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Percorsi ecclesiali

L’Avvento 2024 nella Chiesa ambrosiana

Sirio 17 - 28 febbraio 2025
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In Duomo

Pellegrini di speranza in un mondo disastrato

Guarda all’imminente Giubileo l’omelia che l’Arcivescovo ha pronunciato nella Messa per la prima Domenica d’Avvento, in cui si sono ricordati la Giornata del Ringraziamento ed è entrata in vigore la seconda edizione del Messale ambrosiano. Tra guerre e calamità ambientali, i cristiani rialzano la testa, sono trasfigurati dalla luce, offrono e chiedono pace

di Annamaria BRACCINI

18 Novembre 2024
L'Arcivescovo saluta i fedeli all'inizio della celebrazione (Agenzia Fotogramma)

«Sono tre i fattori che contribuiscono a rendere particolarmente solenne questa celebrazione: l’inizio dell’Avvento che è quel tempo di grazia, di intensa speranza e di docile ascolto della parola di Dio che ci prepara all’incarnazione del Verbo, Gesù di Nazareth; l’entrata in utilizzo della II edizione del Messale ambrosiano, un’opera editoriale che ha comportato una ricerca approfondita, un esercizio paziente degli esperti nel confronto con alcuni pastori e parroci e che compagnerà la nostra preghiera negli anni a venire e, infine, la 74esima Giornata di ringraziamento della Coldiretti, una realtà laboriosa che caratterizza la nostra terra, celebrata nella forma interprovinciale».

L’entrata in vigore del nuovo Messale

All’inizio della Messa, da lui presieduta in Duomo e concelebrata dal Moderator Curiae monsignor Carlo Azzimonti, da alcuni canonici del Capitolo metropolitano della Cattedrale e dagli assistenti ecclesiastici della Coldiretti per la Diocesi di Milano don Matteo Vasconi, e per quella di Lodi Alessandro Lanzani, l’Arcivescovo definisce il senso e l’importanza di un momento importante per la nostra Chiesa, articolato sull’evento particolarmente significativo che quest’anno segna l’inizio dell’anno liturgico ambrosiano: l’entrata in vigore del nuovo Messale. Che, nella sua curata edizione dalla copertina rossa e oro, viene portato in processione fino all’altare maggiore, dove monsignor Delpini legge la Monizione iniziale, affinché «in questo Duomo e in tutte le comunità di Rito Ambrosiano, il Messale sia strumento della celebrazione liturgica, per entrare nel mistero della Pasqua di Gesù e partecipare alla vita del Figlio unigenito di Dio, il Signore Nostro Gesù Cristo; sia via che introduce nella familiarità di Dio per il dono dello Spirito di Gesù; sia ispirazione per la preghiera personale e dell’intera assemblea».

Il nuovo Messale (Agenzia Fotogramma)

Poi la consegna fisica del volume nelle mani dell’Arcivescovo che, dalla sua Cattedra, lo mostra ai fedeli riuniti nelle navate, tra cui la presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi con la fascia tricolore in rappresentanza del sindaco di Milano, Beppe Sala, i vertici provinciali e regionali della Coldiretti con tanti associati, poco prima già incontrati dal Vescovo presso il Farmer’s market allestito per la Giornata del Ringraziamento presso la Loggia dei Mercanti con i prodotti a filiera corta. Presenti in Duomo, come tradizione, anche i membri dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento del Duomo, di altre Confraternite diocesane, dell’Ordine di Malta e del Santo Sepolcro.

Insomma, un momento bello, curato, corale, reso ancor più solenne dai canti eseguiti dalla Cappella musicale del Duomo, che tuttavia non può far dimenticare – da qui si avvia l’omelia di monsignor Delpini – il momento che stiamo vivendo. 

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Pellegrini di speranza che camminano a testa alta 

«La storia è piena di disastri. Forse si può anche dire che la storia dell’umanità è un disastro. I disastri attuali rovinano l’ambiente in cui viviamo, diffondono sentimenti di scoraggiamento tra la gente, suscitano sentimenti di rabbia, abituano all’elenco ossessivo e deprimente dei problemi insolubili. Sembra che la gente di oggi non sappia più rivolgersi a Dio per interpretare la condizione in cui vive. L’esito di questo pensare senza pregare non è una sorta di coraggioso impegno per trasformare il mondo, ma piuttosto una rassegnazione disperata. In questo contesto apocalittico percorrono la terra, però, i “pellegrini di speranza”», osserva l’Arcivescovo che cita il titolo che papa Francesco ha voluto dare al Giubileo dell’anno 2025: appunto i “Pellegrini di speranza”, «quelli che non si rassegnano ai disastri, quelli che non si accontentano di lamenti e proteste». Ma come attraversano la storia questi uomini e donne che siamo tutti noi?

Tre gli aspetti sottolineati, ispirati anzitutto dal Vangelo di Luca al capitolo 21: «I pellegrini di speranza camminano a testa alta, non abbassano il loro volto come schiacciati dalla situazione e dalle notizie deprimenti. Alzano il capo perché vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Anche se la strada è aspra e il contesto ostile, camminano a testa alta, fieri di andare incontro al Signore, e questo mi sembra un elogio affascinante di tante persone che, nelle situazioni conflittuali e difficili, non si arrendono e non si rassegnano. Alzano la testa, guardano avanti, non per distogliere lo sguardo dagli impegni quotidiani e dalle fatiche ordinarie, ma perché hanno una speranza più grande, un punto di riferimento più alto di quello che caratterizza la situazione nella sua drammaticità. E voglio fare l’elogio degli agricoltori, che continuano a desiderare il bene per le loro famiglie, per le loro aziende e per la terra che coltivano».

Figli della luce

Per il secondo tratto di questi pellegrini, definito «affascinante», il riferimento è all’Epistola agli Efesini con il monito paolino a “comportarsi come figli della luce”. «I pellegrini di speranza sono luce: non perché siano perfetti, non perché presumano di essere migliori degli altri, ma perché si lasciano trasfigurare dalla grazia di Dio, convertire per essere uomini e donne abitati dalla luce di Dio, come per descrivere qualche tratto di un umanesimo cristiano. Questo autorizza ad avere stima di sé», dice ancora l’Arcivescovo con un pensiero che gli è caro e per il quale si rivolge idealmente a ognuno in modo diretto: «Ci sono tanti disastri, ma “io non sono un disastro”, perché mi lascio abitare dalla luce di Dio e da questa luce viene un’umanità rinnovata che si allontanata dalla volgarità, dalla banalità, dalle passioni che avviliscono la libertà umana. E, dunque, siamo noi incaricati, con i nostri limiti, di essere testimoni di un umanesimo di cui possiamo essere fieri, un umanesimo che può essere attraente e persuasivo anche per la nostra società così spesso incline allo scoraggiamento, alla rabbia, al risentimento. Siamo luce e ci comportiamo come figli della luce, come un’umanità riconciliata». 

E, infine, l’essere testimoni e costruttori di pace.

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Costruttori di speranza  

«Noi continuiamo a raccontare le nostre miserie, con tante guerre, tanti episodi contemporanei, ma in queste situazioni che si ripetono nella vicenda umana, i discepoli continuano ostinatamente, sapientemente, coralmente a costruire la pace, in casa e fuori casa, nella società e negli ambienti, tra le nazioni e i popoli. La pace non può essere desiderata solo come una rassicurazione egoistica di coloro che temono di essere disturbati, spaventati, travolti, impoveriti delle risorse necessarie per il loro benessere. I buoni sentimenti, le buone idee, i rapporti corretti devono diventare elaborazione di progetti, di prospettive, di programmi politici per imprese e opere di pace», scandisce con le parole della sua Proposta pastorale, Basta. L’amore che salva e il male insopportabile.

«Possiamo quindi raccogliere quello che il Signore vuole che noi facciamo oggi, in questa situazione, e che si può riassumere in tre parole. La speranza sempre, camminando a testa alta; la luce che trasfigura il vissuto e che ci rende uomini e donne che praticano l’umanesimo cristiano e la pace che riconcilia i popoli».

I doni della Coldiretti all’offertorio (Agenzia Fotogramma)

Al termine è l’assistente don Vasconi a porgere un breve ringraziamento a nome della Coldiretti, i cui rappresentanti di varie sezioni territoriali, delle donne e dei giovani, all’offertorio avevano portato all’altare coloratissimi cesti con i doni della terra: «Iniziamo ad attendere la venuta del nostro Salvatore e ringraziare è la posizione che permette di vivere un’attesa vera che si apre al dono della speranza. Il Duomo ci aiuta a vivere questa propensione verso l’alto che ci sostiene anche nell’impegno quotidiano». 

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La celebrazione, presieduta dall’Arcivescovo domenica 17 novembre alle 17.30 (diretta tv e web), ricorda anche gli 80 anni di Coldiretti. Per tutta la giornata in piazza dei Mercanti un mercato contadino con la “spesa sospesa” a favore di Caritas Ambrosiana. Don Matteo Vasconi presenta l’evento

di Claudio URBANO