L’Eucaristia muove la vita, non ci lascia più come prima, non è qualcosa di parallelo alla vita. Questo è l’insegnamento fondamentale che monsignor Paolo Martinelli, vescovo ausiliare della Diocesi di Milano, sente di poter trarre dalla testimonianza di Carlo Acutis.
Dalle 21.30 di venerdì 9 ottobre, sul piazzale della basilica di Santa Maria degli Angeli, la veglia “L’Eucaristia, la mia autostrada per il Cielo”, dedicata ai giovani ma aperta a tutti, ha infatti ripresentato questa e altre intuizioni spirituali dell’adolescente che, tra qualche ora, sarà il più giovane beato “di casa nostra”. A ogni frase corrispondeva una coreografia, realizzata dagli allievi della scuola di ballo Rondine di Assisi, e una testimonianza da parte di giovani collegati, a vario titolo, a quelle parole di Carlo.
Padre Massimo Travascio, padre guardiano del convento di Santa Maria degli Angeli, ha ringraziato i pellegrini per la loro presenza: «Siete arrivati in una terra benedetta, feconda di bene», dove Carlo sentiva di essere particolarmente felice. Monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, ha invece rivolto un benvenuto speciale a monsignor Martinelli e, attraverso lui, alla “Chiesa che ha accompagnato Carlo nella sua maturazione umana e spirituale”, senza dimenticare monsignor Renato Boccardo, presidente della Conferenza episcopale umbra.
La prima frase, «Tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie», è stata assegnata a Emilia Gaudio e Matteo Pazzaglia, originari di Reggio Calabria lei e San Marino lui. Attualmente sono responsabili di un gruppo di Azione cattolica nel centro di Milano, frequentato da studenti fuorisede come un tempo erano loro. «Di Carlo», ha dichiarato Matteo, «ci affascina e c’interroga il suo modo di stare al mondo, nel nostro stesso territorio». Milano per molti è luogo di opportunità specie nei campi della finanza e del digitale, ambiti decisamente congeniali all’adolescente Acutis, il cui esempio, ha concluso, ci invita a essere giovani originali, nel senso di coraggiosi.
Proprio sul coraggio ha basato il suo intervento Emilia, dichiarando: «C’è bisogno di coraggio per chiedere a Dio sapienza per la propria vocazione, il proprio modo personale di essere santo”. Per Carlo, “la vocazione è stata accolta con disponibilità disarmante, come risposta con i fatti alla domanda: Che ci faccio qui?». «Ci vuole coraggio, infine, a pensare che questo tempo sia cucito per te e che, come per Carlo, possiamo lasciare orme nell’ordinarietà».
Il discorso di monsignor Martinelli ha costituito la cerniera tra la prima tappa della veglia e la seconda, costituita da un’Adorazione eucaristica meditata e guidata, tra gli altri, dal coro diocesano giovanile “Voci di lode” (omologo all’ambrosiano Gruppo Shekinah). Il vescovo cappuccino si è sentito a casa lì dove san Francesco, ascoltando il Vangelo in cui Gesù chiede agli apostoli di predicare senza possedere né bisaccia né sandali, esclamò: «Questo voglio, questo desidero, questo bramo di fare con tutto il cuore».
Come ausiliare dell’arcivescovo monsignor Delpini, ha poi portato i suoi saluti, riferendosi allo «stupore della santità adolescente» sottolineato nella Proposta pastorale 2020-2021 a proposito di Carlo.
Ha quindi sviluppato i termini dello slogan. Anzitutto, l’autostrada permette di andare veloci. Verso il Cielo, verso ciò che abbiamo fuori da noi. Aspirare al cielo, quindi, è tendere oltre noi stessi. Con l’Eucaristia è invece il Cielo stesso che scende sulla terra. È tanto importante perché è la vicinanza amorosa di Dio, contemporaneo a ogni uomo: «È triste», ha commentato il vescovo, «quando un cristiano sente Cristo sullo sfondo della Storia».
Carlo, invece, lo sentiva vicino, raggiungibile ancora meglio che durante il tempo della sua vita terrena. In questo sta una delle sue molte affinità con san Francesco e con quanto lui afferma nella Ammonizione I.
In lui si è realizzato quanto ascoltò, assistendo in diretta da casa, da papa Benedetto XVI durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia: una «Fissione nucleare», disse il papa emerito, che innesca una trasformazione che non si ferma: «Diventiamo consanguinei di Cristo». Mentre papa Francesco, nella “Laudato si”», rammenta come «Nell’Eucaristia tutto il cosmo rende grazie a Dio».
Riguardo poi alla frase su originali e fotocopie, Martinelli l’ha interpretata in senso vocazionale: «Il motivo per cui ci sono poche vocazioni è perché la vita non viene vissuta viene vissuta come vocazione, ma come revocazione». «Ora che possiamo venerare Carlo come beato – ha esortato – chiediamogli che i giovani possano rispondere generosamente alla voce di Dio».
Infine, ha toccato altri due aspetti basilari per i pellegrini alla Porziuncola: la confessione, che Carlo viveva frequentemente e «che ci mantiene giovani nel cuore», e l’amore a Maria, la quale «ha portato Carlo Acutis a Gesù» tramite la contemplazione dei misteri del Rosario.
È invece di sabato 10 ottobre il post con cui Giuseppe Sala, sindaco di Milano, saluta la beatificazione di Carlo come uno dei «Santi “normali” che tanto hanno vivificato la vita della nostra fede negli ultimi tempi, nel cui zaino da liceale c’era, oltre ai libri, una fede talmente profonda da incendiare i cuori di chi lo ha incontrato per le strade di Milano e di chi lo conosce oggi sulla Rete».