Energia, speranza e tanto impegno sono alla base del lavoro di Medici con l’Africa Cuamm che, sabato 4 novembre, a Milano ha raccontato ad amici, sostenitori, compagni di viaggio, un anno di intervento per la salute di mamme e bambini in Africa e per la formazione di giovani operatori sanitari locali, durante l’Annual Meeting, intitolato per il 2023 «In movimento. Con l’Africa tra emergenza e sviluppo». Ogni anno, i dati del programma «Prima le mamme e i bambini» danno conto del lavoro svolto: 188.923 parti assistiti realizzati in due anni in dieci ospedali di otto Paesi africani; 8.102 bambini malnutriti trattati, 659 manager sanitari africani formati. E sono ben 211 i giovani specializzandi italiani che in questi due anni hanno svolto un tirocinio in uno degli ospedali in cui opera il Cuamm. Ne parliamo con il direttore di Medici con l’Africa Cuamm, don Dante Carraro.
Come sta andando il programma «Prima le mamme e i bambini»?
Siamo all’interno di un quinquennio lanciato due anni fa. Gli obiettivi complessivi per tutto il periodo, per i quali ci siamo impegnati con la nostra comunità di donatori, pubblici e privati, sono raggiungere 500 mila mamme assistite al parto con altrettanti neonati. Questo vuol dire garantire alle mamme, quando partoriscono e sono in difficoltà, un parto cesareo se ce n’è bisogno e una trasfusione di sangue, se per caso c’è nel momento del parto un’emorragia, e insieme la cura e l’accompagnamento del neonato. In due anni, su 500 mila che è il target nel quinquennio, sono stati 188.923 i parti assistiti sicuri in dieci ospedali selezionati per il progetto, negli otto Paesi africani dove stiamo lavorando. Noi ne stiamo gestendo venti ospedali, ma sono dieci quelli dove garantiamo in maniera speciale questa assistenza. Insieme alle mamme sono stati curati e accompagnati anche 188.923 neonati. Ma il nostro impegno non si limita ai parti.
Si riferisce ai bambini malnutriti?
Sì, ci siamo impegnati ad assistere in modo particolare i bambini malnutriti gravi, che vuol dire a rischio di morte, per una severa malnutrizione. In questi due anni sono stati 8.102 i bambini malnutriti gravi trattati e quindi salvati da una morte quasi certa. In più noi ci siamo impegnati anche a formare giovani africani sia dal punto di vista clinico – medici, infermieri, ostetriche, tecnici -, sia dal punto di vista manageriale, cioè dal punto di vista organizzativo, perché questi ospedali che noi gestiamo hanno bisogno anche di capacità organizzative e su questo l’Africa ha bisogno di formazione. Abbiamo formato 659 manager sanitari africani e più di tremila giovani che sono diventati infermieri, ostetriche, tecnici, medici. Sono grossi risultati: da un lato, abbiamo fatto un grande lavoro di assistenza sanitaria, con le mamme e i bambini assistiti; dall’altro, abbiamo svolto un grande lavoro formativo, investendo molto sui giovani africani. Questo va nella direzione di quello che chiede il Papa, quando dice che l’Africa non va sfruttata, come ancora a volte succede, ma va sviluppata, promossa, accompagnata per crescere. E l’abbiamo fatto proprio investendo moltissimo sul capitale umano, su questi giovani africani che chiedono di diventare bravi manager o bravi infermieri, medici, ostetriche e tecnici. Su questo fronte pensiamo di aver dato un contributo rilevante e prezioso, specie in questo periodo che ci troviamo a vivere.
Avete intitolato l’Annual Meeting «In movimento. Con l’Africa tra emergenza e sviluppo»: perché?
Il motivo per cui il titolo dell’Annual Meeting organizzato a Milano, sabato 4 novembre, conteneva la locuzione «in movimento» è perché, a fronte della crisi gravissima internazionale che c’è stata e c’è, adesso la guerra in Palestina e nel territorio di Gaza aggrava ulteriormente il contesto africano. Per questa crisi la gente africana si sposta, si mette in movimento e vuol dire che aumenta la migrazione che vediamo nel Mediterraneo, ma soprattutto aumenta la migrazione interna. La gente cerca risposte e si muove. A fronte di questo, la nostra risposta è investire: nonostante le fatiche, nonostante sembri che tutto vada a rotoli, nonostante la sofferenza dell’Africa, la nostra determinazione, il nostro coraggio e la nostra tenacia ci fanno continuare a investire nei tanti giovani africani che vogliono crescere nel loro Paese, dando opportunità che non si traducano solo nella fuga. Poi quel movimento è anche quello che viene richiesto a ciascuno di noi: a fronte di quello che sta capitando, non possiamo rimanere seduti, impalati a lamentarci e basta, ma dobbiamo metterci in movimento, fare la nostra parte.
In che modo?
È stato bello concludere l’Annual Meeting del Cuamm a Milano con l’interpretazione di Neri Marcorè che ha cantato l’affascinante opera d’arte di Fabrizio De André, La guerra di Piero, particolarmente attuale in questo momento storico. Anche noi sentiamo il dovere di vegliare i sepolti di tutte le guerre, ma ci portiamo nel cuore, in particolare, gli effetti che queste guerre stanno determinando in Africa. Vogliamo vegliare con il nostro impegno, con il nostro coraggio, con la nostra determinazione. Non ci interessa essere rose o tulipani. Ci interessa esserci. Saremo dei semplici, umili papaveri rossi che vegliano. E faremo quello che dipende da noi, perché vogliamo davvero seminare questa speranza in Africa: che Italia e Africa insieme è davvero possibile.
Che invito vuole lanciare, allora?
Ciascuno di noi, oggi più che mai, è chiamato a fare la propria parte. Per quello che ci riguarda, per il prossimo anno la prospettiva di Medici con l’Africa Cuamm è continuare il lavoro quotidiano per dare assistenza alle mamme al parto e ai figli una volta nati, per raggiungere quelle 500mila mamme assistite al parto in cinque anni, come primo obiettivo del programma. Il secondo riguarda la formazione, quindi nello sviluppo delle capacità umane locali africane: se l’anno scorso siamo riusciti a formare e a dare opportunità a tremila giovani africani, l’impegno per il prossimo anno è di riuscire a raddoppiare o addirittura a triplicare quel numero, arrivare a diecimila giovani africani. Ecco allora che il nostro movimento diventa fondamentale. E su questo chiediamo a tutte le persone che possono aiutarci di essere al nostro fianco e di mettersi a loro volta in movimento. Perché se oggi non facciamo anche noi la nostra parte, è difficile che ci sia futuro. Allora, a fronte delle guerre, la nostra risposta vuole essere un impegno ancora più tenace e più determinato a costruire futuri che partano dai giovani africani che ci chiedono di poter crescere e diventare protagonisti della loro storia. Infine, voglio dire grazie ai tanti che ci sostengono e scelgono di essere al nostro fianco ricordando che il loro apporto è importante per quello che stiamo facendo.