascondono nelle cantine. E diverse volte siamo stati bombardati. Putin non vuole prendere soltanto una parte dell’Ucraina, ma vuole conquistare tutto il Paese».
La speranza nel Papa
La speranza mai taciuta è la visita del Papa: «Fin dall’inizio della guerra, papa Francesco prega per noi. Sarebbe bello e importante un suo pellegrinaggio in Ucraina. Stare qui per mettere i piedi in questa terra insanguinata e martirizzata. E per benedirla. Sarebbe un gesto molto importante. Tutto il popolo ucraino lo aspetta».
Un hub della solidarietà
A coadiuvare monsignor Mokrzycki nel servizio pastorale è il suo vescovo ausiliare, monsignor Eduard Kava, che con Caritas Spes, sin dall’inizio del conflitto si occupa dell’accoglienza dei profughi, che sono oltre 500 mila in tutta la regione di Leopoli. La diocesi ne ha presi in carico oltre 4300. Alla delegazione di Acs il vescovo ha ripercorso tutto il cammino fatto in questi due mesi di guerra: «All’inizio portavamo ai profughi acqua e cibo. Abbiamo accolto anche 7mila persone al giorno sparse nei diversi punti della città e dell’area. Siamo andati anche nelle zone di guerra dove abbiamo fatto arrivare 327 tir di cibo e medicine. Questo è stato reso possibile grazie alla Polonia, Slovenia, Croazia, Germania, Francia, Italia, Inghilterra».
Monsignor Kava con i volontari è riuscito a creare una fitta rete di solidarietà che ha in Leopoli un vero e proprio nodo di scambio e di coordinamento. Gli aiuti vengono stipati in dei grandi magazzini e da qui, a seconda dei bisogni, vengono spediti a Kiev, Odessa, Charkiv, e altre città del Paese. Dove possibile gli aiuti sono consegnati con i treni.
«Le difficoltà sono enormi, ma le abbiamo superate grazie alla Provvidenza, come quella volta che avevamo bisogno di grandi spazi per sistemare gli aiuti, cibo, vestiti e medicine. Grazie a un’amica in poche ore un imprenditore polacco nel campo dei serramenti, “Fackro”, con interessi a Leopoli, ci ha messo a disposizione la fabbrica e magazzini e 15 dei suoi impiegati si sono offerti volontari».
Non è l’unica storia a lieto fine di questa guerra: «In questi due mesi sono arrivati tanti profughi e tanti bambini. Maggio, si sa, è il mese delle Prime Comunioni. Per dare ai bambini sfollati la possibilità di fare la Prima Comunione abbiamo posticipato le date del sacramento alla fine di questo mese. Sarà un motivo di festa per tanti nostri bambini. Ne hanno tanto bisogno».