L’afflusso di centinaia di migliaia di rifugiati politici e di migranti economici in pochi mesi è sicuramente un fenomeno serio; sia per chi lascia le proprie terre, sia per noi che accogliamo, poiché solleva problemi economici, di coesione sociale, di sicurezza e di identità.
Questa situazione non necessariamente rappresenta un’emergenza: il fenomeno che stiamo vivendo non è né nuovo (da tempo l’Europa e il mondo conoscono il dramma dei migranti e la stessa Italia lo ha vissuto), né imprevisto (da tempo conflitti, disuguaglianze economiche e cambiamento climatico sono considerate possibili fonti di grandi migrazioni), né immane (le persone che arrivano nella nuova Europa non rappresentano un fenomeno ingestibile). Tuttavia la gestione delle migrazioni è talvolta tardiva ed egoistica: si passa dal rifiuto totale del problema, alla negazione e alla chiusura rispetto a queste persone che arrivano, a un eccesso di accoglienza altrettanto disordinato, così come potrebbe essere la non accoglienza. Ed è questa cattiva gestione che, anziché affrontare le paure e le preoccupazioni per un fenomeno serio, genera un clima di emergenza.
Ci si può dividere tra chi crede che sia moralmente giusto e che sia un obbligo, nei confronti dei rifugiati politici, accogliere e tra chi crede il contrario; ci si può dividere tra Paesi sulle soluzioni da adottare; oppure si può ricorrere ad un altro approccio, affrontando con serietà e pacatezza i discorsi più scomodi. Affrontare in modo diverso questo fenomeno significa anzitutto discutere delle cause profonde delle migrazioni: disuguaglianze, cambiamenti climatici, conflitti. Bisogna avere il coraggio di dire che la soluzione di questi problemi profondi prenderà anni e decenni e quindi, per anni e decenni dovremmo convivere con il fenomeno delle migrazioni.
A questo punto è possibile affrontare anche una terza questione: accogliere può essere un’utile necessità per tutti noi. Italia e Europa hanno bisogno, e ne avranno ancora di più in futuro, di persone che provengono da Paesi diversi. Se questa è la strada, un dibattito serio su questo problema individua anche quali istituzioni, scuole, quartieri serviranno per una buona accoglienza e quindi il dibattito dovrebbe riguardare anche la creazione di nuova società, che deve accogliere per evitare di ricadere negli errori del passato.
È in questo che la Milano europea può costituire un utile laboratorio, dove queste riflessioni possono trovare un terreno fertile, creando un terreno utile anche per le altre città del nostro Paese.