Sacerdote da 40 anni, nativo di Brescia, una lunga carriera maturata attraverso gli studi, il perfezionamento alla Pontificia Università Gregoriana e il successivo insegnamento della teologia, don Angelo Maffeis, classe 1960, è il nuovo preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, succedendo alla guida della prestigiosa istituzione a don Massimo Epis, in carica dal 2016. Descrive lui stesso i sentimenti al momento dell’elezione, parlando di «profonda gratitudine».
Gratitudine rivolta a chi?
Anzitutto per chi mi ha dato fiducia: i colleghi in primo luogo, ma anche l’arcivescovo Delpini e tutti i componenti della Commissione episcopale che governa la Facoltà Teologica. Dall’altro lato, c’è una comprensibile preoccupazione, perché quello che mi viene affidato è un compito nuovo e sarà necessario imparare quotidianamente a svolgerlo al meglio delle mie possibilità. Mi conforta però la vicinanza di tanti docenti e studenti con i quali ho condiviso il lavoro negli scorsi anni e sui quali sono certo potrò contare anche per il futuro. Una Facoltà teologica, in fondo, è prima di tutto questo: un luogo dove i differenti percorsi di studio e di ricerca si incontrano e si intrecciano fruttuosamente a servizio della comunità dei credenti e dell’intelligenza del mistero cristiano.
Che contributo può dare oggi la teologia alla cultura contemporanea?
Il mio insegnamento in Facoltà è stato dedicato in particolare alla storia della teologia. Le esplorazioni compiute intorno a momenti diversi della secolare storia cristiana mi hanno fatto incontrare epoche in cui la teologia era il sapere dominante e rifletteva il ruolo sociale della Chiesa in un determinato momento storico. Oggi certamente non è più così. Rimane, tuttavia, uno spazio significativo per la teologia, la quale continua a porre le domande fondamentali dell’esistenza umana e ricorda che la ricerca di una risposta convincente a tali interrogativi è un compito ineludibile per chi voglia vivere all’altezza della propria dignità di persona umana. La teologia oggi non ha più un luogo così sicuro e un ruolo riconosciuto come è stato in epoche passate, ma è chiamata a condividere i cammini percorsi dal pensiero umano, aprendoli all’incontro con Dio.
Che iniziative intende intraprendere in questi primi tempi alla guida della Facoltà?
Non ho un’agenda definita di iniziative da promuovere all’inizio del mio mandato. Questo semplicemente perché non ce n’è bisogno dato che, al di là dell’ordinaria attività didattica, per il prossimo anno accademico sono già state programmate numerose iniziative che intendono approfondire, per esempio, il significato del Simbolo Niceno Costantinopolitano nel suo XVII centenario, i temi della sinodalità e della riforma della Chiesa, i modi in cui la tradizione cristiana si è misurata con le forme della vita sociale e la democrazia, e molte altre questioni di attualità. Al riguardo, devo ringraziare il preside uscente don Massimo Epis, che per otto anni ha guidato la Facoltà con saggezza e grande equilibrio. È grazie al suo lavoro se la Facoltà non ha bisogno di improvvisare iniziative nuove ed eclatanti, ma può proseguire nella ricerca metodica e paziente che sola garantisce frutti.
C’è un “sogno nel cassetto” del nuovo Preside?
I sogni potrebbero essere molti, mi limito a menzionarne due. Il primo è quello di una teologia che, coltivata nella tranquillità dei chiostri, sia capace di uscire sulla piazza e di farsi ascoltare da chi vive la quotidianità della condizione umana. Il secondo, quello di una teologia che non rimanga un sapere solo clericale, ma possa avere come soggetto tutti i membri del popolo di Dio.